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Bomba nella caserma della Folgore, grave un ufficiale

Ha riportato ferite gravi: amputate tutte le dita della mano destra e tre della sinistra, più un trauma toracico e ferite al volto. Dalla caserma di Livorno partono i paracadustisti impegnati nelle missioni all’estero. Come sempre accade in questi casi alcuni sciacalli hanno cominciato a parlare di “pista anarchica” (è da Piazza Fontana, 12 dicembre 1969, che sentiamo ripetere questa litania per ogni bomba che esplode in Italia; salvo apprendere, sempre molto dopo e sempre e solo grazie alla controinformazione militante, che si trattava di “bombe di stato”). La più rapida nel dichiarare, quando ancora poco o nulla di preciso si sapeva di questo attentato, è stata il sottosegretario alla Giustizia, Elisabetta Alberti Casellati, naturalmente appartenente alla maggioranza di centrodestra. «Ecco i risultati del clima di odio contro il governo e le istituzioni: il terrorismo rialza la testa e si fa sentire con un pacco bomba alla caserma della Folgore, colpendo giovani che sono in prima linea in Italia e nel mondo nella battaglia per la libertà»”. Non paga, ha così proseguito: «O ci si ferma subito o il nostro Paese rischia di scivolare verso una deriva pericolosissima, di cui saranno responsabili tutti coloro che, non riuscendo a vincere alle urne, cercano di abbattere il governo voluto dal popolo con insulti, bugie e attacchi giudiziari». Insomma, per la signora che incredibilmente ha un ruolo nell’amministrazione della giustizia in Italia, i “mandanti sarebbero (nell’ordine): l’opposizione parlamentare, i giornali non di proprietà del premier e gli stessi magistrati. Come in ogni altra occasione di questo tipo, ormai da decenni, invitiamo tutti i compagni e le stretture di movimento a esercitare il massimo autocontrollo e la vigilanza democratica.

Successivamente le agezie di stampa hanno ricevuto notizia che all’iterno del pacco, ma non danneggiato dall’esplosione (?!), sarebbe stato ritrovato un pezzo di carta con su scritto «Contro l’impegno militare italiano nelle missioni in Afghanistan e Libia». Si parla dunque di “volantino di rivendicazione”, con la firma attribuita a “Federazione anarchica informale”. Le condizioni del resto pacco sarebbero però tali da non permettere di  risalire ad un eventuale mittente. I reperti estratti dalla tuta del militare, Alessandro Albamonte, e raccolti nel luogo dell’esplosione sono adesso al vaglio del Ris di Roma, che dovrà risalire al tipo di esplosivo utilizzato. Gli investigatori parlano di una accensione a strappo.

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