Rispettata la tempistica prevista. La Camera approva la legge di stabilità e apre la successione. Il Cavaliere sale al Quirinale alle 20.30 per la consegna delle dimissioni formali. La cosa si è prolungata un po’ oltre il previsto, probabilmente perché Berlusconi era alla ricerca di qualche “garanzia” dell’ultimo minuto. Ma alla fine il gesto più incerto – molto relativamente – di tutta la procedura concordata tra Napolitano e le “istituzioni internazionali” (le sue dimissioni) è stato compiuto: Berlusconi si è dimesso.
Un’epoca si è chiusa definitivamente, ma lascia alle sue spalle rovine. La pù grande rovina è il modo in cui è caduto: per mano dei “mercati”, non per azione popolare. I primi hanno la “golden share” del regime nuovo da costruire. La folla che gioisce, comprensibilmente, non riesce ancora a capire che sta applaudendo quelli che da qui a qualche giorno si riveleranno essere i loro peggiori nemici. Se è un 25 aprile, lo è senza la Resistenza. La Costituzuone che ne verrà fuori non comprenderà le classi subalterne. Questo è scritto nella “lettera della Bce” che ha messo in moto la valanga che è arrivata al traguardo stasera.
Un pensiero a tutta quella gente che gridava “siamo liberi” senza pensare che da domani sarà governata da un potere incontrollabile e non condizionabile con la mobilitazione popolare, che applicherà decisioni prese altrove e che scaricano su di loro il peso di una “ristrutturazione” del modello sociale mai vista prima. Gridare siamo liberi nel momento in cui tutto il mondo ti sta dicendo che sei sotto controllo. Questa tragedia delle coscienze è una delle sciagure pià enormi che ci lascia il berlusconismo.
Monti, per tutto il giorno, ha condotto le consultazioni come se fosse già il premier incaricato. Ma l’annuncio ufficiale arriverà domani sera.
Le auto con a bordo il presidente del Consiglio e quelle con i ministri hanno imboccato via del Tritone e non via del Corso dove tanta folla ostruisce il passaggio proprio davanti alla Galleria Colonna. La macchina del premier è stata preceduta da un’altra sulla quale era a bordo il ministro delle Infrastrutture Matteoli, ed è stata seguita da un’altra vettura sulla quale si trovava il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni.
C’è grande attesa davanti al Quirinale per l’arrivo di Silvio Berlusconi. Nella piazza si sono riunite centinaia di persone che si sono date appuntamento tramite un tam tam di sms e messaggi su facebook, per «festeggiare» quella che definicono una «liberazione». In piazza c’è un’orchestrina che si sta preparando ad accogliere Berlusconi eseguendo l’alleluia di Hendel. «Siamo qui per festeggiare – dicono Camillo D’Angelo e Maria Luisa, venuti appositamente da Pescara – la liberazione da Berlusconi. Questo è un momento storico, non potevano mancare». Dello stesso parere Leonardo Di Conzo, che aggiunge: «anch’io sono qui per la festa. Oggi è il giorno della nostra liberazione»
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La sintesi politica secondo le agenzie:
Silvio Berlusconi si è dimesso da premier, in un susseguirsi di eventi incalzante e a tratti drammatico: la colazione a Palazzo Chigi dove Mario Monti ha di fatto respinto ad una ad una le richieste del Cavaliere per dare il suo ok ad un esecutivo tecnico, l’ultimo brindisi da premier con la sua maggioranza dopo il voto alla Camera sulla legge di stabilità, il consiglio dei ministri per annunciare le dimissioni, le contestazioni della piazza, l’ufficio di presidenza con un partito in rivolta che dice un sì (anche se condizionato) a Monti. E infine le dimissioni al Quirinale, nella mani del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E l’uscita dal palazzo del Colle da un ingresso secondario.
La prima tappa è stata quella che, a catena , ha poi condizionato tutte le altre. Nel pranzo con Monti, Berlusconi ha cercato di mettere paletti, chiedere garanzie sulla giustizia e su un governo con un preciso programma legato alla lettera alla Bce. Un esecutivo fatto anche da politici, con dentro Gianni Letta, che si impegni a non metter mano alla legge elettorale e a nuove leggi sulle tv. Ma Monti è stato tanto cortese quanto fermo: niente diritto di prelazione sulla scelta del Guardasigilli (Berlusconi aveva indicato Nitto Palma o il magistrato Iannini, moglie di Bruno Vespa), un prendere o lasciare su una squadra tutta tecnica e da decidere senza condizionamenti: ministri e sottosegretari. E un no rotondo anche alla presenza di Letta, il boccone più indigeribile dal Cavaliere che dal sottosegretario si sarebbe sentito garantito.
A mani praticamente vuote il Cavaliere ha affrontato a quel punto Umberto Bossi, in un drammatico scontro durante il quale il premier ha cercato in ogni modo di respingere le accuse del Senatur e di convincerlo, senza successo, a non spaccare l’alleanza e ad appoggiare Monti. Circondato da molti di quelli dai quali si sente ‘tradito’, un Berlusconi dalla mascella sempre più serrata si è presentato in Aula alla Camera, nel suo ultimo giorno da premier. E ha lasciato a bocca asciutta le molte parlamentari che volevano sostenerlo, abbracciarlo o consolarlo, andandosene di corsa a Palazzo Chigi per un consiglio dei ministri lampo.
Ancora amarezza, per il premier, nel breve tragitto tra la sede del governo e la sua residenza romana, in mezzo alle contestazione della folla. E infine il teso ufficio di presidenza durante il quale Berlusconi si è trovato di fronte ad un partito lacerato, al quale ha promesso in tutti i modi che se per senso di responsabilità si dovrà camminare per forza sulla strada del governo Monti (e non andare al voto come chiede metà Pdl) lo si farà almeno con onore e ponendo condizioni.
Prima di salire a dimettersi al Colle, ancora contestato dalla piazza, il Cavaliere ha promesso che si batterà per un governo tecnico ma con un preciso programma ricalcato sugli impegni presi nella lettera all’Europa e alla Bce, con dentro Gianni Letta. Un governo con una scadenza, ha cercato di rendere meno dura la resa ai suoi il Cavaliere, «al quale in ogni momento saremo liberi di staccare la spina».
‘ultima battut di un potente cui hanno già staccato la spina….
A confermarlo, pochi minuti dopo, un parere decisamente importante. Il presidente americano Barack Obama ha accolto con favore i cambiamenti politici in Italia Grecia, parlando di «sviluppi positivi» nei due paesi europei. Rispondendo alle domande di uomini d’affari al summit Asia-Pacifico di Honolulu, il capo della Casa Bianca ha affermato che i leader di questi due paesi stanno dimostrando il loro impegno per «riforme strutturali» che dovrebbero dare fiducia agli investitori, riferiscono i media americani.
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