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Processo Eternit bis: l’industriale Schmidheiny “è un serial killer”

E’ già stato condannato a 18 anni di carcere dalla Corte d’Appello di Torino per il disastro ambientale provocato dall’amianto negli stabilimenti Eternit, di cui Stephan Schmidheiny è stato a lungo amministratore delegato. Ma ora l’ultimo rampollo di una famiglia di industriali svizzeri è di nuovo sotto processo in un altro procedimento legato sempre alle sue responsabilità per le centinaia di morti per amianto tra gli operai dell’azienda che guidava e tra i cittadini delle zone dove sorgevano gli stabilimenti.

Secondo i pubblici ministeri Gianfranco Colace e Raffaele Guariniello Stephan Schmidheiny, amministratore delegato della multinazionale dal 1976 al 2003, sapeva esattamente e da tempo qual era la pericolosità dell’amianto, ma invece di mettere in atto tutte le precauzioni in grado di proteggere la salute degli operai, avrebbe architettato una complessa strategia di disinformazione sui rischi della produzione del minerale per tranquillizzare i lavoratori e mantenere inalterati i livelli di produttività e di profitto.
Dal punto di vista giuridico, sostiene l’accusa, la responsabilità del magnate è quella di un “terrorista”, equiparabile ad uno dei più pericolosi ‘serial killer’ mai visti. Per questo i pubblici ministeri, dopo la condanna per “disastro ambientale doloso” lo accusano ora di omicidio volontario dei 213 tra operai e residenti deceduti tra il 1989 e il 2013, in diverse zone del territorio italiano ma in particolare nel sito di Casale Monferrato, in Piemonte. Dove le morti e le malattie causate dalle fibre di amianto inalate per anni, addirittura decenni – mesoteliomi, tumori di vario tipo – continuano a mietere vittime, e così sarà ancora per molto tempo ancora.

L’imputazione è stata formalizzata nei giorni scorsi con l’invio al legale di Schmidheiny, l’avvocato Astolfo Di Amato, dell’avviso di chiusura indagini al termine dell’inchiesta denominata Eternit bis, che trae le sue origini dalle motivazioni contenute nella sentenza della corte d’Appello di Torino dello scorso anno. Una sentenza che determinò una svolta giuridica dai risvolti epocali affermando che il magnate agì sotto il profilo soggettivo con un «dolo diretto», conoscendo a fondo i rischi dell’amianto e non facendo nulla per proteggere la salute dei propri operai in nome del profitto.   

Sulla condanna a 18 anni inflitta a Schmidheiny e al barone belga Louis de Cartier de Marchienne, morto proprio alla vigilia della sentenza d’appello, si dovrà pronunciare la Corte di Cassazione il prossimo 19 novembre. Nel primo processo, il primo di questo genere e di queste dimensioni in Europa, si è affrontata una vera e propria strage, ben 2000 morti.

Secondo l’avvocato di Schmidheiny, Di Amato, a furia di colpevolizzare i manager delle grandi imprese « non vi sarà più un imprenditore che vorrà investire in Italia». Alle assurde dichiarazioni dei difensori ha risposto l’avvocato Ezio Bonari, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, secondo il quale il processo Eternit Bis è pienamente legittimo, perché la prima condanna ha riconosciuto il danno subito dalla collettività, mentre ora si procederà contro le responsabilità dirette per i singoli casi.

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