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Crisi istituzionale: due sole soluzioni all’orizzonte

Qualcosa si è rotto negli equilibri che reggono un blocco di potere e un assetto istituzionale. Due giorni di rissa continuativa alla Camera, l’aggressione – anche se solo via lancio di un giornale – al suo presidente, la gag di La Russa e gli innumerevoli episodi da basso impero che esondano dagli schermi (il più grave resta comunque il dileggio in stile ”ariano” di una parlamentare diversamente abile) sono solo una fotografia impietosa di questo smottamento.

A Berlusconi può ancora riuscire di comprare qualche deputato. In un parlamento di “politici per caso” presi qui e là (tra un casting per veline e commercialisti in odor di malavita), di “nominati” che hanno l’unico timore di vedersi interrompere la legislatura e la sognata pensione da “onorevole”, non è difficile.

Ma governare è articolare “in sistema” gli interessi diversi di gruppi sociali differenti, pur se contigui. Quella banda di sciamannati urlanti senza competenza e dignità, semplicemente, non può farlo. Berlusconi meno degli altri, perché gli unici interessi che vuole difendere sono i propri. A cominciare da quelli crudamente giudiziari.

Non saremo noi ad allinearci sulla inconsistente barricata dei “moralisti legalitari”. Ci limitiamo a segnalare che uno stato funzionante (borghese, ma funzionante) è un “comitato d’affari” di una classe, composta di imprenditori, professionisti, finanzieri, ecc. Mentre quello italiano è in molte parti essenziali ridotto a collegio di difesa degli interessi di un solo imprenditore truffaldino. Al di là del moralismo e del mancato “rispetto delle regole”, o della “legge uguale per tutti”, diventa evidente che questa classe “soffre” in misura evidente una disfunzione istituzionale che riduce la funzionalità dello stato.

Che un presidente della Repubblica sia “necessitato” a convocare i capigruppo della Camera per metterli di fronte alle loro responsabilità, evocando quindi di fatto – se non formalmente – il possibile scioglimento delle camere anche in presenza di una maggioranza numerica, è un punto di svolta quasi senza ritorno. Segnala che la rottura istituzionale, fin qui solo “allusa” soprattutto nei comportamenti o nelle dichiarazioni golpiste di Berlusconi e dei suoi pasdaran, è a un passo dal consumarsi.

Il fatto che Napolitano prenda questa iniziativa appena sceso dall’aereo che lo riportava da un – a suo modo – trionfale viaggio negli Usa fa pensare che una svolta nella gestione della crisi politica italiana sia chiesta, benedetta e avallata anche da Washington.

Si prospetta dunque una “soluzione interna” al parlamento attuale, una sorta di “ribaltone istituzionale” che vede orde di “deputati responsabili” abbandonare il protettore e mentore nella speranza di arrivare fino al 2013? E’ un’ipotesi ardita. I “nominati” sono ovviamente più malleabili della plastilina (Scilipoti docet, Barbareschi pure); dote che ne sconsiglia l’uso prolungato, soprattutto in funzione di “argine”. In questo scenario, l’unico obiettivo praticabile sarebbe la formulazione di una nuova legge elettorale, su cui però non esiste alcun indirizzo unitario neppure all’interno delle “opposizioni” parlamentari.

La crisi del debito pubblico europea, fra l’altro, si va estendendo. Ancora non ha toccato l’Italia, ma si vede ormai distintamente la marea montare. Dopo Islanda, Grecia, Irlanda e Portogallo non può che toccare a Spagna e Bel Paese. In tutti e quattro i paesi in default la crisi finanziaria ha spazzato i governi in carica e obbligato a elezioni anticipate. Alzando così gli spread sul debito e il costo delle operazioni di “rientro”.

Anticipare i mercati potrebbe non essere un’idea sbagliata e molti opinion maker lo dicono apertamente. Andare alle elezioni prima che sull’Italia arrivi l’onda della speculazione è una scommessa forse meno rischiosa dell’altra. L’unico problema, per questa classe dominante che non riesce a darsi un governo funzionale, è ritrovarsi ancora tra i piedi il tycoon di Arcore. In qualche modo devono sbarazzarsene prima che sia troppo tardi. Per loro, naturalmente.

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