Il governo è andato sotto di sorpresa, proprio mentre Berlusconi lanciava la sua ennesima “campagna acquistI” per trovare qualche voto in più per la fiducia. E mentre in aula i numeri sembravano abbastanza solidi. Quindi è uno smottamento vero, non casuale. Meditato e calcolato con cura.
E’ finit qui, la corsa del Cavaliere? Non consigieremmo di scommettere sulla data. Ma il gong è suonato.
Del resto, come dice qualunque analista finaniario, “c’è una crisi globale, nnon c’è nessuno che può tirarsene fuori facendo altre cosee, come se non lo riguardasse”. La caduta di Berlusconi e del suo blocco sociale affaristico-mafioso-microimprenditoriale.subappaltista è scritta nella necessità di “Ridurre il grasso” che non serve più. Non solo su lavoratori e pensionati, ma anche su quei settori che fin qui – per motivi di consenso reazionario e anticomunista – andavano “coltivati”.
A domani per i giudizi più articolati.
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Il governo cade alla Camera sul rendiconto generale dello Stato ed è il caos. Per le assenze nella maggioranza, l’Aula boccia il primo articolo uno del provvedimento anche grazie ad alcune assenze pesanti, in primis quella di Giulio Tremonti. Ma pesano politicamente le assenze di Claudio Scajola e di diversi ex Responsabili, nonchè di Umberto Bossi (incolpevole, a quanto pare, perchè stava rispondendo ai giornalisti fuori dall’Emiciclo senza accorgersi che si stava votando).
Berlusconi, che assiste personalmente in diretta alla disfatta è furioso, schiva, con un gesto di stizza, il ministro del tesoro che nel frattempo era entrato in Aula. Il cavaliere è visibilmente preoccupato per le possibili conseguenze dalla bocciatura del testo, che per il presidente della Camera Gianfranco Fini «è un fatto senza precedenti»: con lo stop arrivato al Rendiconto si blocca anche la Legge di Stabilità che era attesa al Consiglio dei ministri di dopodomani.
A metà pomeriggio il presidente del Consiglio viene chiamato in fretta e furia a Montecitorio. Poco prima, l’Aula aveva approvato con soli due voti di scarto la risoluzione di maggioranza alla nota di variazione del Def. Per questo gli era stato chiesto di precipitarsi da Palazzo Grazioli così da garantire alla maggioranza un voto in più. Il premier siede tra i ministri Fitto e Prestigiacomo. Un minuto dopo, il voto. Nulla lascia, in fondo, presagire l’amara sorpresa in arrivo per il governo. In Aula sta entrando Tremonti e anche Bossi, presente nel pomeriggio, arrivava lentamente, dopo aver parlato coi cronisti in Transatlantico. Finisce 290 pari, l’articolo del rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato è respinto: la maggioranza richiesta, infatti, era di 291 voti.
Nell’Emiciclo c’è un secondo di smarrimento, di silenzio quasi irreale; dopodichè, dai banchi dell’opposizione parte un applauso liberatorio e si comincia ad urlare «Dimissioni, dimissioni!» verso i banchi del governo. Berlusconi è una statua di sale. Il presidente del Consiglio appare allibito, quasi incredulo, pietrificato. Qualche secondo dopo, gli si avvicina il capogruppo del Pdl Cicchitto che gli dice qualche fugace parola. Ma lui non risponde, sembra quasi in trance.
Un attimo dopo, mentre in Aula si precipita pure Gianfranco Fini a gestire una situazione mai verificatasi prima, il premier si alza e, senza salutare nessuno, va velocemente verso l’uscita. Sul suo percorso, seduto all’ultima sedia del banco del governo, c’è Giulio Tremonti, che non ha fatto in tempo a votare e, attaccato anche dal Pdl, nega l’esistenza di «ragioni politiche» collegate alla sua assenza. Berlusconi non lo degna di uno sguardo: lo sposta, con un gesto che pare chiaramente di stizza, per poi uscire dall’Emiciclo scuotendo vistosamente dei fogli che regge in mano mentre Dario Franceschini gli ricorda che la sua maggioranza non c’è più e che gli resta solo di consegnare le dimissioni al presidente Napolitano che, per una curiosa coincidenza, è anche lui a Montecitorio per una cerimonia.
Parte la ‘spunta’ degli assenti sui tabulati: tra quelli che non hanno votato risultano Scajola, Bossi, Scilipoti e Miccichè. Dei Responsabili mancano in 6, 14 del Pdl e tre della Lega: oltre a Bossi non ci sono nè Stefano Stefani (sta male) nè Matteo Bragantini, cui ieri è nato un figlio. Denis Verdini non vede una lettura politica in quanto è successo: «è un incidente puro, vero e reale, grave», sostiene il coordinatore del Pdl.
L’opposizione, ovviamente, la pensa diversamente. «Un governo bocciato sul consuntivo non può fare l’assestamento di bilancio e senza assestamento il governo non c’è più. Mi aspetto che Berlusconi ora si convinca ad andare al Quirinale», dice Bersani del Pd, mentre per Casini dell’Udc per «salvare la credibilità dell’Italia» l’unica strada oggi percorribile è rappresentata dalle «dimissioni di Berlusconi e di Tremonti». E Di Pietro si appella al Quirinale: «Prima che sia troppo tardi ponga fine al governo Berlusconi e ci mandi a elezioni anticipate», chiede il leader dell’Idv. A questo punto, si cerca una soluzione allo scivolone. Per Berlusconi il «problema tecnico è risolvibile», e la palla passerà domattina alla Giunta per il Regolamento di Montecitorio.
Giorgio Napolitano sta seguendo con preoccupazione la situazione che si è creata in parlamento dopo che il governo è stato battuto a Montecitorio sull’assestamento del bilancio dello Stato da un voto che rischia di compromettere la Legge di Stabilità e il percorso della manovra finanziaria. Ma non intende intervenire se l’incidente non produrrà atti istituzionali che investono la sua competenza.
Il Quirinale si limita a questo richiamo alle procedure, non dice di più. Atti istituzionali, si ragiona in ambienti parlamentari, potrebbero essere le dimissioni del governo o la sfiducia delle Camere. Il grave incidente parlamentare c’è stato, le opposizioni invocano dimissioni immediate dell’esecutivo, il governo cerca vie d’uscita, i capigruppo si riuniranno domani per valutare il da farsi e il presidente della Repubblica vuole vedere quale strada si imbocca, muovendosi nella veste neutra di garante costituzionale del rapporto di fiducia che deve esistere fra le Camere e il governo.
Probabilmente Napolitano chiederà chiarimenti al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, con il quale ha già avuto un brevissimo incontro durante una cerimonia pubblica nella Sala della Lupa di Montecitorio pochi minuti dopo la clamorosa bocciatura del governo in Aula. Ma prima di assumere qualsiasi iniziativa, rispettando l’autonomia della Camera dei Deputati, attenderà che la stessa Camera, attraverso, la sua conferenza dei capigruppo, che si riunirà domani mattina, verifichi la praticabilità delle vie d’uscita ipotizzate in queste ore.
Gli esponenti del governo e della maggioranza minimizzano l’accaduto e ipotizzano di sostituire il provvedimento bocciato con un altro varato ex novo dal consiglio dei ministri da sottoporre alla Camera e approvare con un voto di fiducia. Su questa eventualità si pensa di acquisire il parere dello stesso capo dello Stato.
Resta da vedere se Napolitano sia disposto a farsi coinvolgere preventivamente in soluzioni che le opposizioni hanno già bollato come inutili escamotages, come rimedi che non sanerebbero il vulnus. Quel che è certo è che il capo dello Stato esaminerà le decisioni con l’ausilio di esperti di procedura parlamentare, facendo tesoro della sua esperienza personale di ex presidente della Camera e facendo attenzione a conservare il profilo super partes che ha più volte dimostrato. Ma anche badando a un requisito che ha più volte definito essenziale: oltre ad avere i numeri in Parlamento, il governo deve essere anche efficiente: deve essere in grado di governare varando i provvedimenti necessari per risolvere i problemi sul tappeto.
Recentemente i ritardi che si sono registrati per il varo del decreto sviluppo e dei provvedimenti attuativi della manovra finanziaria e per la scelta del successore di Mario Draghi alla Banca d’Italia, e anche l’incidente di oggi, hanno fatto dubitare circa questa efficienza.
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da Il Sole 24 Ore
Governo battuto sul rendiconto generale dello Stato. Ipotesi maxi-emendamento con fiducia o discorso del premier
di Nicoletta Cottone
Il governo è stato battuto in Aula alla Camera sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2010. I deputati hanno bocciato l’articolo 1 del testo. E il governo corre ai ripari studiando un maxiendamento con fiducia o discorso del premier. La maggioranza ha intenzione di proporre come soluzione un maxiemendamento al rendiconto, che contenga gli articoli dal 2 e successivi, e di chiedere la fiducia. Ipotesi, viene spiegato, che consentirebbe non soltanto di risolvere il problema tecnico, ma anche di dare una risposta sul piano politico. E se questa opzione non fosse praticabile, il Pdl vorrebbe proseguire normalmente le votazioni degli articoli del provvedimento e poi chiedere la fiducia alla Camera su un nuovo intervento programmatico di Silvio Berlusconi. Una strada che, tuttavia, non soltanto viene considerata più lunga ma anche più impervia, perché la maggioranza dovrebbe sottoporsi a una serie di test.
Assenti fra i ministri, Bossi e Tremonti
Fra i ministri assenti Bossi e Tremonti (che risultava in missione). Diciannove, comunque, i deputati del Pdl assenti, a partire da Claudio Scajola. Fra le defezioni i sette di Popolo e territorio, spicca il nome di Domenico Scilipoti, e i 4 del Gruppo misto, compresi Micciché e Ronchi. Due le assenze nella Lega. Lo scivolone in Aula è accaduto proprio quando era da poco entrato Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio è stato quindi “salutato” dal grido «dimissioni-dimissioni» che si è levato dai banchi dell’opposizione. L’esito del voto è stato di 290 favorevoli e 290 contrari: la maggioranza richiesta era di 291 voti.
Tremonti: ero al ministero per l’esame dei dossier per la Legge di Stabilità
A poche ore dalla presentazione della Legge di Stabilità, spiega un comunicato del Tesoro, «il ministro Tremonti era al ministero impegnato con gli uffici di Gabinetto nella valutazione dei dossier relativi a ciascun ministero In aula in rappresentanza del Ministero erano presenti i Sottosegretari. Appena ricevuta notizia dall’Aula il ministro ha interrotto i lavori e si è recato a Montecitorio. Nessuna ragione politica, di nessun tipo».
Berlusconi: è un problema tecnico che può essere risolto
È un problema tecnico che si può risolvere, ha detto Silvio Berlusconi riferendosi alla battuta d’arresto del governo sull’articolo1 del rendiconto generale dello Stato. Lo riferisconi alcuni presenti al termine della riunione di ministri ed esponenti del Pdl nella sala del governo accanto a Montecitorio. Ci dovrebbe essere stasera a Palazzo Grazioli un faccia a faccia tra il premier Silvio Berlusconi ed il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, a Palazzo Grazioli.
La Russa: ora Berlusconi chieda la fiducia
Il voto di oggi, ha commentato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è stato determinato da «assenze occasionali». E dalla bocciatura di un articolo di un provvedimento non può derivare la conseguenza che il governo non ha la maggioranza in Parlamento. «Deciderá il presidente del Consiglio, per me sarebbe corretto mettere subito un voto di fiducia per vedere se il governo c’è o non c’è». Altrimenti «le conseguenze politiche sarebbero inevitabili». E sulle assenze il coordinatore del Pdl minimizza: «Nessuna dietrologia, alcuni erano assenti perchè impegnati in attivitá istituzionali, altri sono arrivati trafelati, un attimo in ritardo, come Tremonti…».
Non ci sono precedenti: domani si riunisce la Giunta per il regolamento
Non ci sono precedenti, visto che è stato bocciato l’articolo 1 dell’assestamento di bilancio: si cerca una soluzione con il supporto della commissione Bilancio. «Una soluzione tecnica si trova, a meno che non intervengano considerazioni di altro tipo», ha detto il sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti. Domani si riunisce la Giunta per il Regolamento della Camera.
Baretta: cade l’impianto della legge
«La bocciatura dell’articolo uno del rendiconti – ha detto il capogruppo del Pd nella commissione Bilancio della Camera, Pierpaolo Baretta – di fatto, fa decadere l’intero impianto della legge. Le votazioni dei singoli articoli successivi è pertanto compromessa. Inoltre, il rendiconto non è emendabile e la sua non approvazione blocca lo stesso assestamento provocando un’impasse nella gestione della pubblica amministrazione. Tutto ciò e l’assenza di precedenti regolamentari porta alla sola conclusione possibile: le dimissioni del governo».
Maggioranza contro Tremonti assente in aula
I deputati del Pdl in Transatlantico commentano con accenti inviperiti l’assenza al voto del ministro dell’Economia su due provvedimenti basilari per il suo dicastero e per la tenuta dell’esecutivo. Sul documento di economia e finanza, approvato con due soli voti di vantaggio, Tremonti non ha votato. Sul rendiconto di assestamento di bilancio, costato all’esecutivo una sonora sconfitta, il ministro risulta in missione. I deputati Pdl mostrano i tabulati e aggiungono: «così non si va avanti». Il deputato Pdl, Amedeo Laboccetta, non si trattiene: il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha avuto un «comportamento inaccettabile. È un irresponsabile. Era qui ed è entrato 30 secondi dopo la votazione».
Anche Bossi assente
Alla votazione non ha fatto in tempo a partecipare il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che stava rientrando in assemblea dal cortile di Montecitorio dove é stato intrattenuto da alcuni giornalisti. Subito dopo il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, hanno avuto un colloquio nella sala del governo a Montecitorio. La gravità dell’assenza di Bossi è stata subito sottolineata dalla sua portavoce che ha accusato i cronisti di aver trattenuto il ministro proprio mentre c’era un voto così importante.
Fini: voto con evidenti implicazioni politiche
Il voto con cui la Camera ha bocciato l’articolo 1 del rendiconto di bilancio, ha commentato il presidente della Camera, Gianfranco Fini, interrompendo la seduta, ha «evidenti implicazioni politiche». L’Aula della Camera è stata rinviata a domani mattina per riprendere l’esame del rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2010 e l’assestamento di bilancio per l’anno 2011. Fini ha annullato i suoi impegni a Milano di domani: dovrà presiedere la Giunta per il regolamento e la Capigruppo della Camera, convocate dopo la bocciatura del governo sull’assestamento di bilancio.
Bersani: senza assestamento il governo non c’è più
«Un governo bocciato sul consuntivo – ha sottolineato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani – non può fare l’assestamento di bilancio e senza assestamento il governo non c’è più. Mi aspetto che Berlusconi ora si convinca ad andare al Quirinale». Bersani ha detto che l’opposizione oggi è stata «molto abili se guardate l’andamento delle votazioni. Loro hanno dei problemi e se Berlusconi è arrivato in Aula è perchè ha sottovalutato i suoi dimostrando di aver perso il polso della sua gente».
È la novantunesima volta che il governo viene battuto
«È la 91esima volta che il governo é stato battuto dall’inizio della legislatura – ha commentato il responsabile d’aula della Camera per il gruppo del Pd, Erminio Quartiani – e la presenza in aula del presidnete del consiglio, che ha cercato di andare in soccorso alla sua maggioranza, rende questa sconfitta di un altissimo significato politico. Ma anche nel merito non si può sottovalutare che con la bocciatura dell’articolo 1 del rendiconto generale dello stato vengono meno tutti i conti dell’amministrazione pubblica e delle sue aziende. In piena crisi economica, la maggioranza non riesce a difendere la propria politica economica».
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