E’ stato condannato a dieci anni di reclusione il vigile urbano di Milano, Sandro Amigoni, riconosciuto colpevole di aver ucciso il 13 febbraio del 2011 a colpi di pistola, durante un controllo di routine, Marcelo Valentino Gomez Cortes, un ragazzo cileno residente nel capoluogo lombardo. La sentenza è stata emessa alla fine del processo con rito abbreviato dal Gup Stefania Donadeo che ha comunque riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche negando quindi la condanna più consistente – 14 anni – chiesta dal pubblico ministero Roberto Pellicano. Il vigile urbano aveva sostenuto di aver sparato a scopo intimidatorio verso un terrapieno e di aver colpito il cileno per un tragico errore, dopo aver notato un secondo fuggitivo girarsi verso gli agenti impugnando una pistola. Ma la fantasiosa versione dell’imputato è stata presto smentita oltre che dai testimoni anche dai suoi colleghi. Amigoni aveva quindi cambiato versione, affermando che il colpo mortale era partito accidentalmente mentre caricava la sua arma, ad una distanza di 15-20 metri.
Ma il tribunale non gli ha creduto, accertando tramite una perizia balistica che l’agente della Polizia locale – un patito delle armi pesanti – ha sparato a Gomez Cortes da una distanza inferiore ai tre metri, molto ravvicinata. L’autopsia della vittima ha inoltre stabilito che il ragazzo cileno é stato colpito alle spalle e che il proiettile gli ha trapassato il cuore uccidendolo dopo alcuni minuti.
Nonostante tutte le prove a sfavore del proprio assistito, il suo legale Giampiero Biancolella ha ribadito che il suo cliente non sparò per uccidere: “Trovo assurdo che possa soltanto essere ipotizzato il dolo diretto, la volontà di uccidere” ha detto ai giornalisti dopo la lettura della sentenza, annunciando il ricorso in appello. Biancolella si è detto anche certo del fatto che nel grado di giudizio superiore la corte dimostrerà una sensibilità maggiore nei confronti delle argomentazioni del vigile urbano.
“Ringrazio la giustizia italiana, deve pagare per quello che ha fatto” ha affermato invece la compagna del 28enne cileno. In un primo tempo sembrava che la Gup avesse deciso un risarcimento sia per lei sia per i due figli, ma poi le agenzie di stampa hanno rettificato. L’unico risarcimento previsto è di 180 mila euro a testa per questi ultimi.
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