Serve un’autorità “morale” intangible come la Chiesa per facilitare l’avvio di una (modesta) mnovra di recupero dell’evasione? PAre di sì, in ambito Borghese. MA se l’autorità invocata non ha nemmeno la coscenza a posto, in materia, il gioco si sgonfia presto.
Vi presentiamo il gustoso siparietto creato dalla contrapposizione due giornali “padronali” come Repubblica e SOle 24 Ore, che rivesciano i ruoli benedicendo i preti, e “il manifesto” che i conti su quanto la Chiesa costa allo Stato italiano. Buon divertimento!
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da Repubblica
Bagnasco: “Evasione record, famiglie colpite”
Il presidente della Conferenza episcopale italiana parla delle misure approvate dal governo. Chiede tutele per la famiglia e contrasto all’evasione fiscale.
La Chiesa italiana interviene sulla manovra e prende posizione contro chi non paga le tasse. “Le cifre dell’evasione fiscale sono impressionanti”, dice il numero uno dei vescovi, Angelo Bagnasco, intervistato a Madrid dalla trasmissione Radio Anch’io. Il presidente della Conferenza episcopale sembra dunque chiedere un contrasto duro contro questo fenomeno. “Come credenti e comunità cristiana dobbiamo rimanere al richiamo etico che fa parte della nostra missione e fare appello alla coscienza di tutti perché anche questo dovere possa essere assolto da tutti per la propria giusta parte. Per Bagnasco, se questo dovere fosse assolto, “le cose sarebbero risolte”.
Per il presidente dei vescovi, altro punto chiave della manovra deve essere “la famiglia, ganglio vitale della società”. “Se la famiglia non è al centro della politica generale – dice – la società non avanza”. Infine, le missioni all’estero. Nei giorni scorsi il quotidiano della Cei, Avvenire, ne aveva chiesto un ridimensionamento. Oggi invece Bagnasco ha chiesto di non tagliare i fondi, in nome dei “diritti umani fondamentali che in certe parti del mondo non sono rispettati”.
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da Il Sole 24 Ore
I vescovi contro l’evasione. Bagnasco: in Italia le cifre sono impressionanti
La bocciatura dei vescovi sulla manovra era arrivata, per la verità, già nei giorni scorsi con la dura presa di posizione del quotidiano della Cei, l’Avvenire, che aveva sparato contro la scarsa attenzione riservata alla famiglia dal decreto di ferragosto. Così oggi il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, torna a battere su quel tasto. Non prima però di aver definito «impressionanti» le cifre dell’evasione fiscale. Lo fa nel corso di un’intervista a Madrid della trasmissione Radio Anch’io. Che offre al porporato l’occasione per ribadire che la manovra deve tener conto della famiglia, «ganglio vitale della società», e che le missioni all’estero non possono essere valutate soltanto per i costi, pur importanti.
La manovra trascura la famiglia
Interpellato sulla manovra, Bagnasco ha premesso che la crisi coinvolge tutto il mondo e «anche paesi che sono stati i primi della classe si trovano in seria difficoltà». Un «punto centrale» nella manovra, ha detto, deve essere la famiglia: «se non è al centro della politica generale, la persona e la famiglia grembo naturale della vita, la società non avanza, in Italia – ha precisato Bagnasco – lo abbiamo visto in modo particolare perché anche dentro la grande crisi la famiglia si rivela ganglio vitale, cellula fondamentale, ripeto che in Italia questo è sempre stato, grazie e a Dio e grazie alla notra storia, non perdiamo – ha chiesto Bagnasco – questo punto fermo».
Sull’evasione cifre impressionanti
Quindi la critica mossa all’esercito di quanti evadono il fisco. «Sono impressionanti le cifre sulla evasione», ha poi osservato il presidente dei vescovi, richiamando il dovere di tutti di contribuire attraverso le tasse alla vita pubblica e sociale. «La chiesa e i pastori, – ha aggiunto – non devono porsi dentro le questioni tecniche, ma rimanere a quel livello di richiamo spirituale ed etico che fa parte della nostra missione, e far appello alla coscienza di ciascuno perchè anche questo dovere possa essere assolto da tutti, non senza però rivedere gli stili di vita».
Missioni all’estero: non conta solo il problema dei costi
Infine il delicato capitolo delle missioni italiane all’estero, su cui il cardinale è chiarissimo: il problema dei «costi», pur importante, non può essere l’unica prospettiva, quando i diritti umani sono violati: «prima di fare i conti dobbiamo chiederci – ha ammonito – quale approccio utilizzare rispetto alle situazioni drammatiche di altre parti del mondo».
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da “il manifesto”
Nel regno dei cieli
Acqua santa. Il credito di quasi 50 milioni di euro di bollette non pagate reclamato dall’Acea è stato alla fine estinto dallo Stato
Dall’otto per mille ai contributi all’editoria cattolica passando per le scuole private. Così una marea di miliardi passa di mano dallo stato alla chiesa. Che chiede «sacrifici condivisi», ma non con i suoi soldi
«Il mio regno non è di questo mondo», diceva Gesù di Nazareth a Pilato che lo interrogava prima della condanna a morte. Ma i contributi statali, le esenzioni fiscali e i privilegi economici di cui gode la Chiesa cattolica in Italia sono per niente spirituali e invece pienamente mondani, contrariamente a quanto sosteneva il fondatore del cristianesimo.
Il capitolo più sostanzioso è rappresentato dall’otto per mille, la quota di imposte di cui lo Stato si priva e che, apparentemente in base alla volontà dei cittadini, indirizza alla Chiesa cattolica: da dieci anni a questa parte si tratta di circa 1 miliardo di euro l’anno, nel 2011 la cifra ha raggiunto il record di 1.118 milioni. Ma a firmare per destinare allo Stato o ad una confessione religiosa l’otto per mille delle proprie tasse è appena il 44% dei contribuenti, e solo il 35% sceglie la Chiesa cattolica. Tuttavia il diabolico meccanismo – per la cui elaborazione ci mise lo zampino anche Tremonti, ben prima di diventare ministro – prevede che le quote non espresse (quelle cioè di coloro che non fanno nessuna scelta) non restino all’erario ma vengano ripartite fra lo Stato e le confessioni religiose, in base alle firme ottenute. E in questo modo la Chiesa con il 35% dei consensi si accaparra l’85% dei soldi. Denaro che, nonostante gli spot pubblicitari facciano credere che siano impiegati per lo più per interventi di solidarietà sociale, viene speso quasi tutto per il funzionamento della struttura ecclesiastica: nel 2011, 467 milioni per «esigenze di culto e pastorale», 361 milioni per il «sostentamento del clero», 235 milioni per «interventi caritativi», 55 milioni accantonati «a futura destinazione». A questa cifra, poi, andrebbe aggiunta anche un’altra voce: quella dell’otto per mille che i contribuenti hanno scelto di dare allo Stato ma che, uscendo dalla finestra, finisce ugualmente nelle casse della Chiesa. Nel 2009 – ultimo dato comunicato dalla Presidenza del Consiglio – dei 44 milioni destinati allo Stato, circa 30 sono andati a diocesi, parrocchie, confraternite ed altri enti ecclesiastici come contributo per il restauro di immobili religiosi considerati «beni culturali». Interamente a carico dello Stato, sebbene svolgano un servizio di assistenza religiosa, sono i cappellani degli ospedali, delle carceri e dei militari, scelti dalle diocesi ma assunti e retribuiti dalle Regioni o dallo Stato. I più numerosi sono quelli degli ospedali, circa 750 secondo fonti vaticane, per un costo approssimativo di 50 milioni di euro l’anno. Nelle carceri operano invece 240 cappellani, per una spesa di 15 milioni euro l’anno. E nelle caserme oggi ci sono 184 cappellani militari, inquadrati con i gradi, e gli stipendi, degli ufficiali: l’ordinario militare, cioè il vescovo a capo della diocesi castrense, ha le stellette e la retribuzione di un generale di corpo d’armata. Nel 2005 – ultimo dato reso noto dalla Difesa – i cappellani militari erano 190 e sono costati allo Stato poco meno di 11 milioni di euro, presumibilmente la stessa cifra di oggi, dal momento che il numero è rimasto sostanzialmente invariato. Senza calcolare le pensioni degli ex cappellani, piuttosto alte trattandosi di ufficiali a tutti gli effetti: quella dell’ordinario-generale di corpo di armata – come il cardinal Angelo Bagnasco, ordinario militare prima di essere nominato presidente della Cei – si avvicina a 4mila euro al mese.
Capitolo contributi. Alla scuola privata – che è per lo più scuola cattolica – la cosiddetta legge di stabilità del 2011 ha assegnato 245 milioni di euro, mentre la scuola statale si è vista togliere 8 miliardi in tre anni. Bisognerebbe poi aggiungere i vari finanziamenti delle Regioni, sotto forma di «buono scuola»: quello dello scorso anno della Regione Lombardia del ciellino Formigoni, per esempio, ammontava a 45 milioni di euro. All’editoria cattolica, invece, nel 2010 sono stati erogati contributi statali diretti per circa 14 milioni di euro, quasi la metà incamerata da Avvenire, il quotidiano della Cei, che ha incassato 5milioni e 871mila euro. Un altro quotidiano cattolico, Il Cittadino, controllato dalla diocesi di Lodi, ha goduto di un finanziamento pubblico di 2 milioni e 530mila euro. Ai settimanali diocesani – i periodici ufficiali delle diocesi italiane – sono andati circa 4 milioni di euro. Il resto è finito alle riviste edite da congregazione religiose, santuari, associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali di varia natura.Infine le esenzioni: niente Ici per gli immobili di proprietà ecclesiastica che non siano «esclusivamente» impegnati in attività commerciale – un avverbio che evita il pagamento dell’Ici alla maggior parte degli ex conventi riciclati in alberghi, dove però rimangono degli spazi per il culto – con un ammanco, calcola l’Associazione nazionale dei Comuni italiani, di 500 milioni l’anno; e Ires al 50% per gli enti assistenziali, con un risparmio annuo di 900 milioni di euro. Infine acqua gratis per il Vaticano: il credito di circa 50 milioni di euro di bollette non pagate reclamato dall’Acea è stato alla fine estinto dallo Stato.
Il capitolo più sostanzioso dei trasferimenti finanziari tra lo stato italiano e la chiesa è rappresentato dall’otto per mille: è di 1 miliardo di euro all’anno. Solidarietà? No, vengono impiegati perlopiù per far funzionare la Chiesa.
L’8 per mille dato dai cittadini allo Stato, per molti versi esce dalla prota e rientra dalla finestra: nel 2009 dei 44 milioni destinati allo Stato, ben 30 sono andati alla Chiesa per il restauro di beni immobili considerati «beni culturali»
Niente Ici per gli immobili di proprietà ecclesiastica che non siano «esclusivamente» impegnati in attività commerciali. Si salvano la maggior parte dei conventi riciclati in alberghi, dove però si prega anche. Persi così 500 milioni l’anno. scuole private: i soldi si trovano sempre
Stando solo al 2011 la legge di stabilità ha versato nelle casse delle scuole private 245 milioni di euro. Poi ci sono i “buoni scuola” regionali. Solo la Lombardia del cattolicissimo Formigoni ha regalato alla Chiesa 45 milioni di euro.
Sono scelti dalle diocesi ma assunti e retribuiti da Stato e regioni: i cappellani di ospedali, carceri e dei militari. I più numerosi sono negli ospedali e costano allo Stato 50 milioni di euro l’anno. Quelli militari 11 milioni. Per le carceri 15 milioni.
CATTOLICI E INFORMATI, AIUTI PER 14 MILIONI
I contributi diretti alla stampa cattolica nel 2010 sono stati 14 milioni di euro. Quasi la metà va ad Avvenire, il quotidiano della Cei. Ma anche il Cittadino, controllato dalla diocesi di Lodi, si tratta bene: 2 milioni e 530 mila euro.
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