Poche ore dopo il suo ‘spettacolare’ arresto a Garbatella, Lander Fernandez è stato trasferito nel carcere romano di Regina Coeli, dove è stato rinchiuso in attesa dell’udienza di convalida e poi del probabilmente lungo iter giudiziario propedeutico alla sua ‘consegna’ – il termine che indica l’estradizione tra paesi dell’Unione Europea – ai carcerieri di Madrid. Nelle prossime ore sono attesi a Roma i genitori del 32enne basco. Intanto ieri, dopo il presidio e la conferenza stampa realizzati fuori dagli uffici della Questura centrale da decine di attivisti della rete romana di solidarietà con i Paesi Baschi, è stato lanciato un presidio di solidarietà per sabato prossimo, 16 giugno, alle ore 13, sotto al carcere di Regina Coeli, per far sentire a Lander la voce e la vicinanza dei suoi amici e dei suoi compagni. E per ribadire le richieste esposte ieri durante la conferenza stampa. “Chiediamo che sia immediatamente scarcerato e che cada la folle accusa di appartenenza a ETA; che i media italiani non si appiattiscano sul processo mediatico che è già iniziato in Spagna, e che informino in modo serio e corretto; che lo Stato italiano non sia subalterno alla legislazione speciale spagnola, che è in contrapposizione con le nostre norme costituzionali; che le forze che nel nostro Paese si battono per il rispetto dei diritti umani promuovano e si facciano carico del processo di pace nei Paesi Baschi come richiesto, tra l’altro, da Kofi Annan, Gerry Adams e altri mediatori internazionali con la Dichiarazione di Aiete”.
A favore del ragazzo perseguitato è stata lanciata anche una petizione, che è possibile firmare andando sul blog http://uncasobascoaroma.noblogs.org dedicato alla campagna di verità e solidarietà per Lander Fernandez.
Ieri al giovane basco arrestato è giunta la solidarietà di numerosi esponenti della sinistra. “Rivolgiamo la nostra solidarietà all’attivista Lander Fernandez Arrinda che stamane è stato arrestato a Roma sulla base di accuse derivanti da una legislazione particolarmente restrittiva come quella spagnola, che mette sempre più in relazione gli appartenenti a movimenti sociali a organizzazioni terroristiche. L’Italia è un Paese sovrano e dovrebbe tutelare i cittadini presenti nel territorio sulla base della propria legislazione che non ha nulla a che vedere con quella spagnola che è molto più pesante di quella speciale che vigeva in Italia negli anni settanta.- hanno denunciato il consigliere regionale del Lazio per la Federazione della Sinistra Fabio Nobile e il portavoce romano della FdS Fabio Alberti. “ I principi di garanzia contenuti dalla Costituzione sul nostro territorio vanno rispettati sempre e comunque e, se necessario, anche denunciando gli accordi internazionali che impongono all’Italia di attuare misure che contrastano con la propria legislazione”.
Toni simili dal consigliere provinciale di Sel Gianluca Peciola: “L’Italia è terreno di azione dei fantasmi dell’emergenzialismo, spagnolo ora, statunitense prima. L’Italia è un Paese sovrano che deve tutelare i diritti di tutti i cittadini, soprattutto di quelli esposti a misure giudiziarie e a teoremi politici che associano organizzazioni terroristiche ai movimenti sociali. Questa associazione ha prodotto in Italia mostruosità giudiziarie e caccia alle streghe nei confronti di persone che facevano politica nei movimenti sociali alla luce del sole. Libertà per Lander Fernández Arrinda. In Spagna vige una legge antiterrorismo che farebbe impallidire i legislatori dell’emergenza dei nostri anni 70. Non si possono arrestare persone sulla base di una legislazione distante dai nostri principi giuridici e costituzionali”.
Ieri intanto il giornale online Paese Sera ha pubblicato una intervista realizzata nei giorni scorsi a Lander Fernandez.
“Sono vittima di un’ingiustizia non mi presenterò in tribunale”
Valerio Renzi
Lander Fernandez vive in un’occupazione di Action nella zona di Garbatella e lavora al Corto Circuito, il centro sociale di Cinecittà. Proprio nel giardino del Corto Circuito qualche giorno fa l’incontro per conoscere la sua storia in vista della prossima riapertura del caso che lo riguarda in Spagna. E questo il suo racconto. Stamattina l’arresto.
“Ormai sono passati dieci anni da quando hanno messo fuori legge tutti i partiti e le organizzazioni dell’indipendentismo basco di sinistra, nonostante tutte le differenze che esistono tra noi e Eta, nonostante la richiesta da noi avanzata di una risoluzione pacifica e politica della questione basca. Questo ha portato alla criminalizzazione di ogni iniziativa politica, sociale, culturale: si può essere perseguiti anche solo per esporre le foto dei detenuti politici o una bandiera. Negli ultimi anni tutto il gruppo dirigente, sia quello detenuto – in carcere solo per essersi presentato alle elezioni con un partito – sia quello fuori, ha chiesto di mettere fine a questa situazione, perché la possibilità di presentarsi alle elezioni è un fatto semplicemente di democrazia: decine di giovani in Euskal Herria si trovano in carcere solo perché fanno politica alla luce del sole con l’accusa di essere di Eta o di fiancheggiare Eta”.
La tua storia si inserisce in questo clima di grande tensione…
“Il 19 maggio nel 2009 fui sequestrato da uomini che lasciarono intendere di essere della Polizia Autonoma Basca. Questi mi minacciarono dicendo di avere le prove per farmi incarcerare per dieci anni, ma che questo non sarebbe accaduto se avessi accettato di collaborare. Io rifiutai e gli dissi di portarmi in tribunale che non avevo fatto nulla. Nei giorni seguenti continuarono i pedinamenti e i tentativi di sequestro ai miei danni anche sotto la mia abitazione dove fui anche picchiato e minacciato, ma non mi portarono via: avevano fatto troppa confusione e tutte le persone del palazzo si erano affacciate.A quel punto andai dalla polizia e denunciai tutto ciò e l’indomani feci una conferenza stampa Il mio non è stato un caso isolato in quei mesi capitò anche ad altri militanti. Dopo tutto ciò fui arrestato per 15 giorni per una manifestazioni avvenuta nel 2002 dopo la messa fuori legge della mia organizzazione Segi, dove ci furono degli incidenti con delle macchine bruciate”.
Perché ora ti trovi in Italia? Cosa accadrà adesso che il tuo caso si sta riaprendo?
“Sono qua da un anno per motivi assolutamente privati. Non ho nessuna intenzione di presentarmi all’udienza per il mio caso: le accuse contro di me sono state rese da un ragazzo che ha denunciato di averle rilasciate sotto tortura, ma questo l’Audiencia Nacional non l’ha preso minimamente in considerazione”.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa