Quali sono le azioni che si intendono realizzare per garantire un recupero dell’elevato degrado territoriale (ivi comprese infrastrutture e servizi) posto all’attenzione degli organi di informazione a livello nazionale ed internazionale? Nello specifico quali sono i programmi relativi alla manutenzione ordinaria del territorio comunale e delle sue infrastrutture, in particolare per la rete viaria-idrico-fognaria e le strutture murarie di contenimento?
Premetto che le cause del degrado urbano sono dovute alla storica incapacità e arretratezza della borghesia napoletana, che governa ed ha governato Napoli. Il recupero del degrado territoriale potrà avvenire solo ed esclusivamente se si rompono configurazioni o schemi gestionali imperanti, ove negative spirali di potere non permettono una democratica visione unitaria e la risoluzione delle enormi problematiche che abbiamo di fronte.
Occorre, proprio per questo, agire individuando le contraddizioni e risolverle con decisioni giuste e di rilevanza collettiva, come in primis, sciogliere tutte le società di trasformazione o gestione urbana esistenti (“infrapartitiche”), come per esempio Bagnoli Futura, che emunge ogni anno circa 8 milioni di euro solo per il suo mantenimento.
Si realizzano questi carrozzoni di tecnocrati al soldo della politica, per sfuggire alle procedure di Legge di evidenza pubblica, per conferire incarichi di progettazione e appalti a trattativa privata, per incamerare finanziamenti pubblici e comunitari, con l’utilizzo privatistico delle risorse e con buona pace della qualità, dei ruoli tecnici e professionali e della trasparenza delle procedure.
Per questo motivo chiediamo e ci batteremo incessantemente, per la chiusura di queste società e per imprimere un nuovo processo virtuoso sulle decisioni di pianificazione, sulle trasformazioni del territorio e sui servizi, che devono ritornare in seno agli Assessorati e non restare nei consigli di amministrazione.
Altresì chiederemo a coloro che sono portatori di saperi, di collaborare a quello che è oggi il più grande progetto per la Città, ovvero il suo riequilibrio ambientale e territoriale.
Gli organi di informazione, i mass media, di fronte ad una discontinuità forte e pregante e solo in questo caso potranno rappresentare Napoli come luogo di buone pratiche e di alta progettualità.
Per far questo, occorre allontanare dalle sedi amministrative e decisionali del Comune di Napoli coloro che hanno amministrato direttamente ed indirettamente la Città negli ultimi 18 anni..
I programmi relativi alla manutenzione del territorio comunale e delle sue infrastrutture, come la rete viaria-idrico-fognaria e le strutture murarie di contenimento, dovranno essere inquadrate in un nuovo e centrale progetto sistemico, ove gli aspetti decisionali, oggi frantumati in vari dipartimenti, siano accorpati in un solo luogo:
l’ Assessorato alla Manutenzione Permanente Urbana, questa struttura dovrà dotarsi di un proprio patrimonio tecnico, culturale, di mezzi e proprie Maestranze, per equipararsi alle grandi Città europee e ove la decisione non potrà prescindere da logiche di sostenibilità, di vivibilità, di garanzia delle testimonianze storico culturali, dei saperi, e di una concezione che deve veder Napoli proiettata nel futuro come una “garden city” e non come una Megalopoli schiavista e dissipatrice di risorse e di patrimonio ambientale.
Particolare attenzione dovrà essere data al rapporto tra città rivierasca e città collinare, è indubbio che la insipiente e mancata visione dei complessi aspetti geomorfologici che caratterizzano il panorama urbano di Napoli è e rimane tra le principali cause del degrado.
Assistiamo da anni alla modificazione criminale dei rilievi collinari con tagli continui, tagli di versanti, sconvolgimenti delle locali morfologie, per far posto a cementificazioni destinate alla speculazione ed alla rendita parassitaria, che di fatto è nelle mani di un ben ed individuato gruppo sociale la cui missione è solo ed esclusivamente il profitto.
Al fine di arginare quanto appena rappresentato, occorre che il Comune di Napoli si doti di un Dipartimento Geologico Urbano, con compiti di controllo e collaborazione al divenire del Territorio.
Vi sono programmi di riqualificazione urbana connessi all’ampliamento dei parchi cittadini anche in concertazione con i comuni limitrofi?
La Città di Napoli, in relazione alle distorsioni urbanistiche così come manifestatesi negli ultimi anni, che registrano preoccupanti processi di cementificazione virulenta, che trovano forma e perdurante dinamica nella “corona” di Paesi dormitorio che assediano l’area urbana cittadina, deve decisamente scegliere la forma naturale come forma urbana.
Ovvero, far penetrare l’ambiente naturale, le aree boscate, le aree di rinverdimento nel tessuto edilizio urbano, occorre una “separazione” verde con la Provincia vicina, che potrebbe indurre anche le Amministrazioni locali della cintura napoletana a ripensare il Territorio a scala vasta, con processi di aggregazione delle politiche urbanistiche e sviluppare, decisamente, l’accorpamento amministrativo in non più di quattro Comuni confinanti.
Per far questo occorre una lungimiranza sistemica e politica, un vero processo riconnettevo di medio e lungo periodo, ma soprattutto definire e porre dei punti fermi come la realizzazione di almeno nuovi 20 Parchi Urbani che assegnerebbero a Napoli caratteri e standads di livello europeo.
E’ intenzione del futuro Sindaco invertire la tendenza riguardo la mitigazione del rischio idrogeologico della collina dei Camaldoli e degli altri ambiti collinari con tecniche a basso impatto ambientale, con particolare riferimento alle tecniche di Ingegneria Naturalistica?
La mtigazione del rischio idrogeologico è una priorità del programma di governo della città di Napoli, in particolare vale evidenziare che il rischio idrogeologico non interessa, come è chiaramente conosciuto dai tecnici del territorio, solo la collina dei Camaldoli, ma anche altre parti della Città ed in particolare anche Centro Storico e aree urbane come Rione Alto o Colli Aminei-Scudillo.
E’ bene denunciare, che gran parte del presente rischio idrogeologico è dovuto alla scellerata politica di non controllo delle trasformazioni urbane, della permanente ed in itinere impermeabilizzazione dei suoli, all’azione antropica incoerente, che negli ultimi 18 anni ha registrato una grave implementazione.
Abusivismo, opere pubbliche eseguite senza mitigazioni, mancata creazione di un dipartimento tecnico-urbanistico e del sottosuolo con compiti di controllo approfondito dei progetti, mancanza di un atteggiamento consapevole e cognitivo delle problematiche urbane e geomorfologiche.
Il Parco delle Colline di Napoli deve diventare un vero parco. Occorre mettere in essere le politiche di recupero dell’ambiente e soprattutto incardinare in seno ad esso l’intera problematica del rischio idrogeologico, con il coinvolgimento attivo e tecnico-decisionale dei Geologi e come missione baricentrica della sua azione.
Si prevede di trasformare il rischio connesso alla presenza di cavità presenti nel sottosuolo in georisorsa, destinando le ingenti volumetrie presenti nel sottosuolo della città per scopi turistici, commerciali, parcheggi ecc.?
Il riuso delle cavità è parte fondamentale del riequilibrio ambientale della Città di Napoli, siamo favorevoli e caldeggeremo tutte le proposte che si prospettano in tal senso e particolarmente, quelle che tendono alla discoperta di un importante patrimonio ipogeo e storico culturale di cui Napoli è fortunatamente dotata.
Tenendo conto, in ogni caso che il recupero ipogeo non può produrre i gravi guasti perduranti in superficie e con il fine di tracciare un nuovo modus operativo, vale come esempio e per tracciare una strada percorribile, il recupero delle Catacombe di San Gennaro, che va decisamente finanziato e portato a termine con un grande progetto di recupero dell’intera area ipogea tra la Sanità e Capodimonte.
Un progetto, che ripensando a quella parte così delicata del Territorio, si può e si deve interpretare come modello del recupero del sottosuolo e della sua generante storicità sociale e testimoniale.
Invero, ogni iniziativa che prospetta l’uso non sostenibile delle cavità o della loro privatizzazione, è da ritenersi dannoso e ulteriormente devastante per la nostra Città. ‘
E già stata privatizzata gran parte della superficie urbana, non permetteremo anche la privatizzazione delle cavità.
Quali iniziative si ritiene di attuare sul tema della conservazione e del recupero del patrimonio edilizio storico e monumentale?
La più importante iniziativa per Napoli ed i suoi abitanti, è senza alcun dubbio il Recupero del Centro Antico e Storico.
E’ bene chiarire. Un ruolo fondamentale deve giocare la moderna visione e concettualista del Paesaggio Storico Urbano, una invariante questa che deve guidare l’azione anche rinnovatrice del tessuto storico.
Definendo nel contempo e consapevolmente il riuso di contenitori architettonici, di spazi, del verde e dei giardini pertinenziali e storici, con nuova fruibilità, introducendo nuovi modi di far rivivere antiche fabbriche ed evitando processi di privatizzazione diretti o striscianti come quelli che si vorrebbero introdurre con il programma P.I.U Europa dell’Unesco che di fatti “regalerebbe” ai portatori di capitali, luoghi storici e patrimoni di inestimabile valore per la Collettività.
Napoli deve conoscere nuovi modi pubblici di gestione del patrimonio storico, così come fanno le grandi città europee e sudamericane.
La prima iniziativa che dovrà intraprendersi è superare l’attuale staticità delle politiche urbanistiche e produrre un progetto pilota di recupero a forte concentrazione tecnico- decisionale, per sei o sette nuclei storici, con progetti di riuso e nel contempo avviare senza indugio processi di diradamento verticale delle costruzioni superfetate e ridefinire un grande progetto di superficie per l’intera area storica, con la riprogettazione unitaria dei sottoservizi e rivedendo globalmente ruoli e funzioni del derelitto Ufficio fognature del Comune di Napoli.
Quali sono i programmi di riqualificazione e investimento per quanto attiene al risanamento costiero, sia per contrastare l’erosione costiera sia per riqualificare ampie zone di litorale?
Il mare non bagna Napoli, un refrain …..che i Cittadini napoletani conoscono bene, da Mergellina a Capo Posillipo non vi sono luoghi di accesso, tutto è privatizzato, tutto è stato acquisito dai pochi. Il primo programma di riqualificazione che proporremo e del quale la città ha una puntuale e realistica potenzialità esecutiva, è la creazione di almeno tre grandi aree di riuso della fascia costiera, con parchi urbani che reinterpretino con progetti verdi il versante di Posillipo, facendo ricorso anche all’espropriazione e tenendo conto che in qui luoghi vi sono state appropriazioni illegali di terreni e di demanio da parte dei privati, nonché abusivismo non denunciato. né riconosciuto.
Per quanto riguarda la zona portuale, occorre che la Città di Napoli recuperi spazio all’area portuale, per determinare nuove espansioni di relazione con la fascia costiera; relazioni che devono essere pensate e definite in maniera sostenibile e per il ripristino della locale e naturale morfologia.
Per quanto attiene al risanamento costiero e alle azioni da mettere in campo contro l’erosione costiera, riteniamo che queste debbano essere tra i grandi progetti di riqualificazione ambientale di Napoli. Occorre per far questo, destinare il 15% di tutte le risorse finanziarie destinate al territorio e recuperare altre risorse da perduranti progetti ormai fuori controllo finanziario, come la Metropolitana di Napoli, una concessionaria che vede se stessa formulare ed applicare i prezzi delle lavorazioni, nella forma del controllore/controllato e che fa pagare al Pubblico esosi spead di almeno il triplo del costo ordinario, con anche il conseguente monopolio di tutte le risorse finanziarie, di cui una gran parte dovrebbero essere messe a disposizione per i progetti di riequilibrio.
Come si intende affrontare il problema dell’innalzamento della falda idrica nell’area orientale di Napoli, dove già da qualche anno le acque sotterranee interagiscono, pericolosamente, con il costruito?
Nell’Area orientale di Napoli, siamo a conoscenza che i grandi ex stabilimenti industriali e petroliferi, per anni hanno iniettato con perforazioni abusive, nella falda enormi quantità di liquami e scarti della produzione petrolifera. Un disastro ambientale denunciato che non ha trovato nessun provvedimento di ufficio, altresì il grave problema dovuto all’ innalzamento della falda idrica è di fatti implementato da una condizione edilizia fortemente impattante per i suoli.
Se pensiamo che il Comune di Napoli ha nel cassetto ben 55 PUA pronti alla realizzazione di mostruose cementificazioni con edifici alti e di grandissima volumetria, il problema delle acque sotterranee che interagiscono con il costruito è destinato ad aggravarsi.
In tale situazione crediamo che occorre, avere piena conoscenza delle cause e delle concause determinanti tale situazione e quindi far ricorso a tutta la conoscenza e Tecnica Geologica esistente, ma anche a concorrenti procedure specifiche, urbanistiche e ad interventi sostenibili, per affrontare un problema estremamente grave che è stato celato ai cittadini.
Riteniamo necessario e subito, mettere in campo, in piena autonomia tecnico-decisionale, un laboratorio operativo territoriale multidisciplinare con Geologi, Territorialisti ed Architetti per ridefinire alla luce della locale emergenza, le strategie da adottare; laboratorio da inserire nell’ambito del nuovo Assessorato alla Manutenzione Permanente del Territorio.
Abbiamo contezza che il piano di protezione civile attualmente realizzato presenta delle incongruenze rispetto agli scenari di rischio attesi per la città di Napoli ed il suo hinterland metropolitano, Quali sono i programmi di formazione/informazione relativamente ai rischi: sismico, idrogeologico e vulcanico?
Nella giusta e come da Voi rilevata, assoluta incongruenza dei Piani di Protezione Civile rispetto agli scenari di rischio attesi per la Città di Napoli ed il suo hinterland metropolitano, riteniamo che il Piano vada fortememente emendato. Inoltre il Piano va connesso a provvedimenti di interdizione delle politiche di riassetto urbanistico, ove esse non tengano conto dei potenziali rischi.
Il Piano deve essere radicalmente ripensato e dotato di strumenti finanziari propri operativi, con personale qualificato e di alta scolarizzazione. In sintesi occorre apprendere da altre esperienze, molto avanzate, di altre Nazioni che fanno della Protezione Civile una normale componente della vita civile e relazionale.
Una particolare attenzione deve essere posta alla questione del rischio vulcanico, che a nostro avviso deve prevedere una nuova e maggiore estensione del Parco del Vesuvio, la rinaturalizzazione di aree attraversate dall’abusivismo edilizio e la creazione di coerenti direttrici di fuga per la popolazione, con varianti immediatamente attuative dei Piani Regolatori.
In sede urbana ci preoccupa la condizione di estremo rischio dovuto alla presenza di un patrimonio edilizio mancante di apprestamenti e presidi antisismici. In gran parte le costruzioni in cemento armato sono esauste, con vita statica al limite delle minime condizioni di esercizio, che andrebbero riconfigurate con un grande programma urbano di rigenerazione.
Questa è senza dubbio una grande opera che deve avere caratteri di priorità, perché potrebbe contribuire, evitando perduranti rischi al riassetto ambientale e urbanistico, alla creazione di Lavoro davvero sostenibile per la Città di Napoli.
Quali iniziative intende intraprendere il candidato Sindaco per superare la “filosofia” della gestione emergenziale (“Commissariato straordinario”) in tema di rischio idraulico e geologico e, alla luce dei vari eventi catastrofici (Ischia, Atrani, ecc), il Comune di Napoli quale posizione assumerà per il rilascio di concessione in sanatoria in zone perimetrate R4 ed R3 per il rischio frana ed idraulico?
Come prima già detto, siamo contro ogni logica emergenziale e contro ogni concessione in sanatoria. Le tragedie dovute al mancato rispetto delle leggi sono state innumerevoli. Per il bene di Napoli e dei suoi Cittadini, occorre porre fine alla logica degli atteggiamenti permissivi, funzionali alle pratiche speculative e dell’abusivismo. Logica che non ci appartiene e non appartiene al consesso civile.
Le politiche emergenziali dovranno lasciare il passo al metodo della pianificazione e per i nostri territori occorre mettere in essere azioni tangibili, celeri senza se, nè ma, particolarmente nelle zone perimetrale che Voi avete esattamente richiamato.
Noi crediamo che il ricorso alle metodologie democratiche di gestione del Territorio può definire un cambiamento nella nostra vita cittadina, purchè si mettano a sistema metodi, competenze certe e programmi che centralizzino l’azione propria del Comune,. Un Comune aperto e collaborante con la Città, con la sua ricchezza ed eccellenza culturale.
Si intende rafforzare, anche nell’ambito della struttura tecnica del Comune di Napoli, le azioni di prevenzione della pubblica incolumità anche attraverso un presidio territoriale cittadino? Considerato che è operativo da vari anni l’Ufficio sicurezza geologica e sottosuolo, si ritiene di voler esaltare le professionalità geologiche in ruoli dirigenziali e implementare gli organici relativamente alle tematiche esposte considerato che non vi è mai stato un Dirigente Geologo nel Comune di Napoli, mentre le problematiche di “fragilità geologica” esistenti sul territorio comunale sono sotto gli occhi di tutti?
Proprio tenendo conto di quanto sopra dichiarato, emerge l’inadeguatezza della situazione dipartimentale esistente nel Comune di Napoli, in questi anni determinata da decisori autoreferenti e assolutamente (o volutamente) insipienti del funzionamento di una moderna Amministrazione comunale vicina ai bisogni reali del territorio e dei Cittadini.
Non vi è dubbio che l’ Ufficio Sicurezza Geologica di Piazza Dante, di cui conosciamo l’alto grado di professionalità dei suoi funzionari, deve assumere un ruolo centrale nella politica di gestione del territorio cittadino.
Non solo occorre esaltare le professionalità geologiche in ruoli dirigenziali e implementare gli organici ma, a nostro avviso, occorre far progredire l’Amministrazione e la Città con la nomina pronta del Dirigente Geologo nel Comune di Napoli. Nomina che comunque deve essere inquadrata nei ruoli e prerogative tecnico-decisionali di un Comune efficiente e democratico.
Ma queste affermazioni, affinchè non siano solo propaganda o semplici buone intenzioni, devono essere supportate da una idea di Amministrazione e di Città, come un luogo che deve cambiare e attestarsi su criteri, livelli e modalità di progresso con la “ricentralizzazione” pubblica dell’Amministrazione.
Indubbiamente una idea che oggi trova ostacoli e barriere dovute allo sfrenato liberismo di mercato, che prevede decisioni in sedi altre e privatizzate, un liberismo che alberga nelle stanze decisionali di Palazzo San Giacomo, vera e propria centrale della visione privatistica del governare una città e indifferente all’assalto privatistico del territorio.
Un ruolo, così caro a chi ha governato e per chi, in entrambi i maggiori schieramenti, vuole amministrare Napoli. Per questo e per quanto abbiamo oggi sinteticamente tentato di rappresentare, “Napoli non si piega” ad un destino devastato, secondario, misero ed emarginato.
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