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Immigrati: l’Italia leghista rimane sola

Maroni e Berlusconi non sono riusciti a trasformare il debolissimo governo di transizione tunisino in un «altro Gheddafi» incaricato di sbarrare il passo ai disperati che cercano di venire in Europa via mare. Si sono messi contro l’Unione europea con la concessione di «permessi temporanei» agli immigrati, in modo da facilitarne il deflusso verso altri paesi (in primo luogo la Francia, per questioni di lingua). E hanno deluso – pare profondamente – la base leghista «oltranzista», illusa che il trucchetto dei permessi sarebbe riuscito oppure che i tunisini sarebbero stati distribuiti nelle sole regioni meridionali.

Bel capolavoro!

 

Vediamo nell’ordine le notizie tra ieri e oggi, in attesa delle decisioni del Consiglio dei ministri degli affari interni e di giustizia dell’Unione, che si tiene oggi a Lussemburgo.

 

La Francia ha confermato che «continuerà i respingimenti alla frontiera con l’Italia e si opporrà all’idea di una ridistribuzione dei migranti tra i vari Paesi europei». Il ministro francese per gli Affari europei Laurent Wauquiez ha spiegato che l’Italia «è libera di dare permessi temporanei, ma lo deve fare nel rispetto delle regole comunitarie».

 

Ma anche la Commissione europea si fa sentire, e non ceto per benedire il governo italiano. Il decreto firmato giovedì da Berlusconi non fa scattare «automaticamente» la libera circolazione nell’area Schengen. La Commissaria europea Cecilia Malmstrom, in una lettera inviata a Roberto Maroni, spiega che «al momento», «non sussistono le condizioni» per attivare la direttiva 55 del 2001 sulla «protezione temporanea».

 

Ma la Francia è un paese forte. E l’Europa ancora di più. Se Berlusconi ha lì per lì sibilato che «se l’Italia viene lasciata sola ad affrontare questo problema, allora tanto vale uscire fuori dalla UE», nessuno prende sul serio l’ipotesi di tornare paesetto «autarchico», schiacciato tra la pressione migratoria proveniente dall’Africa e l’ostilità – non immotivata – dell’Europa che conta.

 

Al contrario, si può facilmente fare la voce grossa con i paesi piccoli. «Certamente in emergenze come queste i rapporti devono essere improntati alla leale collaborazione. Malta, in particolare, deve fare la sua parte. Altrimenti potremmo rimettere in discussione i progetti strategici, industriali ed energetici». Il sottosegretario allo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha minacciato di togliere l’appoggio al «progetto per l’elettrodotto sottomarino da 230 megawatt che dovrebbe collegare Ragusa e Magtab. È l’unico modo che hanno per esportare energia. Per noi, invece, è irrilevante. E sulla sua realizzazione potremmo cambiare idea».

 

Su come fare, in caso di «solitudine» italiana, il ministro Calderoli ha voluto dimostrare che la Lega è piena di idee. Anche se non funziona nemmeno una. «Proporrò al prossimo Consiglio dei Ministri il ritiro delle nostre truppe dal Libano» per reperire «mezzi e risorse» per affrontare l’emergenza immigrati. Non pago, ha aggiunto: «la ricetta della Lega Nord per affrontare il problema immigrazione conseguente ai sovvertimenti in corso nel Paesi del Maghreb si può sintetizzare in tre punti: aiutiamoli a casa loro, svuotiamo la vasca e chiudiamo un rubinetto che, purtroppo, ancora sgocciola». In attesa dell’idraulico, occorrono mezzi e risorse che si potrebbero trovare risparmiando sulle nostre truppe dal Libano. «Siamo là dal 2006, siamo inspiegabilmente il contingente più numeroso e ancora oggi non capisco che cosa siamo là a fare. A casa e subito dal Libano: pensiamo a difendere i nostri confini prima che sia troppo tardi».

 

Che esista un problema di gestione unitaria dell’immigrazione nella Ue, è certo. In Europa esistono 27 legislazioni diverse in materia di immigrazione e asilo, e ogni paese sembra refrattario ad abbandonare le proprie regole, interpretando pro domo sua accordi e trattati. La portavoce in Italia dell’Unhcr, Laura Boldrini, spiega che il Trattato di Schengen sulla libera circolazione all’interno dell’Ue stabilisce i requisiti per passare da un Paese all’altro, ma «sta a livello politico decidere come applicare quei requisiti». Si tratta infatti di «mettere insieme più pezzi, più normative che regolano la stessa materia: accordi bilaterali di riammissione, direttiva europea sui rimpatri, Trattato di Schengen. Le istituzioni Ue in questi anni non sono state messe in condizione di gestire queste materia: gli Stati hanno ceduto poca sovranità in materia di immigrazione e asilo. È arrivato il momento in cui si potrebbero riconsiderare alcuni passaggi: c’è tanta strada da fare per arrivare a un’unica politica europea in materia di immigrazione e asilo».

 

Il problema politico è dunque chiaro: lavorare per una normativa europea unitaria (ma per farlo al meglio serve una classe politica autorevole o almeno credibile) oppure rincantucciarsi in qualche vale periferica e sacramentare contro il mondo. La cultura, diciamo così, della Lega può servire solo nella seconda ipotesi.



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