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Teramo: procura chiede 51 anni di carcere per ‘rossi’ e ‘neri’

In totale cinquantuno anni e quattro mesi di reclusione e trentadue anni di libertà vigilata. Sono queste le richieste formulate due giorni fa dalla Procura di Teramo per 19 dei 21 giovani teramani tra attivisti di sinistra ed estremisti di destra protagonisti, negli anni scorsi, di ripetuti scontri e accusati di vari reati. 

Il pm Davide Rosati ha chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto solo per Ignazio Tancredi e una pena detentiva minima (un mese e 150 euro di multa) per Cristiano Ceci ed una pena solo pecuniaria (200 euro di multa) per Luigi Cavacchioli, tutti e tre attivisti di sinistra.

Per gli altri le richieste sono state pesanti. Secondo la memoria depositata dal pm Davide Rosati resta in piedi la contestazione di associazione a delinquere finalizzata alle risse e ai danneggiamenti e quindi nel calcolo delle condanne da comminare non è stata prevista alcuna attenuante generica ma la continuazione nella commissione del reato. 
Per quanto riguarda gli estremisti di destra, protagonisti a partire dal 2010 di aggressioni che hanno innescato la reazione degli ambienti antifascisti, tre anni e otto mesi sono stati chiesti per Marco Rofi, tre anni e dieci mesi per Federico Di Francesco, tre anni per Matteo Di Francesco, tre anni e sette mesi per Remo Ioannoni Fiore, due anni e un mese per Luca Branciaroli, un anno e otto mesi per Alessandro Marini. Per tutti e sei il pm ha chiesto anche due anni di libertà vigilata. Quanto al più folto gruppo dei ragazzi appartenenti a forze di sinistra e antifasciste, la condanna più pesante (quattro anni e dieci mesi) è stata chiesta dalla procura per Antonio Berlingieri. Quattro anni e sei mesi per Matteo Di Paolo, quattro e due mesi per Lorenzo Di Dionisio, tre anni e nove mesi per Valerio Giannobile, tre e quattro mesi per Francesco Salvi, due anni e dieci mesi per Davide Rosci, due anni per Lorenzo Martinelli, Nicola Dolente e Antonio Di Carlo, un anno e otto mesi per Fabio Graziani, un anno e quattro mesi per Paolo Nori, un anno per Federico Cicconi. Per quasi tutti la procura ha chiesto anche due anni di libertà vigilata.

La ripresa del processo è prevista per il 24 luglio con le relazioni delle difese e la sentenza dovrebbe arrivare entro pochi giorni, il prossimo 30 luglio.

Per quanto riguarda Davide Rosci, militante antifascista ed ex candidato alle elezioni comunali di Teramo con Rifondazione Comunista, già condannato in primo grado a 6 anni di reclusione per gli scontri di Roma dell’ottobre 2011, una risoluzione approvata dal consiglio regionale d’Abruzzo chiede il trasferimento nel carcere abruzzese. Rosci, teramano, è da alcuni mesi detenuto nel penitenziario Mamma Gialla di Viterbo, dopo che gli sono stati revocati i domiciliari perché accusato di essere “evaso”. La risoluzione era stata sottoscritta da 10 consiglieri dell’opposizione e della maggioranza e mira a sostenere la richiesta di Davide di ottenere il riavvicinamento alla famiglia visto che il padre, anziano e malato, non può affrontare il viaggio fino a Viterbo. La risoluzione auspica che ”la direzione competente del Ministero della Giustizia risponda positivamente alla richiesta di Davide e dei suoi familiari”. Nel documento approvato all’unanimità – tranne l’astensione del presidente dell’aula – si parla di una “condanna inflitta a Rosci derivante dall’applicazione di una fattispecie di reato, quella di ‘devastazione e saccheggio’, che costituisce un residuo del codice fascista, raramente applicato durante l’epoca repubblicana”. Da febbraio Rosci “é detenuto a Viterbo e da allora si dice che abbia girato tre case di reclusione: Castrogno e Rieti oltre a Viterbo. Qui ha fatto lo sciopero della fame per evidenziare la grave e disumana situazione dei detenuti, denunciando trattamenti gravemente lesivi della dignità delle persone che scontano la pena in carcere”. L’assemblea legislativa prosegue nella risoluzione ricordando che Rosci “é stato sottoposto a lunghi periodi di isolamento, che hanno aggravato la sua salute psicofisica mentre il trasferimento a Viterbo ha comportato gravi disagi per la famiglia”. La condanna é “in primo grado e quindi, secondo la Costituzione, é ancora innocente – prosegue la risoluzione –  E’ perciò doveroso accogliere la richiesta di riavvicinamento a Teramo in un carcere abruzzese”. 

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