Menu

Il 15 ottobre nel mondo

*****

Londra

Julian Assange si è unito a sorpresa alla manifestazione degli indignados a Londra, che si tiene in contemporanea con quella di Roma e di tante altre piazze del mondo. I manifestanti si trovano davanti alla cattedrale di St. Paul nel cuore della City. Il sito web del Guardian riferisce che inizialmente il fondatore di Wikileaks è stato fermato da parte dalla polizia, che gli ha intimato di non indossare una maschera per rendersi irriconoscibile.

«Questo movimento non è per la distruzione della legge, ma per la costruzione della legge» ha detto il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, che con un megafono ha arringato la folla degli «indignati» britannici, nel giorno della mobilitazione mondiale del movimento, davanti al sagrato della cattedrale di St. Paul’s.

*****

da “il manifesto”

Piazza Syntagma non si spegne mai

ATENE
Gli «indignati» greci hanno tirato un grande sospiro di sollievo ieri sera quando la gente ha cominciato ad affollare piazza Syntagma di fronte al parlamento. Il cielo minacciava burrasca e la manifestazione, convocata troppo velocemente, rischiava di contare un’esigua partecipazione. Atene invece ha risposto. La durezza dei tagli in Grecia ha superato i termini della politica convenzionale e ne ha accelerato ritmi e procedure. La gente risponde quasi meccanicamente agli inviti a protestare, occupare, resistere.
«Qui non è Wall Street. Qui i banchieri hanno mangiato già una grossa parte della società. Il Portogallo cominciano ora a capire che significa Memorandum. Domani lo capiranno in Spagna e Italia. Se riusciranno a massacrare noi non risparmieranno nessuno. E perché? In Grecia siamo in piazza da quasi due anni e ci saremo per tanti altri ancora», diceva la disoccupata Elini Kantalifou, esprimendo il senso comune della maggioranza dei greci: si sentono come animali in gabbia per la distruzione dello stato sociale e la democrazia in Europa.
Gli statali hanno cominciato per primi ieri mattina a riempire la piazza ma non per «manifestare». Si è trattato piuttosto di un’assemblea a cielo aperto per decidere le forme di lotta contro la politica antisociale di Papandreou e della troika. La piazza si è trasformata in un vero laboratorio di resistenza sociale dove vige la solidarietà tra le diverse organizzazioni dei lavoratori e dove ognuno rispetta con gelosia la sua autonomia.
Indignati, sindacati, partiti e organizzazioni di sinistra, le più varie associazioni e i collettivi vedono ogni giorno nuove crepe nella maggioranza, sempre più esigua, di governo. Papandreou deve infatti contare di nuovo i suoi deputati che giovedì saranno disposti a votare il massacro della società greca, deciso a Berlino e Bruxelles, tagliando il debito e concedendo nuovi prestiti. Per quella data Gsee e Adedy, i sindacati del settore pubblico e privato, sciopereranno per 48 ore contro i nuovi durissimi tagli e licenziamenti.
Tv e radio pubbliche a lavoro
I giornalisti e i lavoratori di radio e televisione pubblica, reduci da due giorni di sciopero, ieri sono tornati a lavorare per garantire la trasmissione della manifestazione a piazza Syntagma in diretta e attraverso la rete. Torneranno a incrociare le braccia martedì per protesta contro i tagli dei loro stipendi, l’abolizione de facto del loro contratto collettivo e i licenziamenti.
Motociclisti a Salonicco
Decine di migliaia di persone si sono concentrate anche a Salonicco, il tempo faceva scherzi pure qui ma l’affluenza non ha deluso gli indignati. «La gente ha cominciato a venire guardando le nuvole al cielo», ha detto Nikos Gianopoulos che lavora nella sanità e insieme ai suoi colleghi si batte contro i tagli e per la difesa del carattere pubblico delle prestazioni negli ospedali.
Il numeroso collettivo «Motociclisti in Azione», semplici motociclisti e fanatici bikers, ha organizzato una marcia con centinaia di moto nel centro di Salonicco. «È arrivato il tempo per tutti noi di far parte di una globale e pacifica contestazione. Uniti con una voce non lasceremo che i politici e le élite economiche facciano quello che vogliono. Non siamo merci nelle mani dei politici e dei banchieri, che non ci rappresentano», si legge nel loro comunicato.
A Salonicco, la seconda città della Grecia, il clima è acceso: sono state occupate le sedi dei comuni mentre i lavoratori dell’Eya hanno deciso di murare l’entrata dell’impresa dell’acqua cittadina.
Unità nazionale contro i rifiuti
Le montagne di rifiuti in tutta la Grecia sono diventate il punto di scontro tra il sindacato Poe-Ota dei lavoratori dei comuni e il governo, che ha mobilitato la polizia per aprire le discariche affidando ai privati il trasporto della spazzatura e minacciando di licenziare il personale degli enti pubblici. Tutto questo impugnando una una legge del 1940, che prevede l’utilizzo della magistratura. Per il momento quasi 60 camion dei rifiuti di privati, scortati dalle macchine della polizia, hanno cominciato a ripulire la capitale. I lavoratori degli enti pubblici saranno in sciopero fino a giovedì prossimo, lo scontro con il governo è molto aspro. La conservatrice Dora Mpakogiani-Mitsotaki, ex sindaco di Atene, ministra di Nuova Democrazia e leader oggi del piccolo partito Alleanza Democratica, ha dato una mano a Papandreou con durissime dichiarazioni contro il presidente del sindacato di Poe-Ota.
Una seconda mano al premier è arrivata direttamente dalla Nuova Democrazia, che non solo ha attaccato il presidente dello stesso sindacato ma ha anche espulso dal partito conservatore Thimios Limperopoulos – presidente del sindacato dei tassisti Sata e membro della Commissione Politica di Nuova Democrazia – per le sue dichiarazioni contro un funzionari dell’Ente di Previdenza e il ministro dei Trasporti. I tassisti non hanno fatto aspettare Samaras, il leader di Nuova Democrazia, immediatamente in più di 50, armati di macchine, sono scesi in piazza per protestare fuori della sede del partito in viale Syggrou.
Il dopo Papandreou
I partiti conservatori, mentre tentano di contenere le ondata di proteste, si preparano a sostituire Papandreou alla guida del governo e nei tagli. Mpakogiani-Mitsoktaki ha chiesto ieri la formazione di un governo di unità nazionale con la partecipazione di tre ex primi ministri, il socialista Simitis, il conservatore Karamanlis e il conservatore Mitsotakis, suo padre (!), visto che Papandreou e Samaras non si decidono a formare un governo insieme.
Ieri una busta con tre pallottole è stata recapitata nella sede centrale del Pasok con un avvertimento: «ce ne sono anche altre per i deputati traditori».
*****

Un fiume in piena di Indignados dalle periferie al centro di Madrid
Jacopo Rosatelli MADRID Marciano i docenti delle scuole pubbliche, disoccupati, anarchici e comunisti. Contro Zapatero ma anche Rajoy

MADRID
Una manifestazione enorme, pacifica, allegra. Il centro di Madrid é un fiume di persone di ogni età, alimentato dai sei affluenti che hanno attraversato l’intera città partendo dalle periferie alle prime ore del pomeriggio. Intorno alle 18, la Plaza de Cibeles, tradizionale punto d’incontro per festeggiare i tronfi del Real Madrid è piena come se le merengues avessero vinto la Champions League. Migliaia di cartelli, bandiere, striscioni dimostrano l’estensione e la varietà del movimento 15-M, capace di attrarre rivendicazioni e istanze di differenti settori sociali. Colpisce a occhio nudo la presenza di magliette verdi, simbolo della lotta dei docenti delle scuole pubbliche contro le politiche del Governo regionale del Partido Popular. Tagli degni di Mariastella Gelmini, che anticipano quello che potrà riservare il futuro prossimo a tutto il paese, se i conservatori di Mariano Rajoy vinceranno le elezioni poliitche del prossimo 20 novembre. Ciò che tutti i sondaggi lasciano immaginare. Raquel, insegnante 35enne, é convinta che questo non sia che l’inizio: «dobbiamo prepararci a resistere. Vogliono privatizzare la scuola pubblica e non possiamo accettarlo». Lei e i suoi colleghi riconoscono che il movimento degli indignados è stato determinante per cominciare la loro lotta, che ha collezionato dall’inizio dell’anno scolastico già diverse giornate di sciopero.
La fame privatizzatrice dei popolari al governo della Comunità autonoma madrilena, che riguarda anche la sanità e l’acqua, ritorna in moltissimi slogan. Ma non viene certo risparmiato il Partito socialista del premier Zapatero, visto come esecutore obbediente dei «ricatti» della Banca Centrale Europea. La recente riforma costituzionale relativa al cosiddetto «equilibrio di bilancio», realizzata grazie ad un accordo dei due maggiori partiti, è così tradotta in molti adesivi: «articolo 135, la sovranità appartiene ai mercati».
Molte bandiere della Seconda Repubblica, insolito per un appuntamento del movimento degli indignados; novità ancora maggiore, si vedono anche insegne del Partito comunista, parte integrante di Izquierda unida, da cui si può evincere, forse, un inizio di «disgelo» fra esperienze politiche tradizionali e movimento 15-M. Hanno annunciato la loro presenza anche i dirigenti del neonato partito ecologista Equo, che aspira a raccogliere consensi con un messaggio simile ai Verdi tedeschi della prima ora. Significativa è la componente libertaria: Alex, che regge lo striscione del movimento di Velilla, paesino alle porte di Madrid, è tra quelli che si autodefinisono anarchici. Ha 28 anni, vive con i genitori perchè non può permettersi altro: è disoccupato e da alcuni mesi non riceve più nessun sussidio. «Il movimento del 15-M è aperto a tutti. Le differenze ideologiche non sono un ostacolo per collaborare».
A confermare le sue parole, a qualche passo di distanza, c’é Diego. 32enne, anche lui disoccupato. «Lavoravo come tecnico audio-video in un’impresa che riceveva soprattutto commesse pubbliche: eravamo in 15, adesso sono rimasti in 8. Malgrado tutto, non mi sento di dare la colpa al governo socialista: ho votato il PSOE e non mi sento tradito. La crisi è globale e credo non avessero spazi di manovra». Sfila il gruppo degli indignados omosessuali a ricordare che «non ci puó essere un cambiamento senza un modo diverso di considerare i rapporti tra i generi». E a testimonianza di una mobilitazione di rilievo globale ci sono una delegazione di rappresentanti del popolo mapuche del Cile, simbolo delle lotte dei popoli indigeni di tutta l’America latina, e un folto gruppo di avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani dei migranti. Luz è la loro portavoce: «siamo qui per chiedere la chiusura dei Centri di permanenza temporanea, in Spagna e ovunque». A sera, in migliaia continuano a sfilare e nellaPuerta del Sol è ormai impossibile entrare. Cinque mesi dopo quel 15 maggio, la sensazione che si stia scrivendo un’altra pagina di storia è palpabile. E l’orgoglio degli indignados madrileni pienamente giustificato.
*****

10 mila in marcia nella capitale Ue

BRUXELLES
Sono arrivati in duemila da Francia e Spagna, con una carovana partita a piedi da Barcellona e che è arrivata a Bruxelles dopo venti giorni e una tappa a Parigi per raccogliere altri partecipanti. A loro si sono aggiunte altre migliaia di persone arrivate da Olanda, Germania e Gran Bretagna (questa volta non a piedi) e che hanno voluto manifestare la loro indignazione nel cuore dell’Europa, in quella che è la sua capitale. A Bruxelles la protesta è arrivata ai palazzi delle istituzioni europee e ha sfilato davanti alla Borsa e all’ambasciata americana, presidiate da un nutrito schieramento di forze dell’ordine (che non è servito a nulla). Non è stata la manifestazione più grande tra quelle europee (almeno 10 mila le persone scese in piazza), ma tutto va visto in proporzione: non era la principale nel continente, gli organizzatori si aspettavano la metà dei partecipanti, ma le «delegazioni» di indignados arrivate fin qui da tutta Europa l’hanno resa quella più internazionale e simbolicamente più interessante.
Il corteo, partito dalla Gare du Nord e conclusosi al Parco del Cinquantenario, giusto dietro gli edifici di Consiglio e Commissione Ue, è stato pacifico, rumoroso e colorato, con slogan contro lo strapotere dei grandi conglomerati finanziari e in favore del recupero di una vera dimensione democratica.
Nei giorni scorsi aveva suscitato polemiche l’uscita di un video che immortalava un poliziotto mentre sferrava un calcio in faccia a una ragazza greca durante un’azione alla sede della Dexia, la banca franco-belga nazionalizzata dal governo di Bruxelles per evitarne il default. I manifestanti volevano tenere un’assemblea all’interno della banca, mercoledì scorso, ma erano stati bloccati dall’intervento degli agenti, uno dei quali aveva poi «ecceduto» ed era stato ripreso da una telecamera. Per la cronaca, il poliziotto violento è stato immediatamente sospeso dal servizio.
*****

GLI ANTI-WALL STREET hanno marciato ieri a New York davanti alle sedi di Chase Bank provando a entrare in massa per chiudere i conti correnti. In migliaia hanno sfilato sui marciapiedi vicino a Liberty Plaza con striscioni, megafoni e tamburi, prendendo di mira Obama («Fai qualcosa!») e gli squali della finanza. Altri eventi hanno coinvolto varie zone della città, da Downtown a Washington Square. E alla fine tutti a occupare Times Square
«SIAMO IL 99%»,hanno gridato centinaia di manifestanti che ieri a Sydney hanno pacificamente circondato il quartier generale della Reserve Bank of Australia prendendosela col «capitalismo che uccide la nostra economia». A Tokyo 300 persone hanno sfilato per le vie del centro con cartelli inneggianti agli anti-Wall Street e contro il nucleare. Sit-in di protesta anche ad Hong Kong dove 200 giovani si sono radunati rumorosamente nella City.
A BELGRADO indignati in piazza non lontano dal parlamento, in sintonia con il movimento mondiale di protesta contro la crisi. Corteo anche nel centro di Zagabria al grido di «la solidarietà è il nostro potere». In Croazia altre manifestazioni si sono tenute a Spalato, Fiule e Pola. Centinaia di dimostranti hanno sfilato anche a Sarajevo e nella capitale del Montenegro, Podgorica. Tutti i raduni sono stati pacifici e non si sono registrati incidenti.

 

SPAGNA: Decine di migliaia di ‘indignati’ spagnoli sono tornati in piazza a Madrid, dove il movimento e’ nato lo scorso maggio per poi diffondersi in tutto il mondo. Cinque cortei partiti da quartieri periferici sono confluiti a fine giornata verso la Puerta del Sol, punto di partenza simbolico del movimento che la occupata per un mese la scorsa primavera.

FRANCOFORTE: Oltre 5.000 persone hanno manifestato pacificamente a Francoforte, al grido di “Non svendiamo la democrazia alla Bce!”, davanti all’edificio della Banca centrale europea, definita dagli ‘indignati’ simbolo di un sistema finanziario “irresponsabile” ed incapace di gestire la crisi.

NUOVA ZELANDA: Migliaia di persone hanno marciato ad Auckland urlando slogan contro le grandi corporazioni. Analoghe manifestazioni anche nella capitale Wellington.

AUSTRALIA: A Sydney circa duemila persone, tra cui alcuni aborigeni, hanno manifestato davanti alla Banca centrale.

GIAPPONE: A centinaia in marcia a Tokyo, per una protesta che comprende anche gli antinuclearisti.

FILIPPINE: A Manila un piccolo gruppo di manifestanti si è diretto verso l’ambasciata americana urlando slogan contro”l’imperialismo americano.

TAIWAN: Un centinaio di persone hanno occupato simbolicamente il grattacielo Taipei 101, sede della Borsa.

TEL AVIV: Alcune centinaia di persone sono sfilate a Tel Aviv senza incidenti, ma in tono minore rispetto alle manifestazioni svolte in Israele negli ultimi mesi.

MONTREAL: Alcune centinaia di ‘indignati’ hanno piantato le tende a Victoria Square, nel centro della città.

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *