«A fine settimana celebreremo il 2 giugno, e lo faremo sobriamente in memoria delle vittime del terremoto in Emilia Romagna» ha detto il capo dello Stato mentre era in visita a Gemona, in Friuli. Paradossalmente uno dei tanti luoghi spazzati via da un terremoto, nel 1976, e ricostruito con fatica e passione dai propri abitanti. Paradossalmente il 2 giugno del 1976, a causa del sisma che aveva sconvolto il Friuli, il ministro della Difesa Forlani decise di annullare la sfilata su via dei Fori Imperiali. Il democristiano Forlani…
Napolitano invece no. «A fine settimana – ha detto – celebreremo il 2 giugno perchè la Repubblica deve confermare la sua forza e la sua serenità, e lo faremo per sottolineare che saprà vincere le grandi sfide che ha di fronte». Secondo Napolitano dunque «il 2 giugno verrà dedicato oltre alle vittime del 2 giugno proprio alla rinnovata solidarietà nazionale».
Una decisione che non mancherà di scatenare polemiche, alcune sincere, e altre strumentali. In particolare da parte di chi ha sempre sostenuto e partecipato alla inutile, dannosa e costosa dimostrazione di forza degli apparati militari del paese sempre più spesso impegnati all’estero in operazioni di guerra, di occupazione e di colonialismo. E’ vero. La parata militare era sbagliata negli scorsi anni, quando i settori più coscienti e seri del movimento contro la guerra hanno tentato di bloccarla, disturbarla, denunciarla beccandosi le botte dei servizi d’ordine e le denunce penali. Ma quest’anno la sfilata di carri armati e armi sofisticate e costose suonerà come uno schiaffo in pieno volto a milioni di italiani impoveriti dalla crisi, ed in particolare a quelli che questa notte e per chi sa quanto tempo dormiranno in macchina o nelle tende, nelle zone investite dal sisma. Annullare con un gesto poco più che simbolico la sfilata di Roma sarebbe stato opportuno. Ma avrebbe inceppato un meccanismo ideologico e propagandistico militarista di cui negli ultimi anni il Presidente si è fatto attivo sostenitore e garante.
Che un commento di sostegno all’ex – molto ex – comunista Giorgio Napolitano sia giunta dal non ex fascista Teodoro Buontempo è significativo.
«La parata militare del 2 giugno non serve per mostrare i muscoli, ma per rappresentare l’efficienza e la preparazione di un esercito formato da uomini in divisa che in situazioni di emergenza, come quella che l’Italia sta vivendo in queste ore a causa del terremoto in Emilia, sono pronti a scendere in campo per aiutare e sostenere la cittadinanza» ha detto il Presidente de La Destra, che poi ha affermato di condividere la richiesta da parte di Napolitano di realizzare una «celebrazione sobria della manifestazione, perchè lo spirito della parata, per un Paese come l’Italia, richiama il senso d’identità della Nazione e l’opportunità per lo Stato di esprimere le proprie potenzialità». Secondo Buontempo «sarebbe un errore considerare la parata del 2 giugno come uno sperpero di denaro pubblico ed è impensabile rinunciarvi, soprattutto in un momento in cui le difficoltà economiche e sociali degli italiani hanno bisogno di un segnale forte di presenza dello Stato». «L’Italia – ha poi continuato ‘er pecora’ – non è un Paese a ‘socialismo reale’, che per dimostrare la sua forza di distruzione ostenta il potenziale bellico di cui dispone…».
Qualcuno dovrebbe ricordare allo smemorato politico di destra che il viale sul quale sfileranno le armi dell’esercito – quale uso farne per aiutare i terremotati Buontempo non lo spiega – fu realizzato da un certo Benito Mussolini, per celebrare un ‘impero’ posticcio costruito a forza di massacri, guerre e invasioni.
Non lo farà certo la governatrice del Lazio Polverini che, silente sulla questione per tutto il giorno, appena appresa la notizia della conferma della parata ha voluto accordarsi al Capo dello Stato. «Condivido totalmente la decisione del presidente della Repubblica, Napolitano: la festa del 2 giugno è una festa importante, che richiama ai valori della patria. (…) Ancora una volta il capo dello Stato è riuscito a trovare una soluzione» ha detto la Polverini.
Ora occorrerà capire se l’indignazione e lo sconcerto che la decisione del Capo dello Stato genererà nell’opinione pubblica mobilitata per chiedere lo stop alla parata e in parte anche del viaggio del Pontefice a Milano si tradurrà in azione concreta. O se, dopo qualche mugugno o lamentela, gli italiani ingoieranno anche questa.
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