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Requisiti i farmaci di un’azienda lombarda, li stava esportando negli Stati Uniti

Il commissario straordinario all’emergenza covid-19, Domenico Arcuri, in accordo con il ministro della Salute, Speranza, e il ministro per gli Affari regionali, Boccia, ha disposto la requisizione di un farmaco ritenuto essenziale nell’affrontare l’emergenza Covid-19, e in particolare per mantenere sedati i pazienti intubati in terapia intensiva.

Il commissario è ricorso alla requisizione una volta appresa la notizia che un’azienda italiana produttrice del farmaco in Lombardia, stava per esportarlo negli Stati Uniti.

“La profondità e le dimensioni dell’emergenza – ha commentato Arcuri – richiedono infatti la partecipazione di tutta l’industria farmaceutica italiana e l’utilizzo della totalità delle opzioni disponibili nell’interesse dei pazienti, con il fine primario che tutti dobbiamo condividere, di fare ogni sforzo per la loro guarigione. Desidero esprimere il mio ringraziamento all’Arma dei Carabinieri per la tempestività e l’efficacia dell’intervento. Il farmaco sarà immediatamente distribuito agli ospedali che ne hanno bisogno”.

Al momento non è stato reso noto il nome dell’azienda lombarda sottoposta a requisizione.

La misura adottata dal governo è, in questo caso, del tutto apprezzabile: ha agito per il benessere collettivo dandogli priorità rispetto agli interessi privati. E’ vergognosamente evidente come molte imprese private, anche e soprattutto nel settore farmaceutico, stiano approfittando della pandemia per aumentare in modo esponenziale i propri affari e i propri profitti.

Ma se in Italia è solo il secondo caso emerso in questi giorni – dopo quello di una azienda bresciana (anch’essa ha esportato negli Usa un grande quantitativo di tamponi) – la contraddizione tra interessi privati e interessi collettivi si ripresenta in modo ancora più dirompente nel paradiso del “Big Pharma” cioè gli Stati Uniti, non a caso destinatari delle esportazioni di queste due aziende italiane.

La giornalista Sharon Lerner ha condotto una serie di inchieste su The Intercept, partendo dalla situazione degli Stati Uniti di Trump, dove il problema si sta riproponendo con forza, anche dopo il recente vertice tra Trump e gli amministratori delegati di Big Pharma, cioè le maggiori multinazionali farmaceutiche del mondo.

“La capacità di fare soldi con i prodotti farmaceutici è già straordinariamente grande negli Stati Uniti – scrive la Lerner – paese dove mancano controlli di base sui prezzi e viene data alle compagnie farmaceutiche più libertà nel fissare i prezzi dei loro prodotti rispetto a qualsiasi altra parte del mondo. Durante l’attuale crisi, i produttori farmaceutici potrebbero avere ancora più margine di manovra del solito in un pacchetto di spesa per coronavirus da $ 8,3 miliardi, passato la scorsa settimana, per massimizzare i loro profitti dalla pandemia”.

Alcuni membri del Congresso hanno scritto a Trump chiedendo di “assicurare che qualsiasi vaccino o trattamento sviluppato con i dollari dei contribuenti statunitensi sia accessibile, disponibile e conveniente”, un obiettivo che hanno affermato che non potrebbe essere soddisfatto “se le società farmaceutiche sono autorizzate a stabilire i prezzi e determinare la distribuzione, ponendo il profitto al di sopra delle priorità sanitarie”.

Una preoccupazione legittima, rinviata al m ittente dai repubblicani che si sono opposti all’aggiunta di un vincolo al disegno di legge che limiterebbe la capacità del settore di trarre profitto, sostenendo che avrebbe soffocato la ricerca e l’innovazione. E questo nonostante lo stesso Trump sia stato costretto a dichiarare lo stato d’emergenza sanitario in tutto il paese.

Alcuni esempi chiariscono la portata della posta in gioco. Tra i farmaci che sono stati sviluppati con alcuni fondi pubblici e sono diventati enormi guadagni per le aziende private figurano il farmaco per l’HIV AZT o il trattamento del cancro Kymriah, che la multinazionale Novartis ora vende per $ 475.000. C’è il farmaco antivirale Sofosbuvir, utilizzato per il trattamento dell’epatite C, che deriva da ricerche chiave finanziate dal National Institutes of Health (pubblico). Il farmaco è ora di proprietà della multinazionale Gilead Sciences, che fa pagare $ 1.000 per pillola e la Gilead ha incassato $ 44 miliardi dal farmaco durante i suoi primi tre anni sul mercato.

Secondo la Lerner: “Diverse aziende, tra cui Johnson & Johnson, DiaSorin Molecular e Qiagen hanno chiarito che stanno ricevendo finanziamenti dal Dipartimento della sanità e dei servizi umani per gli sforzi relativi alla pandemia, ma non è chiaro se Eli Lilly e Gilead Sciences stiano usando i soldi del governo per il loro lavoro sul virus. Ad oggi, HHS non ha pubblicato un elenco di destinatari delle sovvenzioni. E secondo Reuters, l’amministrazione Trump ha detto ai principali funzionari sanitari di trattare le loro discussioni sul coronavirus come ‘top secret’”.

A fronte di questi dati sugli Stati Uniti (che sono però, come abbiamo visto, i destinatari dell’export di molte aziende farmaceutiche italiane) , la decisione presa dal governo di procedere alla requisizione di un farmaco prodotto da una impresa privata in Lombardia, assume una valenza significativa.

Stavolta il dettato della Costituzione ha agito concretamente.

 

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3 Commenti


  • Elfread

    …e voi avete anche mandato da bravi tutti i vostri tamponi lí… furbi!! evidentemente in tutta Europa non esiste un buon laboratorio medico di analisi… ???


  • Francesco Rondinelli

    BISOGNA PUBBLICARE I NOMI DELLE DITTE.


  • Giulio Bonali

    Da espropriare senza indennizzo (se le cose andassero come dovrebbero).

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