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Gioco d’azzardo? Una gallina dalle uova d’oro per lo Stato

Una ponderosa inchiesta è stata pubblicata mercoledi 4 marzo dal quotidiano la Repubblica. Inchiesta interessante e il titolo è, a sua volta, molto esplicito: “Azzardo di Stato”.

Assistiamo periodicamente da parte dell’informazione massmediatica ad un interesse, una sorta di “sussulto”, che possiamo definire di “stampo moralistico”. Parliamo della vicenda che da anni sta sempre più interessando, e caratterizzando dal punto di vista medico-sanitario, un vasto settore di popolazione e imprese, le quali, hanno sempre più una funzione di “biscazzieri” siano esse Stato o ministero delle Finanze compreso, o associazioni e società quotate in Borsa (presenti anche nelle associazioni di categoria confindustriali e affini), comprese finanche associazioni illegali di carattere mafioso o camorristico.

La favola leggendaria della “gallina dalle uova d’oro”, in questa vicenda pare prendere una sua forma concreta a tal punto che lo stesso stato, attraverso le sue varie articolazioni (legislative regionali e nazionali) intende promuovere normative e disposizioni atte a scongiurare una pur minima limitazione o penalizzazione di questo affare. Affare del tutto vantaggioso, almeno dal punto di vista economico, poiché nel 2013 le entrate erariali da piccole e grandi slot machine hanno portato nelle casse dell’erario la cifra di 4,3 miliardi di euro, secondo Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato.

Una cifra simile è stata riscossa anche l’anno precedente (2012), comportando di fatto un alleggerimento della posizione italiana in chiave europea; poiché grazie all’introito della cifra di 274 milioni di euro, attraverso il “gioco d’azzardo”, si è evitata la procedura per deficit eccessivo che avrebbe costretto il governo Renzi a nuove e pesanti correzioni di bilancio. Correzioni di bilancio evitate attestandosi al 3,033%, il rapporto fra deficit pubblico e prodotto lordo nel 2014 (il superamento di tale indice avrebbe comportato nuovi tagli pesanti sia ai servizi che alla già disastrata economia nostrana).

In questo “business” il nostro paese conferma un primato, non invidiabile dal punto di vista sia “impiegatizio” sia sociale, avendo in assoluto la più alta densità di slot machine di vario tipo con una di queste macchine ogni 143 abitanti, in Germania invece una ogni 261, mentre negli USA una ogni 372. Dunque il nostro paese ospita, da solo, ufficialmente 414.158 slot, che rappresentano circa la metà di quelle presenti in tutto il territorio degli Stati Uniti d’America!

Da questo specchietto riportato dall’inserto R2 di Repubblica del 5 marzo 2015, si nota l’invadenza delle slot-machine e il risvolto sanitario e sociale che interessa il territorio nazionale:

Il solo aspetto economico (non si sono ancora spente le indignazioni dovute al condono ed alla cancellazione della sanzione di 98mld di euro, commissionata nel 2012 dal Tar del Lazio, alle concessionarie delle slot-machine), non è in grado di nascondere l’altro aspetto, cioè quello sociale e sanitario dovuto alla nuova dipendenza: la “ludopatia” (patologia assimilabile ad una tossicodipendenza). Sappiamo che su base nazionale sono presenti pochissimi dati, si sa solo che nel Lazio dall’inizio del 2014 fino al primo agosto dello stesso anno (8 mesi d’indagine), almeno 333 erano gli assistiti, o erano stati in cura per dipendenza dal gioco d’azzardo presso i suoi servizi sanitari; su questo fenomeno suggerisce la stessa agenzia che ha effettuato l’indagine, gli italiani affidati alla sanità pubblica per curarsi dalla “ludopatia” devono essere almeno cinquemila ogni anno. Forse settemila, se si tiene conto che alcune Asl non rispondono ai questionari.

E’ tale la pervasività che sta prendendo questo fenomeno che ormai ogni angolo di strada non è sprovvisto di quest’opportunità e di questo sistema utile solo ad erodere bilanci familiari (già scarsi di per sé) attraverso il gioco d’azzardo.

La Regione Lazio fornisce una stima secondo la quale i costi sanitari diretti causati dalle “ludopatie” ammontano a 85 milioni di euro l’anno. Cifra che va aumentata a causa dei costi “indiretti”, dovuti al crollo della capacità lavorativa o alla perdita del posto di lavoro per chi è catturato dal gioco (quasi 5 miliardi di euro). Nel 2013 i malcapitati scommettitori italiani, spesso di ceto basso o medio-basso (per lo più uomini e di mezza età, o pensionati) hanno fatto scivolare nelle “tasche” dello stato e dei biscazzieri un totale di 9,4 miliardi di euro.

Per la prossima settimana (per il 20 marzo) è prevista una riunione governativa che dovrà decidere, nel decreto di attuazione della legge delega fiscale, se modificare la tassazione su questa parte del gioco d’azzardo e ridurre il numero delle slot-machine nelle città. Sembra certo che non taglierà le videolottery, quelle che pesano di più sulle tasche di chi vi si imbatte.

Una breve ricognizione del sistema

Le slot machine non sono la sola fonte di ricavi dell’azzardo di Stato. Fra Lotterie, Gratta&Vinci, Bingo, giochi in rete e altro, le entrate erariali nel 2013 hanno superato gli otto miliardi.

Le sole slot di vario tipo pesano per oltre metà di questi ricavi; recentemente il governo ha imposto sulle 13 società concessionarie una sovrattassa da 1.200 euro per ogni macchina che abbia operato anche un solo giorno in una periferia italiana nel 2014, per un totale di mezzo miliardo, poiché questo Paese si fregia di una particolarità che lo rende unico in Europa e in tutto l’Occidente: secondo stime sui dati di Euromat, l’Italia ha in assoluto la più alta densità di slot machine di vario tipo.

Le concessionarie attive sono Igt (ex Gtech ed ex Lottomatica), Snai, Bplus, Cogetech, Gamenet, Sisal, Hbg, Gmatica, Codere, Cirsa, Intralot, Nts Network, Netwin Italia. Tutte queste aziende sono di fatto esattori di un prelievo non dichiarato, da cui infatti nascerebbero poi, da parte del governo o dall’erario, quelle sanzioni e multe sempre più esose (come ad es. i 98mld di euro mai riscossi), e richieste di versamenti una tantum utili poi a condonare o ridurre le penali (decreto Letta http://espresso.repubblica.it/palazzo/2013/08/30/news/slot-il-condono-della-vergogna-1.58294).

Che queste società non navighino poi in acque calme si evince dai dati di un’analisi dei loro bilanci 2013; dagli ultimi disponibili, emerge che un anno fa avevano cumulato debiti per 5,4 miliardi di euro. La Sisal con Snai, Intralot e Codere sono tra le società più esposte, che con gli attuali risultati impiegherebbero tra 4 e 8 anni per coprire il loro debito netto. Le 13 concessionarie, con la notevole eccezione di Igt, la più grande e che fa capo alla famiglia De Agostini, sono quasi tutte in mano a fondi chiusi, ossia ai private equity.

Stanno forse passando i tempi delle “vacche grasse”, i margini di guadagno si stanno riducendo, sicuramente ciò è dovuto sia alla presenza di un socio famelico come lo Stato, con il quale un’alleanza in affari costa cara, sia al rilancio e alla ripresa delle organizzazioni illegali e criminali che nel settore del gioco d’azzardo hanno da tempo una solida presenza ed esperienza. “Piatto ricco mi ci ficco”, diceva e dice ancora un vecchio detto presente nelle meno esose serate familiari del gioco innocuo e svagante!

In bocca ad associazioni di stampo e forme meno innocue (Stato e crimine organizzato), risulta avere un sapore molto più amaro e pernicioso.

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