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Rifiuti romani. Indagato Cerroni

Indagato Cerroni, re delle discariche della capitale
Andrea Palladino
ROMA
Forse neanche Napoli ha visto un sistema di controllo della politica da parte dei signori della monnezza così devastante. Un monopolio che – secondo un’inchiesta partita dalla procura di Velletri e arrivata nelle mani di Giuseppe Pignatone, anticipata da Emiliano Fittipaldi per l’Espresso – potrebbe essersi trasformato in sistema criminale. Durissime le accuse per l’avvocato Manlio Cerroni – il cui gruppo controlla gran parte delle discariche laziali – che i magistrati di Roma starebbero valutando in questi giorni: associazione per delinquere, truffa, estorsione, traffico illecito di rifiuti. Un gruppo organizzato, con diversi livelli, che partirebbe dall’anziano avvocato originario di Pisoniano – definito in alcune intercettazioni, secondo quanto riporta il settimanale, «Il supremo» – per arrivare nelle stanze della giunta regionale con delega ai rifiuti. Accuse che ieri lo stesso Cerroni diceva di non conoscere, assicurando di non aver ricevuto nessuna comunicazione dalle procura di Roma.
L’anello di congiunzione tra l’imprenditoria della monnezza romana e i palazzi della politica sarebbe, secondo quanto trapelato, l’ex presidente socialista della regione Lazio Bruno Landi. Non una figura qualsiasi, ma l’uomo di massima fiducia di Cerroni, impegnato direttamente nella gestione di un’altra discarica sotto accusa, quella di Borgo Montello a Latina. Sulle spalle di Landi già pende una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Latina, per il grave reato di contaminazione delle acque a Borgo Montello. Un procedimento che ha visto, per la prima volta in provincia nel sud pontino, costituirsi parte civile le famiglie che vivono nella zona, a poche centinaia di metri dalla seconda discarica della regione, colpite da tumori.
L’inchiesta “madre” sarebbe partita dal pm di Velletri Giuseppe Travaglini nel 2009, con un’indagine sulla società controllata dal gruppo Cerroni Pontina Ambiente, gestore della discarica di Albano. Il comitato No-inc aveva presentato una serie di esposti su due versanti: la gestione degli invasi che accolgono i rifiuti dei comuni dei Castelli romani e la realizzazione di due linee di gassificazione. Ad Albano funziona anche uno degli impianti di produzione di cdr – combustibile da rifiuti – del gruppo Cerroni. Secondo quanto riporta l’Espresso questo impianto non sarebbe stato gestito a norma, producendo un quantitativo di cdr inferiore a quanto poi dichiarato ai comuni serviti.
Oltre al filone nato dall’inchiesta di Velletri, nel fascicolo in mano alla procura di Roma c’è anche la discarica romana di Malagrotta. «In una informativa di reato – scrive l’Espresso – si ipotizza che Cerroni abbia più volte minacciato il sindaco di Roma Alemanno e la giunta regionale di chiudere Malagrotta». Un vero ruolo da monopolista, se questa accusa verrà poi confermata, rafforzata dal terzo filone d’inchiesta, che riguarda quanto sta avvenendo in questi mesi di gestione commissariale. Nelle indagini vi sarebbero ipotesi di reato anche per il sito indicato dal commissario Goffredo Sottile per sostituire Malagrotta, l’area di Monti dell’Ortaccio. Un ex cava di proprietà di Manlio Cerroni che sorge a circa un chilometro dall’attuale discarica della capitale, in un’area – Valle Galeria – da anni sottoposta a gravissimo stress ambientale. Contro questa scelta stanno lottando i comitati locali, che chiedono di togliere una volta per tutte la gestione esclusiva della monnezza romana al monopolista assoluto.

da “il manifesto”

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