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Le città e qualità della vita. Un errore scatena i cani feroci contro Roma e i “meridionali”

Un errore di incolonnamento può cambiare la qualità della vita nelle città? Materialmente no, politicamente si. Una recente ricerca sulla qualità della vita nelle città e nelle province italiane è stata realizzata da Italia Oggi Sette con la collaborazione dell’Università La Sapienza di Roma. Ed ha fatto rumore, producendo considerazioni pesanti sulle opportunità e gli svantaggi su cui investire nello sviluppo economico/sociale del paese.

La ricerca è stata condotta su nove parametri, tra cui quello sui tassi di disoccupazione e occupazione ha un peso rilevante. I parametri sono affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita, mentre sono 84 gli indicatori valutati per realizzare la classifica.

Non desta sorpresa la conferma che la città in cui si vive meglio sia Bolzano. Al secondo posto c’è Trento. Al terzo risulta Belluno. Un posizionamento simile a quello della classifica sulla qualità della vita del 2017 (su dati del 2016).

Il peggioramento più pesante riguarda Roma, guarda caso, che registra una retrocessione di ben 18 posizioni (85° posto) rispetto all’edizione del 2017. dove occupava la 67°. Al contrario Milano sale di due posti e si colloca 55esima, salendo di due gradini rispetto alla ricerca precedente. Torino scende di un solo posto. Firenze invece precipita dalla 37esima posizione del 2017 alla 54esima (il “renzismo” paga, vero?).

Napoli e Palermo si trovano come sempre verso il fondo alla classifica, occupando rispettivamente il 106esimo e il 108esimo posto. Male anche Torino che si trova alla 78esima posizione. All’ultimo posto c’è la calabrese Vibo Valentia. In sostanza, nelle grandi aree metropolitane si vive peggio che nelle città più piccole. Un’ovvietà, ormai.

Una fotografia veritiera? In parte sì, ma non del tutto. Colpisce il fatto che tra le prime venti città, ben 16 siano collocate nel “triangolo d’oro” in salsa tedesca (Lombardia, Nordest, Emilia). Dal sessantesimo posto in giù si collocano tutte città del centro-sud, con Roma ormai in posizione “meridionalizzata” (dopo Cosenza e Brindisi).

Ma il dubbio che, ad un certo punto, la classifica non corrisponda ai dati certificati si pone. Ad esempio, i parametri sulla disoccupazione sembrano corrispondere più a quello di Rieti che non a quello di Roma, come certificato dall’Istat; ossia il 9.5% per la disoccupazione e il 63,6% per il tasso di occupazione.

Nella classifica curata da Italia Oggi e La Sapienza, invece, il tasso di disoccupazione e quello di occupazione a Roma diventano rispettivamente 11,8% e 54,8%, che sono invece i dati di Rieti (che l’Istat colloca una riga sopra Roma, nel suo report). Due punti e rotti di disoccupazione in più e un tasso di occupazione di quasi nove punti in meno sono dati pesanti, che incidono nel posizionamento generale nella classifica della qualità della vita.

Un semplice problema di incolonnamento sbagliato che ha falsato poi il dato generale? Può essere. Soprattutto se il disallineamento, a cascata, avviene quando si arriva al Centro-Sud.

Lo scenario che emerge non racconta una novità – le disuguaglianze economiche, sociali, ambientali tra il Meridione allargato e le regioni “tedesche” – ma far precipitare Roma nella classifica alimenta quella campagna di logoramento tesa a depotenziare e delegittimare la Capitale, per sedimentare invece l’idea che il “potere” – quello vero – deve spostarsi e concentrarsi nel Nord. Magari a Milano, la metropoli “smart” vicino all’Europa.

La cosa ha anche ripercussioni materiali, oltre che politiche e strategiche. Già adesso, con la trappola del Patto di Stabilità interno, i fondi statali convergono più sulle regioni “virtuose” che su quelle bisognose, accentuando così quelle disuguaglianze che lo Stato avrebbe il compito di ridurre e non di aumentare.

Ma da quello vediamo è come essere su un treno in corsa e senza freni, che punta verso una disgregazione reale del paese in nome e per conto del “magnete” piazzato nel cuore dell’Europa carolingia. Un processo di colonialismo interno in funzione dell’accumulazione nelle aree competitive del Nord, che richiama molto quanto avvenuto con la colonizzazione sabauda del Meridione nel XIX Secolo, ma che su scala continentale si riproduce con il processo di spoliazione dei Pigs in funzione della concentrazione di risorse, tecnologie, forza lavoro qualificata in Germania e nel Nord Europa.

Fonti per i raffronti:

http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=20745

qualità vita (pdf)

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