L’Eurispes, presentando il suo rapporto 2012, lancia un forte segnale d’allarme sulla difficile situazione dei ceti medi e sul progressivo impoverimento delle famiglie italiane che mettono in discussione la tenuta stessa del sistema. Nello stesso tempo mette pone l’accento sul pericolo della riapertura di una nuova stagione di conflitti sociali. “Continuare a parlare solo di rigore, tagli, sacrifici e vincoli – avverte il Presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara – nella totale assenza di un progetto, di un’idea di prospettiva, di una visione strategica per il rilancio del Paese, rischia di alimentare un senso di smarrimento e di totale sfiducia che potrebbe portare nel breve-medio termine ad una nuova stagione di rivendicazione e proteste difficilmente governabili. Con il rischio concreto che la situazione possa complicarsi ulteriormente e sfuggire di mano”.
Oltre agli effetti della crisi, l’Eurispes rileva come “quello che piu’ preoccupa sono le macerie che la crisi economica rischia di lasciare dopo il suo passaggio, in Europa e nel nostro Paese”. Infatti, “e’ ormai sotto gli occhi di tutti che le nuove geografie del mondo non somiglieranno piu’ a quelle pre-crisi e nel caso dell’Italia c’e’, in aggiunta, una variabile che agita osservatori e analisti internazionali: la profonda instabilita’ del quadro politico italiano”. “Per la prima volta – aggiunge Gian Maria Fara – si stanno avvitando su se stesse tre diverse crisi: oltre a quella economica e a quella sociale, si aggiunge una degenerazione preoccupante del quadro politico-istituzionale. Siamo insomma di fronte alla “tempesta perfetta”. E gli effetti di questo pericoloso amalgama rischiano di essere sottovalutati”.
Il Rapporto 2012 dell’Eurispes segnala come la situazione economica del Paese secondo il 67% degli italiani sia nettamente peggiorata negli ultimi dodici mesi. S tratta del dato più “nero” registrato dalle rilevazioni dell’Eurispes dal 2004, e in forte aumento (+15,2%) rispetto a quanto emerso lo scorso anno.
La constatazione di un netto peggioramento della situazione economica dopo aver subito un drastico calo nel 2007, quando si registravano solo il 27,8% di giudizi negativi rispetto ad un andamento medio di oltre il 45% tra il 2004 e il 2005, ha seguito un trend crescente (37,6% nel 2008; 47,1% nel 2010; 51,8% nel 2011; 67% nel 2012).
Allo stesso tempo, la quota di quanti ritengono la situazione peggiorata, ma di poco, diminuisce passando dal 29,8% del 2011 al 26,6% di quest’anno. In drastico ribasso anche il numero di quanti indicano che negli ultimi dodici mesi l’economia del Paese si sia mantenuta sostanzialmente stabile (12,4% nel 2011 contro il 3,9% nel 2012).
Coloro che pensano che il Paese abbia migliorato (poco o tanto) la propria economia, nel corso degli ultimi dodici mesi, sono solamente l’1,4%, un dato mai riscontrato con tale pochezza: erano il 3,7% dodici mesi fa, quasi il 6% nel 2010, il 7,4% nel 2004, per non parlare del 14,2% del 2007.
La società italiana non nasconde le preoccupazioni per il prossimo anno: solo il 6,1% pensa che la situazione economica migliorerà, a fronte di un 56,6% che pronostica un peggioramento, mentre il 26,9% si attende una condizione di stabilità. Solo cinque anni fa oltre un terzo del campione prevedeva un miglioramento nella condizione economica per l’anno successivo. I tre quarti del campione (74,8%) indicano un peggioramento della propria situazione economica durante gli ultimi dodici mesi, in un’equa ripartizione tra “forte” e “lieve” peggioramento. Rispetto alle classi d’età sono i più anziani ad indicare un deterioramento della propria condizione economica oltre la media, nel corso dell’ultimo anno: 81,5% rispetto al 74,8%.
Oltre un quarto del campione (26,2%) ha chiesto negli ultimi tre anni un prestito bancario che è stato attivato per soddisfare esigenze di base: ai primi posti si collocano il mutuo per l’acquisto della casa (41,9%) e il pagamento di debiti accumulati (33,1%). Quest’ultima indicazione, unita alla quella relativa del debito contratto per saldare prestiti con altre banche o finanziarie (20,9%), testimonia il rischio della moltiplicazione del debito familiare secondo modalità usurarie: si apre un mutuo per pagare un debito pregresso, entrando in un circolo mefitico potenzialmente letale. Inoltre, nel 13,6% dei casi il prestito è stato chiesto per sostenere i costi di matrimoni, cresime o battesimi, mentre nell’9,8% è servito a coprire le spese mediche e solo nel 2,8% è stato utilizzato per poter andare in vacanza. Quando si parla di prestiti bancari è bene precisare che spesso non si tratta di cifre astronomiche: oltre il 35% di chi ha ammesso di aver chiesto un prestito negli ultimi tre anni non ha superato l’importo di 10mila euro, mentre solo il 18% ha sforato i 100mila euro.
Quasi la metà delle famiglie italiane (48,5%) è costretta a usare i risparmi per arrivare a fine mese, e comunque incontra qualche difficoltà a superare la fatidica “quarta settimana” (45,7%), mentre il 27,3% dichiara di non arrivare a fine mese. Oltre il 70% riferisce di non riuscire a risparmiare, contro il 15,7% di quanti riescono a mettere da parte del denaro; un quarto (24,9%), inoltre, ha difficoltà a pagare la rata del mutuo e quasi un quinto (18,6%) ha lo stesso problema con il canone di affitto. Non solo. La quota di quanti ritengono di poter “certamente” risparmiare, nei prossimi dodici mesi, è inferiore al 5%, mentre quelli che pensano “probabilmente” di riuscire a mettere da parte una porzione di reddito arrivano al 13,1%. Per il 38,2% è probabile che non ci sarà possibilità di risparmio e le indicazioni di assoluta certezza dell’impossibilità di non poter risparmiare nei prossimi mesi raggiungono il 34,8%. Oltre i tre quarti degli italiani (73,6%) hanno avvertito (“molto” 28% e “abbastanza” 45,6%) una perdita del proprio potere di acquisto, nel corso del 2011. In una fase di contrazione dei consumi, in seguito alla crisi economica, gli italiani tendono a tagliare le spese superflue e quelli che vengono ritenuti i piccoli o grandi lussi.
Fonte: http://www.eurispes.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2604:rapporto-italia-2012&catid=40&Itemid=135
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