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Mani in alto! La pensione o la vita!

Nel calcolo c’è anche un po’ di vendetta contro la generazione dal ’68 al ’77, quella che ha allargato al massimo la sfera dei diritti sondacali e sociali, sovvertendo decenni di subordinazione al padrone e al perbenismo.

Le voci si rincorrono, in attesa della “rivelazione” attesa per lunedì 5, quando Mario Monti metterà in chiaro e in forma defintiva ciò che al momento viene preparato dai team dei tecnici ministeriali e accennato, a spizzichi e bocconi, a questo o quel leader dei partiti che dovranno assicurare un voto rapido in Parlamento.

Una cosa è infatti certa: non ci sarà alcuna discussione politica, nessuna mediazione con le parti sociali. La parola d’ordine è “fare presto” e qualsiasi tentennamento farebbe piombare nella palude della contrattazione consociativa (lenta, involuta, compromissoria per antonomasia) un governo nato proprio perché fosse libero da queste “ritualità” – come le ha definite lo stesso Monti – incompatibili con i diktati della troika (Bce, Ue e Fmi) e soprattutto la rapidità d’azione dei “mercati”.

Gli articoli che qui riportiamo non lasciano spazio alle interpretazioni. Qualche dubbio ci può essere soltanto per i due o tre scaglioni di età che dovranno andare in pensione nei prossimi due o tre anni. Qui, tra ritardi, contributivo, “finestre mobili” trasformate in “fisse”, “quote” formate dalla somma di età anagrafica e contributiva, può accadere ancora di tutto. Ma con variazioni tutto sommato limitate, per quanto molto sgradevoli per quanti – da dieci anni a questa parte – vedono slittare di anno in anno il limite agognato per il meritato ritiro.

Per le generazioni successive (dagli ultra-cinquantenni in giù) il percorso appare decisamente segnato: lavorare sempre, fino all’ultimo istante di di vita e all’ultima stilla di energia. Sempre che ci sia un imprenditore – raro – disposto a tenersi dei vecchietti a ostacolare la “velocità flessibile” della produzione “snella”. Da queste fasce d’età, soprattutto, sarebbe levito aspettarsi una reazione immediata, forte, all’altezza della sfida e dell’insulto che i “poteri forti” stanno per sbattere in faccia a tutti noi.

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da Il Sole 24 Ore

Donne subito in pensione a 62-63 anni. Soglia di vecchiaia degli uomini a 66-67 anni

ROMA. Contributivo pro rata per tutti dal 2012. Innalzamento immediato dell’età pensionabile delle donne a 62-63 anni per giungere progressivamente nel 2016 o nel 2018 all’equiparazione della soglia di vecchiaia per gli uomini che dovrebbe salire da 65 a 66-67 anni. Obbligo della maturazione di almeno 20 anni di contribuzione per tutti i trattamenti. Blocco parziale (salve le fasce deboli) della rivalutazione degli assegni sulla base dell’inflazione. Graduale innalzamento dell’aliquota contributiva degli autonomi di 1-2 punti. Il piano organico per completare, nel segno dell’equità attuariale e del rigore, la riforma delle pensioni è ormai pronto, come ha lasciato intendere lo stesso ministro del Lavoro, Elsa Fornero, da Bruxelles. Anche se alcune tessere del mosaico sembrano essere ancora ballerine. A cominciare da quella sull’abolizione delle anzianità per la quale restano ancora in campo due ipotesi.

La prima opzione, che allo stato attuale sembra essere quella più gettonata, prevede il superamento integrale dei pensionamenti di anzianità attraverso l’introduzione di quello che a regime dovrebbe diventare il sistema unico per i pensionamenti di tutti i lavoratori: uscite da un minimo di 66-67 anni (la soglia di riferimento della vecchiaia) a 70 anni, con eventuali disincentivi per chi, almeno nella prima fase, esce con 63, 64 e 65 anni. Sotto l’asticella dei 63 anni dovrebbero essere consentiti soltanto i pensionamenti ancorati esclusivamente al canale contributivo (a prescindere dall’età anagrafica) che salirebbe però dagli attuali 40 anni +1 (per effetto della finestra unica) a 41+1, ovvero a 42 anni. Una corsia preferenziale verrebbe assicurata ai lavoratori impiegati in attività usuranti per i quali rimarrebbe in vigore il meccanismo della quota (somma di età anagrafica e contributiva) che da 94 lieviterebbe però a 97.

L’innalzamento della soglia contributiva dei 40 anni a 41-42 anni, alla quale sono collegati circa due terzi delle pensioni di anzianità (si veda l’articolo a pag. 6), non piace ai sindacati, che continuano a chiedere al governo l’immediata apertura del confronto. Ma anche l’opzione alternativa per frenare le anzianità, congegnata dai tecnici del Tesoro, non è in linea con le richieste di Cigl, Cisl e Uil: passare dall’attuale quota 96 a quota 100 entro il 2015, possibilmente vincolando a questo meccanismo anche le uscite anticipate con il solo canale contributivo (“60+40”). Al di là di quella che sarà l’opzione scelta dal Governo, non è comunque da escludere del tutto che, alla fine, il requisito dei 40 anni possa rimanere invariato.

In ogni caso la riforma sarà varata lunedì assieme alla manovra. «Il governo ha in preparazione, e verosimilmente sarà annunciata nei prossimi giorni, una riforma incisiva ma che rispetta il principio dell’equità tra le generazioni», ha detto la Fornero dopo un incontro con i ministri del Lavoro europei.

Il ministro, che si dice pronto al confronto con le parti sociali, ha confermato che il perno del suo piano è l’estensione a tutto campo del metodo contributivo pro rata: «Le eccezioni saranno fatte verso il basso e non verso l’alto». Fornero ha poi detto che il pacchetto destinato ad approdare lunedì al Consiglio dei ministri potrebbe prevedere anche «l’accelerazione di alcuni sentieri di adeguamento sull’età delle donne che già erano stati adottati dal governo precedente con una lunghezza che oggi non è più consentita». In altre parole il passaggio dai 60 anni a 67 anni dal 2014 al 2026 verrebbe velocizzato e corretto: 62-63 anni subito per poi salire a 66-67 anni entro il 2016 o 2018). Progressivo sarà anche l’aumento delle aliquote degli autonomi: ritocchi dello 0,2-0,4% ogni 6-12 mesi, che a regime dovrebbero garantire 1-1,2 miliardi.

Complessivamente l’intervento sull’età pensionabile miscelato al contributivo per tutti dovrebbe valere a regime oltre 15 miliardi, almeno 2-3 nella prima fase (tra il 2012 e il 2014). Dallo stop parziale delle perequazioni arriverebbero 1,5-2 miliardi (5-6 miliardi nel caso di un blocco totale).

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Pensioni, piano da 5-7 miliardi

di Davide Colombo e Marco Rogari
ROMA. Un intervento complessivo in un’unica soluzione. Il piano sulle pensioni, a meno di sorprese dell’ultima ora, confluirà integralmente nel decreto sulla manovra che sarà varato lunedì. La crisi che attanaglia il nostro Paese e tutta l’Eurozona e la necessità di dare risposte immediate e credibili ai mercati avrebbero indotto il premier Mario Monti e il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, a rinunciare al percorso in due tappe (misure urgenti subito, riforma strutturale tra dicembre e gennaio) che era stato immaginato finora. Lo stesso premier appellandosi da Bruxelles al senso di responsabilità delle parti sociali e dei partiti è stato chiaro: le riforme strutturali, pensioni comprese, saranno varate subito. Il pacchetto organico oscillerebbe, al momento, tra i 5 e i 7 miliardi per la sua prima fase di attuazione, che in gran parte verrebbero utilizzati per alleggerire il carico fiscale e contributivo sul lavoro e per agevolazioni di varia natura e non per fare cassa.

Ma le continue rimodulazioni delle varie opzioni sul tappeto potrebbero modificare l’impatto del capitolo previdenziale. Ultima, in ordine cronologico, quella relativa al superamento dei pensionamenti di anzianità con il solo canale contributivo dei 40 anni: all’ipotesi di far salire l’asticella a 41-43 anni si aggiunge ora quella di sommare al requisito contributivo anche quello anagrafico dei 60 anni per raggiungere quota 100 subito o, più probabilmente, nel 2015.

Con quest’ultima opzione le uscite per anzianità per la sola via contributiva (oggi svincolate da requisiti anagrafici), che rappresentano circa due terzi dell’intero bacino dei trattamenti anticipati, non sarebbero più possibili prima di aver compiuto 60 anni. Una sorta di quota 100 bloccata, sostanzialmente in linea con le indicazioni della Ragioneria generale dello Stato, che ha sempre suggerito un’accelerazione del sistema delle quote (somma di età anagrafica e contributiva) per giungere alla rapida eliminazione delle anzianità.

L’eventuale quota 100 per il solo canale contributivo lascerebbe comunque aperta la strada anche al ricorso del meccanismo flessibile di uscite (con forbice da 63 a 68, o 70, anni e un dispositivo di incentivi-disincentivi) per superare i trattamenti anticipati svincolati dai 40 anni di contribuzione e quelli di vecchiaia. Una soluzione che non sarebbe sgradita al Pd e ai sindacati e che si sposerebbe meglio con l’adozione del contributivo per tutti, in forma pro rata, che dovrebbe scattare dal 1° gennaio 2012. Questa misura, fortemente voluta dalla Fornero, nei primi primi due o tre anni di attuazione garantirebbe pochi risparmi che diventerebbero però più consistenti a regime (1,5-2 miliardi).
Con l’intervento sulle anzianità e sull’età pensionabile verrebbero invece recuperati subito 1,5-2,5 miliardi. Dai 2 ai 6 miliardi (a seconda della modulazione) arriverebbero dal blocco, totale o parziale, di almeno un anno del recupero dell’inflazione sui trattamenti. Un intervento, quest’ultimo, su cui starebbero effettuando le loro valutazioni i tecnici del ministero del Lavoro e dell’Inps.

Il pacchetto-previdenza dovrebbe prevedere anche l’innalzamento di 1-2 punti delle aliquote contributive dei lavoratori autonomi (commercianti e artigiani) con cui verrebbero recuperati da 800 milioni a 1,2 miliardi. Un intervento che rappresenterebbe il primo passo in direzione dell’armonizzazione delle aliquote contributive per poi giungere, a regime, a un loro riallineamento verso il basso. Non è escluso un mini-contributo di solidarietà sui cosiddetti fondi con trattamenti privilegiati (piloti, elettrici, dirigenti). Con il decreto potrebbe anche essere avviato il processo di accorpamento degli enti previdenziali in due grandi istituti (un super-Inps previdenziale e un polo assicurativo), collegato alla spending review prevista dalla manovra di Ferragosto.

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