La sentenza del giudice Paola Protopisani dà ragione al collegio difensivo che aveva puntato sulla responsabilità dello Stato, indipendentemente dall’accertamento della causa che provocò la strage e che in questi anni non è mai venuta a galla.
Trentuno anni dopo la strage, mentre non è ancora chiaro se l’aereo fu abbattuto da un missile o cadde per l’esplosione interna di una bomba, il tribunale ha ritenuto responsabili i ministeri per non avere garantito la sicurezza del volo, ma anche per l’occultamento della verità con depistaggi e distruzione di atti. «La sentenza – dice il collegio legale costituito da Alfredo Galasso, Daniele Osnato, Massimiliano Pace, Giuseppe Incandela, Fabrizio e Vanessa Fallica, Gianfranco Paris – è il frutto di una lunga e articolata istruttoria, durata circa tre anni, nella quale il tribunale ha avuto modo di apprezzare e valutare tutte le emergenze probatorie già emerse nel procedimento penale». Secondo i legali, «il risultato della vicenda processuale rende giustizia per la ultratrentennale tortura che i parenti delle vittime hanno dovuto subire ogni giorno della loro vita anche a causa dei numerosi e comprovati depistaggi di alcuni soggetti deviati dello Stato».
La ricerca della verità potrebbe ripartire da questa sentenza, «nella quale – spiega l’avvocato Osnato, che sposa la tesi del missile, probabilmente di nazionalità francese – si parla esplicitamente del famigerato ‘Punto Condor’, un tratto dell’aerovia militare usata dai francesi, la ‘Delta Wisky’ che incrocia proprio sopra il cielo di Ustica l’aerovia civile ‘Ambra 13’. La pericolosità di quel punto – aggiunge – era stata più volte segnalata da piloti dei mezzi di linea». La sentenza, aggiunge l’avvocato, «contiene caratteri innovativi anche per quanto riguarda la quantificazione del danno. Il giudice ritiene che le prescrizioni sul piano penale per i circa 50 militari indagati non possono essere trasferite sul piano civile e la sentenza condanna i due ministeri secondo il principio della ‘immedesimazione organicà, e cioè la responsabilità civile dei militari ricade sugli organi dello Stato da cui dipendevano».
I legali auspicano inoltre che «in concomitanza della caduta del regime di Gheddafi, la nazione sia direttamente informata del contenuto degli archivi dei servizi segreti libici nei quali si ha ragione di ritenere che siano contenuti ulteriori documentazioni rilevanti sul fatto. E ciò consentendosi un accesso diretto da parte dell’Italia senza alcuna manomissione». Intanto, per il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Carlo Giovanardi, «la sentenza, per quello che sembrano essere le motivazioni, è in totale contrasto con quella della Cassazione, già passata in giudicato, e con le altre sentenze del Tribune civile di Roma. È ormai accertato che nessun altro aereo era in volo in quella notte in prossimità del DC9 Itavia, mentre la Commissione dei periti internazionali ha concluso all’unanimità per l’esplosione di una bomba in una toilette di bordo».
Di parere opposto Daria Bonfietti, la presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime, secondo la quale quella di Palermo è una «sentenza molto importante» perchè «dice che non èstata difesa la vita di cittadini italiani. Siamo in una stranissima situazione – ha spiegato – la verità ha trovato una conferma da Cossiga, è stata ammessa da Formica come quella che tutti conoscevano, ma il nostro Governo non vuole accettarla, imprigionato dalle banalità di Giovanardi che, oltre ad imperversare a Bologna per gli anniversari, va all’ambasciata Usa a pietire il sostegno alle sue tesi. Il presidente della Repubblica – ha concluso – negli ultimi due anniversari ha parlato di ‘intrecci eversivi e intrighi internazionalì e ha chiesto che ‘ogni sforzo deve essere compiuto per arrivare alla verità».
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