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I golpisti di governo

 

Tornano infatti con prepotenza due assi di intervento poliziesco: le perquisizioni senza mandato, decise autonomamente dai poliziotti sul campo, “per la ricerca di armi” e “l’incremento dell’intelligence”.

Come è scontato che sia per un governo presentamente tecnico, la decisione sulle perquisizioni viene presentata come “non politica, ma puramente tecnica”. E ci si copre dietro l’orrendo omicidio di una bambina di pochi mesi per “guadagnare” un potere abnorme ad uso e consumo della polizia. E’ chiaro infatti che l’autorizzazione a perquisire qualsiasi abitazione (quelle in auto e personali sono già previste sa sempre), senza alcun passaggio di garanzia con la magistratura, significa un salto di qualità inusitato nel rapporto tra polizia e popolazione. In cui la seconda diventa – in blocco – un potenziale “nemico” del potere, e quindi deve essere privata di qualsiasi tutela. Come per il lavoro, insomma, non è più ammissibile un “diritto di resistenza” in forma democratica. Libertà individuali e sicurezza del potere tornano a essere in contraddizione.

Ma la cronaca di Torpignattara, per quanto infame o enfatizzata, non potrebbe alla lunga giustificare una così violenta torsione dei diritti civili in un paese democratico.

E’ abbastanza evidente, infatti, che quel duplice omicidio sia opera di “balordi” della specie più infima, probabilmente tossici alla ricerca di un “colpetto” facile, probabilmente sotto l’urgenza di recuperare “una dose”. Anche ad un occhio superficiale, appare chiaro che questi “balordi” siano gente del posto, che può sapere per abitudine quotidiana quali esercizi commerciali – in un quartiere ad altissima concentrazione di migranti – alzano qualche soldo e quali no. Probabile, in definitiva, che arrivi presto la “soffiata” giusta, quella che consegna alla polizia due idioti e permette al business illegale quotidiano di riprendere la normale attività. In un quartiere controllato notte e giorno, infatti, non si riesce più a “combinare” granché…

Ma se così è, il “diritto di perquisizione” – naturalmente “solo in condizioni di emergenza” e “solo per la ricerca di armi” – non ha grandi argomentazioni a favore. Per la ricerca di questi assassini, insomma, non serve letteralmente a un cazzo.

Perché lo si chiede, allora?

Perché – come premette il ministro Cancellieri (“un tecnico”, ovvero un poliziotto sulla poltrona di ministro dell’interno (che, come per un generale su quella di ministro della difesa, è un anticipo di fine della democrazia, perché “i civili” non possono più controllare i “corpi militari” o militarizzati) – la situazione del paese è molto agitata. E qui viene allo scoperto il lato politico, reazionario in senso “tecnico”, cui viene data una soluzione potenzialmente golpista in senso altrettanto tecnico.

L’elenco dei problemi che il ministro mette in primo piano per avanzare la richiesta di potenziamento dell’intelligence è infatti da manuale: le buste a Equitalia (che secondo noi sono partite da “uffici riservati” in quota ai servizi segreti, non certo da un “anarcoinsurrezionalismo” di cui non si vede altra traccia), gli scioperi in Fincantieri, la Val di Susa, la crisi economica che genera proteste e conflitti iper-legittimi.

Qui si invoca l’intelligence. Ovvero infiltrati, spie, informatori, intercettazioni (dalle telefonate alle mail, dagli sms alle ricerche online), in modo da smontare preventivamente qualsiasi movimento generale di contestazione delle scelte governative. E’ un atteggiamento generale del potere che è sempre esistito. E che, specie in questo paese, costituisce una nascosta, ma “vera natura” del potere. Un potere di polizia in definitiva da sempre in difficoltà con le regole democratiche, “formato” nel dopoguerra tramite le scuole di polizia dirette da Guido Leto, l’ex capo dell’Ovra (il servizio segreto interno di Mussolini, tanto per dire quanta “epurazione” sia stata allora fatta nell’apparato). Quel servizio segreto il cui compito istituzionale era “la vigilanza e la repressione di organizzazioni sovversive, giornali contro lo Stato e gruppi di stranieri”.

Vi suona sinistramente attuale? Avete ragione. E ripetiamo il nostro consiglio: visto che c’è “intelligence nell’aria”, guardate sempre con attenzione chi dice di stare al vostro fianco. Non date per scontato che le persone che ci si avvicinano siano sempre «gente dabbene».

 

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da Repubblica

Cancellieri: “Nel Paese c’è un clima pessimo, temo l’escalation della criminalità di strada”

Parla il ministro dell’Interno dopo l’assurdo omicidio di Roma: “Prenderemo gli assassini di Torpignattara. È stato un delitto assurdo e orrendo, c’è un uso troppo facile delle armi. Il problema è che a Roma la gente ormai si sente insicura. Controllerò ogni settimana quali risultati sono stati raggiunti”

di LIANA MILELLA

ROMA – Nella palazzina del ministro dell’Interno, al Viminale, c’è solo Anna Maria Cancellieri. Fuori, la città si perde nello shopping della Befana. Lei è soddisfatta d’aver tolto dalla scrivania ogni carta da firmare: “Se non faccio così poi non sto tranquilla”. Una delle sue tante spille al bavero oggi ha la forma di una stella da sceriffo. Coincidenza? Minimizza, “me l’ha regalata una collega”.

A Repubblica, nella sua prima intervista da ministro dell’Interno, non nasconde la preoccupazione “per le tensioni sociali che attraversano il Paese”, per “lo smarrimento e l’inquietudine della gente che ha paura di perdere il lavoro”, ma non è pessimista. Anzi. Sul delitto di Roma assicura: “Faremo di tutto per prendere quegli assassini”.

Inizio d’anno di fuoco. Ne aveva sentore?
“Fatti come l’omicidio della piccola Joy e del suo papà non sono prevedibili. Ma per i tanti segnali di forte inquietudine che mi arrivano posso dire che non mi aspetto un anno tranquillo”.

Segnali di che tipo?
“L’elenco è presto fatto, basta guardare alla cronaca più recente da quando sono qui. I pacchi bomba ad Equitalia, i proiettili e le minacce che li hanno seguiti. Fatti che appartengono, in modo più o meno proprio, alla galassia anarcoinsurrezionalista. Ancora: la protesta per Finmeccanica a Genova e quella sull’autostrada a Palermo. Per non parlare della Tav, un difficile capitolo tutto a sé stante. Attraversiamo un momento socialmente delicatissimo, le aziende sono in difficoltà, la gente la paura di perdere il lavoro e, quando lo perde, è terrorizzata all’idea di non trovarne un altro”.

Sì, ma tutto questo che c’entra con l’omicidio di Roma?
“È la cornice ampia in cui poi si manifestano gravi fatti di criminalità di strada. Ed esplosioni violente di clan organizzati. Per non parlare dei fenomeni d’intolleranza, come la vicenda del campo nomadi a Torino e quella del senegalese a Firenze”.

E lei, un prefetto tra la gente, aveva avvertito questo incattivirsi irrazionale?
“Attraversiamo una fase molto complicata. Da un lato c’è un imbarbarimento dei costumi, un modo violento di agire, che porta poi a reazioni comportamentali conseguenti, c’è uno stato d’ansia diffuso anche tra le categorie più ambienti, c’è un’incertezza complessiva per il futuro. Ci sono inquietudine e smarrimento tra la gente”.

Come si fa a sparare in faccia a un batuffolo di sei mesi?
“Non sappiamo ancora cosa sia accaduto e quale sia la matrice, quello che diciamo per ora sono solo ipotesi. Purtroppo c’è un uso troppo facile delle armi, ne ha parlato a lungo il prefetto di Roma Pecoraro, ci sono armi ovunque. Ma questo non è il delitto di uno che vede la bambina di sei mesi e le spara, un delinquente professionale forse non l’avrebbe fatto”.

Non è troppo assolutoria la sua tesi?
“Qui non si assolve niente e nessuno. È un delitto assurdo e orrendo. E tutti noi, dal ministro fino all’ultimo agente, siamo impegnati e faremo di tutto per prendere quegli assassini”.

Rigore del governo Monti e fondi urgenti per la sicurezza. Si conciliano?
“La nostra attenzione su questi temi è altissima, le risorse le troveremo. Qui serve un salto culturale. È troppo semplicistico dire “aumentiamo gli uomini”, prima dobbiamo rendere più efficienti tutti quelli che abbiamo, e di sicuro serve più intelligence. Ma dev’essere chiaro che un’azione di sola polizia non basta, ci vuole anche uno stretto raccordo con la magistratura, unità d’intenti e forte impegno sociale”.

Ne avete discusso a Palazzo Chigi?
“Lo abbiamo fatto, ma dobbiamo stringere un focus sulle risorse da spendere. Il nostro non sarà solo un governo dei conti e dei tagli, ma quello che garantirà più sicurezza. È già tra i nostri obiettivi principali a partire dalla criminalità organizzata per arrivare a quella di strada”.

Dopo il comitato per la sicurezza a Roma lei ha detto che non bisogna far precipitare la città nella paura. Come ci riuscirà?
“C’è un piano d’interventi molto dettagliato e di forte impatto di cui chiederò conto in modo molto puntuale ogni settimana. Non sono una che trascura le cose, figurarsi poi una questione come questa. Voglio sapere cosa hanno fatto e i risultati raggiunti. Ciò non vuol dire che guarderò solo Roma, la prossima settimana sarò a Venezia, poi a Bologna. Sono già stata in Sicilia, Liguria e Campania. Incontri con i prefetti e focus sulle emergenze. Voglio che il paese si senta vigilato”.

Che assicurazioni ha avuto dal capo della polizia Manganelli?
“Stanno lavorando senza risparmiarsi sulla caccia agli assassini e per offrire più garanzie di sicurezza ai cittadini. A lui sono legata da amicizia e stima. Abbiamo parlato a lungo di Roma. Se guardiamo dati e risultati delle forze dell’ordine il quadro non è allarmante, anzi gli indicatori segnalano un trend in positivo, ma non basta. Il problema è la percezione della sicurezza tra i cittadini e a Roma la gente non si sente sicura”.

Sono passate 48 ore e non c’è traccia degli assassini. Possibile che possano beffare così le forze dell’ordine?
“Non è facile. Lasciamoli lavorare, si stanno impegnando alla morte. La parola “beffare” non è né opportuna, né adeguata”.

Le perquisizioni per le armi senza il via libera del giudice: si recede sulle garanzie?
“C’è un’esigenza d’immediatezza. Non sarà una pratica generalizzata, ma per le situazioni di grave emergenza”.

Finirà come per le camere di sicurezza al posto del carcere che preoccupano pure la polizia?
“La decisione sulle perquisizioni in cerca di armi non è politica ma tecnica e nasce in seno al comitato. Quanto alle camere di sicurezza, la loro condizione ci è nota, sappiamo che comporteranno più spese e più impegno per i nostri uomini. Ne abbiamo discusso a lungo. Ne abbiamo valutati i pro e i contro. Ma di fronte all’emergenza delle carceri che attanaglia la collega Severino, io non me la sono sentita di lasciarla da sola. In attesa d’interventi più strutturali, questa è parsa l’unica strada. Posso assicurare che sarà percorsa con ogni prudenza e con tutta l’attenzione del caso”.

Nessun passi indietro?
“Assolutamente no, e non c’è lo scollamento con la polizia che qualcuno vorrebbe a tutti i costi vedere”.

L’idea di ridurre il contributo per il permesso di soggiorno agli immigrati non esaspera il clima tra chi li ha in odio?
“Le tasse le pagano tutti allo stesso modo, italiani e stranieri. Il contributo invece è il corrispettivo di un servizio che lo Stato rende, tu rinnovi il permesso e tu lo paghi, vedremo se sarà possibile fare uno sconto alle categorie più deboli. Chi rinnova quattro permessi in una famiglia di quattro persone, genitori e figli, spende oltre 800 euro e magari ne guadagna la stessa cifra. Prestiamo solo attenzione alle categorie più deboli”.

Criminalità politica: novità sui pacchi esplosivi degli anarcoinsurrezionalisti?
“Non ce ne sono ancora. C’è un grande lavoro da parte di una polizia molto preparata che aveva previsto una simile emergenza. Ma il fenomeno è difficile da stroncare”.

E sul fronte delle mafie?
“È una questione che tocca anche Roma, con la prevalente presenza della ‘ndrangheta in città e della camorra sul litorale. La crisi economica sta accelerando il rischio che le cosche s’impadroniscano sempre più del territorio. Stiamo sensibilizzando le prefetture perché intensifichino i rapporti con i Comuni per seguire la vita delle licenze commerciali e vedere come passano di mano. Un intelligente incrocio di dati può aiutarci a capire molte cose. Sempre attraverso le prefetture monitorizzeremo gli appalti. Una cosa è certa: su tutto non avremo né cedimenti né incertezze”.

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