La conferenza stampa di martedì in cui alcuni portavoce del movimento No Tav avevano documentato le violenze delle forze di occupazione in Val Susa contro i manifestanti inermi, denunciando nello stesso tempo l’immobilismo della Procura di Torino nel perseguirle sembra abbia sortito alcuni effetti, se pur molto parziali.
Infatti la Procura di Caselli avrebbe aperto in queste ore una ventina di fascicoli di indagine sui casi più eclatanti di brutalità di esponenti delle cosiddette forze dell’ordine nei confronti dei No Tav segnalati proprio da foto e filmati messi a disposizione dal movimento che si oppone alla Torino Lione. Un intervento tardivo e obbligato, quello della Procura del capoluogo piemontese, che infatti ha messo già le mani avanti: l’identificazione degli agenti e dei militari responsabili degli abusi sarebbe resa difficile, se non impossibile, dal fatto che i loro volti sono coperti dalla visiera dei caschi di ordinanza. Una giustificazione che concede argomenti a chi in questi anni in Italia si è battuto affinché tutti gli esponenti delle forze di sicurezza impegnati in operazioni di ordine pubblico portino addosso, in maniera visibile, un codice di riconoscimento attraverso il quale risalire alla loro identità in caso di abusi. E comunque, se ci fosse la volontà da parte dei magistrati di perseguire i pestaggi ingiustificati contro i manifestanti della Val di Susa, basterebbe incrociare le immagini e i filmati con le testimonianze dei presenti e basarsi su elementi fisici che i caschi non riescono a celare per ovviare al problema dei riconoscimenti e per identificare almeno alcuni degli agenti violenti.
Ieri intanto la Camera ha votato una mozione unitaria per le iniziative volte a finanziare le opere e gli interventi previsti dal piano strategico per il territorio interessato dalla linea ad alta velocità tra Torino e Lione. In base al testo approvato (390 favorevoli, Idv astenuta e un solo voto contrario, quello di Fabio Granata di Fli), il governo è stato impegnato (e ne è contento, naturalmente) “ad assumere iniziative volte a stanziare 100 milioni di euro per finanziare le opere e gli interventi previsti dal Piano strategico per il territorio interessato dalla direttrice Torino-Lione definito dalla Provincia di Torino, in particolare gli interventi relativi al nodo di Torino previsti dall’accordo Stato-regione del 28 giugno 2008″. La vecchia e mai tramontata logica del bastone e della carota.
Intanto sempre i No Tav hanno presentato alla stampa un documento che smonta punto quello presentato dal governo Monti il 9 marzo e dal presuntuoso titolo ’14 buone ragioni per sostenere la Torino-Lione”. Lo studio, realizzato dai tecnici in collaborazione con la Comunità Montana della Val Susa, mette in evidenza le bugie e le affermazioni parziali contenute nel documento governativo che cerca – senza riuscirci – di propagandare il basso impatto ambientale e la assoluta mancanza di pericolosità per l’ambiente della versione riveduta e corretta, definita low cost, del tracciato della linea ferrata. Le 14 domande con relative articolate risposte sono state illustrate ai giornalisti in piazza Castello a Torino, nel presidio che da giorni ospita uno sciopero della fame a staffetta per chiedere la liberazione degli attivisti arrestati lo scorso 26 gennaio per ordine della solerte procura locale.
E per il prossimo 11 di aprile il movimento valsusino lancia un appello alla mobilitazione nazionale, in concomitanza con l’inizio di una nuova fase di espropri.
“Questo appello è rivolto a tutti gli uomini e donne che, in questi lunghi mesi di occupazione militare, in questi mesi di lotta e resistenza NoTav, si sono schierati al nostro fianco in ogni dove d’Italia.
Grazie a voi è stato chiaro a chi ha cuore e intelligenza che la lotta dei No Tav di quest’angolo di Piemonte è la lotta di tutti coloro che si battono contro lo sperpero di denaro pubblico a fini privatissimi, contro la devastazione del territorio, contro la definitiva trasformazione in merce delle nostre vite e delle nostre relazioni sociali.
Difendere la propria terra e la propria vita è difendere il futuro nostro e di tutti. Il futuro dei giovani condannati alla precarietà a vita, degli anziani cui è negata una vecchiaia dignitosa, di tutti quelli che pensano che il bene comune non è il profitto di pochi ma una migliore qualità della vita per ciascun uomo, donna, bambino e bambina. Qui e ovunque.
In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni fabbrica dove Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta, ci sono le nostre ragioni.
Dopo la terribile giornata del 27 febbraio, quando uno di noi ha rischiato di morire per aver tentato di intralciare l’allargamento del fortino della Maddalena, il moltiplicarsi dei cortei, dei blocchi di strade, autostrade, porti e ferrovie, in decine e decine di grandi e piccole città italiane ci ha dato forza nella nostra resistenza sull’autostrada. In quell’occasione abbiamo capito che, nonostante le migliaia di uomini in armi, il governo e tutti i partiti Si Tav erano in difficoltà. Si sono aperte delle falle nella propaganda di criminalizzazione, si sono aperte possibilità di lotta accessibili a tutti ovunque.
Il 27 febbraio non si sono limitati a mettere a repentaglio la vita di uno dei noi, hanno occupato un altro pezzo di terra, l’hanno cintata con reti, jersey, filo spinato.
Il prossimo mercoledì 11 aprile vogliono che l’occupazione diventi legale. Quel giorno hanno convocato i proprietari per la procedura di occupazione “temporanea” dei terreni. Potranno entrare nel fortino fortificato come guerra solo uno alla volta: se qualcuno non si presenta procederanno comunque. L’importante è dare una patina di legalità all’imposizione violenta di una grande opera inutile. Da quel giorno le ditte potranno cominciare davvero i lavori.
I No Tav anche questa volta ci saranno. Saremo lì e saremo ovunque sia possibile inceppare la macchina dell’occupazione militare.
Facciamo appello perché quel giorno e per tutta la settimana, che promoviamo come settimana di lotta popolare No Tav, ci diate appoggio. Abbiamo bisogno che la rete di solidarietà spontanea che ci ha sostenuto in febbraio, diventi ancora più fitta e più forte.
Non vi chiediamo di venire qui, anche se tutti sono come sempre benvenuti, vi chiediamo di lottare nelle vostre città e paesi.
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