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Bossi (quasi) pronto per l’addio a Silvio

«Abbiamo davanti un Paese che deve cambiare: o si cambia o si muore. Quindi dobbiamo cambiare, non c’è alternativa». Lo ha affermato Umberto Bossi, questa sera a Lesa, sul lago Maggiore. «Vogliamo – ha aggiunto, all’apertura della sede locale della Lega Nord – lasciare ai figli qualcosa di diverso, di pulito, di funzionante».

Certo che detto da uno che fa la stampella di Berlusconi da 15 anni…

 

Il rissunto dell’Ansa è comunque altrettanto preoccupato:

Le ricadute che l’esito del referendum rischia di avere sul governo – alla vigilia di una verifica parlamentare dai numeri ballerini – e il nervosismo nella squadra dei ministri (ieri il botta e risposta a distanza tra Giulio Tremonti e Roberto Maroni sulla riforma del fisco) danno non pochi pensieri a Silvio Berlusconi. Nonostante il premier abbia ribadito che la tenuta dell’esecutivo non è in discussione, anche nel caso i quesiti referendari ottengano il quorum, nella maggioranza non si nasconde la preoccupazione. Il più nervoso è Umberto Bossi. Dopo lo ‘schiaffò preso alle elezioni amministrative, il Senatur punta tutto sul raduno di Pontida per iniziare a recuperare il consenso perduto. Un appuntamento a cui la Lega vuole arrivare preparata, giocandosi la carta della riforma fiscale come promessa da mantenere con il popolo padano. «A Pontida tireremo fuori la soluzione per trovare i soldi, e riuscire a fare la riforma fiscale che aiuti le nostre imprese», anticipa il leader del Carroccio, confermando come la questione fiscale rappresenti anche per la Lega l’obiettivo più importante. Il Senatur non esita ad indicare la ricetta per reperire i fondi necessari. Una serie di soluzioni che suonano come un messaggio indiretto al Cavaliere: «I soldi per fare la riforma ci sono – dice – basta chiudere le missioni all’estero», a partire da quella in Libia costata «un miliardo di euro». A questo va aggiunta la tassazione «delle grandi banche», mentre è bocciata su tutta la linea la proposta di Confindustria di procedere con i tagli orizzontali e selettivi. L’obiettivo del leader dei lumbard è chiaro: recuperare quella fetta di elettorato delle piccole e medie imprese che con il voto amministrativo hanno voluto inviare un segnale di sofferenza. Bossi preferisce tenersi lontano dalle polemiche tra il titolare del Tesoro ed il ministro dell’Interno: si limita ad osservare che di fronte al rischio «di finire come la Grecia» è «giusto che Tremonti sia prudente». Che la Lega cerchi il modo di riconquistare nel più breve tempo possibile i suoi elettori è ormai cosa nota: ecco perchè di fronte al rischio dell’ennesima batosta che potrebbe arrivare dal responso delle urne, il leader del Carroccio non esita a smarcarsi dal Cavaliere, «colpevole» sui quesiti referendari di aver perso «la sua capacità di comunicare in tv». Un’accusa a cui il Cavaliere non replica ufficialmente, evitando un nuovo fronte polemico. Però l’incognita sulle ‘mossè del Carroccio in vista dell’appuntamento di Pontida preoccupano il Pdl in vista soprattutto della verifica parlamentare. Appuntamento che cade pochi giorni dopo il raduno leghista. È bastato che il leader del Carroccio tornasse a riaccennare all’ipotesi di spostare i ministeri al Nord perchè si riaprisse lo scontro con il Popolo della Libertà. Oltre alla Lega, a impensierire i dirigenti del Pdl sono i numeri della maggioranza. Alle fibrillazioni del gruppo dei Responsabili c’è da aggiungere il malumore di Gianfranco Miccichè, leader di Forza Sud, pronto a portasi dietro un drappello di deputati in un nuovo gruppo autonomo. Un’impasse da cui il Cavaliere proverà ad uscire puntando tutto sulla riforma fiscale. Provvedimento caro anche al ministro dell’ Economia Giulio Tremonti. Dopo la querelle ieri con Maroni, il titolare del Tesoro sceglie lo stesso palco (il convegno della Cisl) per annunciare che sul provvedimento si è al rush finale: indica non solo la data (18 giugno) per la presentazione degli studi effettuati dal Ministero sulla riforma, ma anche le ipotesi per metterla in pratica in modo da reperire le risorse necessarie.

«Ci vediamo a Pontida, per le novità che annunceremo». Umberto Bossi promette al popolo leghista una domenica «frizzante», tra sette giorni, e rilancia per l’ennesima volta sui ministeri al Nord. Intanto concorda con l’ «amico» Tremonti sulla riforma fiscale («fa bene a essere prudente») e rimprovera Berlusconi sula campagna referendaria: «ha perso – dice – la capacità comunicativa in televisione». Ma «tra Lega e Pdl – assicura – i rapporti sono buoni, abbiamo fatto insieme tante cose importanti». Il Berlusconi ‘timidò sui referendum è uno dei motivi per cui la consultazione potrebbe raggiungere il quorum, pensa Bossi, «la gente è caduta nella trappola anche perchè il premier – è la critica – ha fatto poca pubblicità chiara su questi referendum-imbroglio». All’arrivo a Lesa (Novara) sul lago Maggiore, per l’inaugurazione della sede locale della Lega Nord, Bossi commenta con disappunto il dato parziale dell’alta affluenza alle urne: «Speriamo che la gente non vada a votare – dice – perchè questi referendum sono inutili, sono soldi buttati via, solo solo un tentativo di dare una spallata al governo». La riforma del fisco tiene banco: «Tremonti – commenta il Senatur – ha abbastanza ragione e fa bene a essere prudente. Ma i soldi si trovano, anzi li abbiamo già, basta rinunciare alle missioni di pace». Per saperne di più l’appuntamento è a Pontida: «Annunceremo delle novità – promette – tireremo fuori la soluzione per trovare i soldi e riuscire a fare una riforma fiscale che aiuti le nostre imprese». Bossi boccia la proposta della Confindustria: «Una proposta orizzontale – dice – che finirebbe per aumentare i costi per tutti. Berlusconi e Tremonti – aggiunge – possono fare di tutto tranne che tassare le imprese, gli artigiani e i Comuni». La scure – è l’idea del leader del Carroccio – deve colpire altrove: «Ci sono grandi banche con tanti soldi – dice – e non li hanno mai dati alle imprese. Ma prima o dopo i nodi tornano al pettine». Bossi non molla i ministeri: «È obbligatorio che vengano al Nord, dobbiamo avere la testa a Milano e Torino, le gambe lasciamole pure a Roma. Ma se la testa non è al Nord, finiamo male». Infine, lancia un allarme: «Abbiamo davanti – dice – un Paese che non funziona, che distrugge l’economia. Non abbiamo alternativa: dobbiamo cambiare».

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