Il contributo del Collettivo del Politecnico di Torino ci aiuta a far luce sui convincimenti profondi di Francesco Profumo, ex rettore del Politecnico e neo ministro dell’Istruzione. Molto più competente della Gelmini, certamente (ma ci voleva poco). Ma anche molto più organico ai desiderata confindustriali.
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PROFUMO DI PRIVATI
Il nuovo esecutivo guidato da Mario Monti ha riscosso immediatamente fiducia da parte della società civile, soprattutto grazie all’infaticabile propaganda dei media (e del partito di Repubblica-La7 in particolare) che li ha presentati come i tecnici capaci che ci traghetteranno fuori dalla crisi, opponendoli agli incapaci politici che ci hanno fatto sprofondare in essa. Una delle figure maggiormente idealizzate è stata certamente quella del nuovo ministro del MIUR (Istruzione, Università, Ricerca) Francesco Profumo, ex-rettore del Politecnico di Torino. Ed è proprio sulla sua figura che intendiamo fare alcune riflessioni, basate sulla politica che il neo ministro ha attuato in questi anni di rettorato nel nostro ateneo.
Rettore dall’ottobre del 2005 fino alla recente nomina a ministro, in questi anni di governo Profumo ha trasformato il Politecnico in un’università-azienda, anticipando in gran parte gli effetti della tanto contestata (non da lui) riforma Gelmini, favorendo l’ingresso dei privati nel CdA e rincorrendo collaborazioni ed accordi con aziende di mezzo mondo: dalla FIAT a GM, da Eni a Google, da Motorola a Pirelli. La scelta di indirizzare in questo senso le politiche di ateneo è sempre stata motivata dalla garanzia di reperire nuove risorse per il Politecnico e dalla maggior facilità di inserimento degli studenti nel mondo del lavoro. In realtà conosciamo bene le storie di molti studenti appena laureati al Politecnico ed inseriti in queste grandi aziende, storie basate sulla solita dinamica di sfruttamento e precarietà senza alcun tipo di garanzie per il futuro. D’altra parte l’ingerenza dei privati nella gestione dell’ateneo non ha fatto altro che rendere tanto la ricerca quanto la didattica, degli strumenti utili all’acquisire conoscenze dirette ad incrementare unicamente il profitto privato, perdendo completamente di vista quello che, secondo noi, dovrebbe essere il ruolo di un’università: garantire una conoscenza libera finalizzata alla formazione individuale degli studenti ed una ricerca al servizio della società.
L’ateneo del neo-ministro è stato, insomma, il laboratorio d’avanguardia per l’attuazione della legge Gelmini, il modello a cui la riforma si è ispirata. A chi ha giovato tutto questo? Potremmo chiederlo al Dott. Marco Tomasi, uomo di fiducia di Profumo e direttore tecnico dell’ateneo, che è stato velocemente promosso a direttore generale del MIUR, o a Profumo stesso che ha recentemente ricevuto l’incarico di direttore del CNR. Di certo il ministro Gelmini che ha voluto premiare le loro “grandi capacità” del tutto affini al suo modello universitario. Già nel 2007, sotto la loro guida, l’Ateneo si impegnava ad investire nella ricerca applicata, attirando finanziamenti privati che attualmente superano per entità quelli pubblici, aprendo il CdA a membri esterni, chiudendo sedi decentrate, sopprimendo interi corsi di laurea ed imponendo una gestione aziendalistica che rappresenta il vero succo della Legge Gelmini. Questo processo è stato portato avanti ignorando la fortissima contestazione da parte di studenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo che si è ulteriormente inasprita l’anno scorso durante la mobilitazione nazionale contro la legge Gelmini. Proprio in questa occasione si è palesata tutta l’ipocrisia di un Profumo che, in difficoltà per l’inaspettata reazione soprattutto da parte della componente studentesca, non ha mai preso posizione in maniera chiara sulla riforma, sostenendola però nei fatti, negandosi al confronto con le altre componenti dell’ateneo, ostacolando noi studenti nel fare informazione in un momento così critico per l’università pubblica ed infine implementando la legge a tempo di record attraverso una commissione statuto costituita ad hoc, eliminando rappresentanti “scomodi”, benché democraticamente eletti, mantenendo i lavori nella più completa segretezza e approvando il nuovo statuto che non sarebbe mai passato se non grazie ad un infame pesatura dei voti (servivano 7 tecnici per pareggiare un ordinario).
L’idea di università di Profumo ha sempre ricalcato quella di Confindustria e delle grandi multinazionali e, del resto, lo stesso ex-rettore durante il suo mandato sedeva contemporaneamente nei CdA di Unicredit, Fidia, Telecom, Sole24Ore, Pirelli. Al discorso di apertura all’Aspen Institute (un istituto fondato da Rockefeller che si pone come obiettivo “l’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del Paese”, utilizzando un “metodo Aspen [che] privilegia il confronto ed il dibattito a porte chiuse e favorisce le relazioni interpersonali”) Profumo ha illustrato il suo modello di università: una rete di poche “university-research”, che offrono una formazione di eccellenza a costi impossibili per molti giovani, e una miriade di piccoli centri universitari, declassati ad istituti superiori, per la formazione di massa. Chi meglio di Profumo potrebbe essere ministro in questo governo tecnico? Di certo un uomo di scienza che eviterà gaffe su neutrini che attraversano fantomatici tunnel, ma che sarà efficientemente in grado di attuare il modello gelmini-confindustria in tutti gli atenei italiani.
Ecco perché la sua nomina ci preoccupa molto per il futuro dell’università pubblica: perché il modello-Profumo mira a separare una formazione d’élite da una di massa, concentrando le scarse risorse su pochi centri di eccellenza, scelti secondo criteri di merito non ben definiti, rendendo sempre più pesanti i finanziamenti, e quindi le ingerenze, dei privati, aumentando le tasse universitarie (il Poli è uno degli atenei che illecitamente eccede il limite del 20% del FFO), trasformando le università pubbliche in “fabbriche della conoscenza” alla mercé della grande imprenditoria.
Nell’ultimo anno lo abbiamo ascoltato più volte affermare che “la crisi è una grande opportunità perché ci obbliga a cercare nuove soluzioni per il progresso”: già, ma il progresso di chi? Di Unicredit, Telecom, Fiat; di chi durante il G8 university summit del 2009, mentre noi studenti venivamo manganellati per il solo motivo di avere un’idea diversa di università, era blindato assieme a lui a progettare questo meraviglioso (per loro) e distruttivo (per noi) futuro che ora diventerà un presente sempre più concreto.
Profumo prima di dimettersi come rettore ha inviato a tutti gli studenti una lettera di saluto e ringraziamento che a nostro avviso non può che far incazzare tutti gli studenti che, durante le mobilitazioni dello scorso anno, hanno provato inutilmente ad avere un dialogo con lui. Ci ha scritto di avere la “consapevolezza che gli studenti debbano essere ascoltati per poter cogliere le loro aspirazione e difficoltà. Nel tempo trascorso alla guida dell’Ateneo spero di aver avuto questa capacita’ di confronto e di ascolto”, ma nei fatti è sempre andato nella direzione contraria, ignorando tutto quello che avevamo da dire e soprattutto senza aver mai considerato lo studente un individuo con il diritto (forse più di altri) di prendere parte ai processi decisionali dell’ateneo. Profumo continua ancora “[spero di essere riuscito a] rendere il campus un luogo stimolante e piacevole in cui si formano giovani preparati e pronti per accedere al mondo del lavoro ma soprattutto cittadini del mondo.” In realtà il suo Politecnico, come tutte le aziende, alimenta una competizione sfrenata tra gli studenti che spesso imparano tra i banchi di questo ateneo a scavalcare ed ostacolare i proprio compagni per riuscire ad emergere: un modello che di certo non forma cittadini del mondo. Al contrario è durante i mesi di mobilitazione che abbiamo imparato tra di noi l’importanza della collaborazione, l’importanza del rendere il nostro ateneo un reale luogo di scambio di idee, un luogo dove la nostra conoscenza si è arricchita, discutendo non più soltanto dei nostri argomenti di studio ma della società intera. Solo così possiamo crescere come cittadini ed essere ingegneri e architetti migliori.
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LA VOLPE MARCHIONNE A GUARDIA DEL POLLAIO FIAT
MARCHIONNE E LE “SUE” REGOLE: MODERNIZZARE IL MODELLO DI LAVORO E DARE FORZA ALLA RETE VENDITA! (cfr.2010)
Nella giornata storica di presentazione della Fiat del futuro, poco più di un anno fa, Sergio Marchionne stimava al raddoppio, per la fine dei prossimi quattro anni, il fatturato del gruppo dando fiducia alla rete vendita dove prevedeva un rafforzamento dello “spirito competitivo spinto dalla forza della leadership”…..
Ascoltandolo sembrava che tutto dovesse volgere per il meglio ma, alla luce di quanto accade, dei comportamenti, delle decisioni e “delle prese di posizione” (per usare un eufemismo) assunte dal gruppo FIAT negli ultimissimi tempi ci siamo resi conto che, per quanto messo in opera e che risulta essere l’esatto contrario di quanto sbandierato fino a pochissimo tempo fa, questo era solo uno dei tanti proclami miranti a coprire una situazione oramai degenerata ed al contempo incancrenita nonché la fase finale di un ben articolato piano di fuga verso sedi più sicure ed inattaccabili in cui nascondere il bottino frutto di razzie perpetrate da decenni ai danni dei contribuenti italiani con la complicità di governi compiacenti.
Detto ciò e stanchi di essere depredati da questi spregiudicati nonché onnipotenti pseudo-capitani d’industria più equiparabili a moderni e spietati corsari dediti da decenni alle razzie delle casse statali oramai vuote ed avendo ben capito cosa significasse “modernizzare il modello di lavoro”, non ci resta che analizzare “Il Modello FIAT” per comprendere i meccanismi di “forza della sua rete vendita”.
Quindi, ecco il classico Concessionario, figura questa che, pur conservando la definizione, con l’aggiornamento delle direttive europee assume più precise caratteristiche quale rappresentante fiduciario del marchio, dopodiché vi troviamo “l’Organizzato Fiat”. Quest’ultimo risulta essere un vero e proprio “ibrido” nonché figura inutile e per tanti versi potenzialmente dannosa sia per il Concessionario che per la Fiat che per altri, difatti, premesso che l’Organizzato non compare in altri marchi automobilistici, fatta eccezione per la GM-OPEL nella cui rete è comparso perchè importato negli anni in cui vi era il sodalizio FIAT/GM, il Concessionario, da buon masochista, pur presidiando da solo ed esclusivamente un determinato territorio più o meno vasto rappresentando la Fiat, a suo esclusivo piacimento propone alla Fiat la nomina di un soggetto ad Organizzato della rete vendita, indicandone il territorio di pertinenza all’interno del suo stesso territorio di competenza.(!?!)
Ciò precisato, succede che la Fiat, ancor più masochisticamente, passerà all’accettazione sottoscrivendone l’approvazione contestualmente codificando l’Organizzato all’interno della galassia Fiat e fornendo lei stessa il contratto che sarà siglato dalle parti, nel quale si sancisce soprattutto ed a più riprese la completa estraneità della Fiat nei rapporti tra Concessionario ed Organizzato, lasciando così chiaramente intendere che la Fiat non interverrà mai e poi mai per ogni e qualsiasi controversia dovesse sorgere fra Cliente, Organizzato e Concessionario (?!?!?!).
Fin quì sembrerebbe solo lo “straordinario” frutto di una politica aziendale a dir poco sprovveduta e poco lungimirante ma, il Contratto di Organizzato FIAT assume un carattere ancor più “straordinario” nella parte in cui la Fiat stabilisce di riconoscere all’Organizzato un premio del 2% sul fatturato di quest’ultimo al raggiungimento di determinati obiettivi di vendita, aventi cadenze trimestrali o bimestrali, preventivamente concordati, accettati e “sottoscritti” nell’anno X per l’anno X+1 sia dall’Organizzato, sia dal Concessionario che da FIAT!!!
Ma, l’estrema straordinarietà e sprovvedutezza della FIAT, letteralmente esplodono quando quest’ultima, a semplice presentazione di fatture da parte del Concessionario in capo al “presunto”operato dell’Organizzato, con “cieca” fiducia prontamente liquida al Concessionario gli importi senza mai verificarne la veridicità presso l’Organizzato che, a questo punto, potrebbe anche non esistere, essere una diretta espressione del Concessionario e/o comparire solo sulle carte!!!
E’ proprio come mettere la volpe a guardia del “proprio” pollaio per cui risulta più che opportuno chiedersi: ma, la Fiat è talmente “ricca di risorse” ed al contempo “volutamente” sprovveduta che si è privata, tuttora perseverandovi, di un considerevole 2% quale premio extra su di un fatturato di tutto rispetto (come quello rappresentato “nelle contabilità dei Concessionari del gruppo Fiat in Europa e della stessa Fiat”) riferito al “presunto” operato degli Organizzati che si potrebbe comodamente risparmiare destinandolo a ben più necessari e socialmente utili investimenti ravvisandosi, oltretutto, l’inutilità della figura nonché “la pericolosità ai fini delle garanzie per se stessa, per l’Erario e per l’utente finale”?!?
L’arcano si svela facilmente e, comunque sia, non bisogna essere necessariamente delle “volpi” per comprendere l’artefatto, tant’é che RISULTA GIA’ ESSERE AL VAGLIO DEGLI INQUIRENTI DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA UNA DENUNCIA CORREDATA DI CONSISTENTI PROVE che potrebbero dimostrare molte illiceità quali: truffa al fine di evadere tasse e imposte, truffa al fine di sottrarre utili danneggiando i piccoli azionisti Fiat, falso in bilancio nonché concorrenza sleale e disparità di trattamento per qualche Concessionario che, a conoscenza “delle finalità e delle ottime potenzialità” dell’Organizzato, per qualche oscuro motivo si è visto negare, da parte di Fiat, la nomina ad Organizzato per uno o più soggetti segnalati.
E’ giunta l’ora di tirar fuori la testa dalla sabbia ed anche qualche altra cosa…
http://www.metaforum.it/showthread.php/17579-La-rete-di-Marchionne?s=abff732c6e29fe7e87d4010e56db2db5