“Mio marito e giornalista Franco Fracassi è in stato di fermo all’aeroporto di Kiev, sequestrato in una stanza e senza passaporto, controllato da militari come se fosse un criminale per via degli articoli di denuncia che aveva pubblicato lo scorso anno su Popoff. Mi rivolgo soprattutto ai colleghi: diffondete. Ecco cos’è l’Ucraina oggi”.
E’ quanto scriveva ieri sul proprio profilo facebook Giorgia Pietropaoli, la moglie del giornalista italiano Franco Fracassi, denunciando che ieri pomeriggio l’uomo era stato fermato senza motivo dalle autorità ucraine all’aeroporto di Kiev, mentre si apprestava a prendere il volo per Odessa. A lungo Fracassi è stato rinchiuso trattenuto nella camera di sicurezza del commissariato dello scalo, privato del passaporto, sorvegliato a vista da alcuni militari e in attesa di essere espulso. E’ evidente che gli articoli pubblicati da Fracassi sulla situazione in Ucraina dopo il golpe nazionalista del febbraio del 2014 non sono piaciuti affatto al nuovo regime che ha pensato bene di vendicarsi, dimostrando però così per l’ennesima volta la propria natura.
Ieri in serata Giorgia Pietropaoli ha informato che, dopo esser stato avvisato del fermo, il console italiano a Kiev è riuscito a incontrare Franco Fracassi, ad ottenere la riconsegna del suo passaporto e la possibilità di far passare al giornalista la notte nell’ambasciata italiana. Confermata però l’espulsione di Fracassi al quale ieri è stato consegnato un foglio di via nel quale viene dichiarato “Persona non gradita in Ucraina”. Secondo quanto reso noto dalle stesse autorità di Kiev il provvedimento contro il giornalista sarebbe stato adottato perché “Fracassi avrebbe scritto articoli che arrecano danno all’immagine di Kiev”.
C’è da giurare che i colleghi italiani non si indigneranno più di tanto per quanto accaduto a Fracassi. In fondo, Kiev rimane pur sempre un utile alleato dell’Italia e dell’Unione Europea. Se i nostri governi hanno appoggiato un colpo di stato fornendo legittimità e copertura politica anche a forze apertamente neonaziste per togliere di mezzo un governo che si rifiutava di firmare le condizioni capestro per l’adesione del paese al trattato di associazione con l’Unione Europea vorrà pur dire qualcosa.
Fatto sta che per l’ennesima volta il regime di Kiev l’ha spuntata e non potremo leggere ciò che Fracassi si apprestava a scrivere sul primo anniversario del tremendo massacro di Odessa, che ricorre proprio oggi. Esattamente un anno fa, in un assalto preordinato alla Casa dei Sindacati della città meridionale ucraina, decine di antifascisti, militanti dei sindacati e dei partiti di sinistra furono assassinati, bruciati vivi, selvaggiamente torturati. Un episodio presto consegnato all’oblio da parte della grande stampa occidentale, ma che qualcuno si ostina ancora a indagare e a ricordare.
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