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Pd. Prime fughe verso Monti, comincia Ichino

Quattro parlamentari del Pd, Benedetto Adragna, Lucio D’Ubaldo, Giampaolo Fogliardi e Flavio Pertoldi, lasciano il partito per aderire all’agenda Monti. Come spiega Adragna, senatore questore, “ci auguriamo un percorso comune con il Professore. Con la fine della legislatura cessa il mio impegno nel Pd”.
E non poteva mancare la dichiarazione di Pietro Ichino, che si dice pronto a candidarsi nella lista Monti. Tenendo conto di quanto è riuscito a combinare lavorando dentro il centrosinistra e mantenendo persino la tessera della Cgil, non si può certo dire che non vada dove lo ha sempre portato il cuore. O qualsiasi altro attrezzo lo faccia muovere.

L’articolo non luttuoso di Repubblica sull’evento.

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Le dichiarazioni del premier dimissionario non scuotono solo il Pdl, ma provocano un piccolo terremoto anche nel Pd. E così, mentre il giuslavorista e senatore del Partito democratico Pietro Ichino si dichiara pronto a candidarsi in Lombardia per una lista Monti unitaria al Senato, una fronda di parlamentari “montiani” dice addio al Pd. Bersani chiarisce che per governare serve una “maggioranza politica vera” e a “deciderla saranno gli italiani” e D’Alema relega il Professore a un ruolo di secondo piano e stabilisce che la “sfida elettorale sarà tra il Pd e il Cavaliere”.

Ichino con Monti. “Qui in Lombardia, come in tutte le altre regioni – spiega Ichino –  c’è fame e sete di una formazione politica che si collochi in modo netto a sostegno della strategia europea dell’Italia avviata in quest’ultimo anno; e si sta formando una lista che è espressione di tutta quella grande parte della società civile che da un lato rifiuta il populismo antieuropeo di Berlusconi, dall’altro vede le contraddizioni del Pd su questo terreno, e invece vuole cogliere la grande occasione della crisi per allineare l’Italia ai migliori standard europei e fare dell’Italia una protagonista della costruzione della nuova Europa. Sono pronto – dice Ichino – a collaborare per il successo di questa lista, e anche a guidarla se mi verrà chiesto”.

Ichino, “renziano” della prima ora, è stato a lungo incerto se ripresentarsi e aveva già espresso i suoi dubbi nei giorni scorsi. Il senatore aveva detto che se il Pd non avesse fatto propria con chiarezza la linea politica della cosiddetta “agenda Monti”, lui non si sarebbe candidato, anche se aveva già deciso di partecipare alle primarie per la scelta dei parlamentari. Prima della scadenza del termine per presentare la sua candidatura, Ichino ha spiegato di non aver ricevuto chiarimenti e quindi, per evitare di tirarsi indietro una volta ottenuta la candidatura, ha scelto di ritirarsi dalla competizione interna, pur restando all’interno del Pd. Subito dopo la conferenza stampa di fine anno di Monti, il senatore Pd era entrato in polemica con il segretario Pierluigi Bersani, invitandolo a smentire l’antimontismo di Stefano Fassina, responsabile nazionale per l’economia del partito, “reo” di aver criticato la politica economica del Professore.
 
La fronda parlamentare. Oltre allo “strappo” di Ichino, anche una fronda di parlamentari dice addio al Pd. In quattro – i senatori Benedetto Adragna, Lucio D’Ubaldo e Flavio Pertoldi e il deputato Giampaolo Fogliardi – lasciano il partito per aderire all’agenda Monti. Come spiega Adragna, senatore questore, “ci auguriamo un percorso comune con il Professore”. Dal punto di vista personale il senatore aggiunge: “Con la fine della legislatura cessa il mio impegno nel Pd”.

D’Alema. Il presidente del Copasir in serata a Che tempo che fa chiarisce che “Monti non incide né sul centrosinistra né sul centrodestra. L’unica forza che può fermare Berlusconi siamo noi e la sfida sarà tra il Pd e il Cavaliere”. “Noi lo abbiamo sostenuto con maggiore lealtà e coerenza – conclude D’Alema – ed ora ci accingiamo a fare le nostre primarie di collegio che consentiranno ai cittadini quanto meno di scegliere i parlamentari del Pd da candidare”.

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Ma non era un segreto. Basta guardare l’articolo che il quotidiano online, Lettera43, aveva dedicato all’argomento già il 14 dicembre.

Pd, truppe in fuga dal segretario

Fioroni, Franceschini e Ichino tentati da Monti. Soffia aria di scissione anche a sinistra. A rischio i posti in lista. Bersani: «Non temiamo Monti».

di Edda Guerrini

Lo tsunami è in arrivo. E non solo nel Pdl. Perché se davvero Mario Monti farà quel salto in politica che molti, dopo la corale investitura da parte del Ppe, danno ormai per certo, il Pd non rimarrà a guardare.
La parola scissione torna ad aleggiare. E riguarda gli ex popolari che fanno riferimento a Beppe Fioroni, da giorni in piena ebollizione. Pronti a dire addio a Pier Luigi Bersani, non appena il Prof annuncerà il suo impegno.
EX DL: «UNA SCELTA OBBLIGATA». Perché se Monti scendesse in campo, con l’intenzione di creare un raggruppamento di moderati, per giunta benedetto dalla Chiesa e da molti movimenti cattolici, sarebbe complicato ignorarlo. Non si tratterebbe solo di scegliere tra un partito del 30% e uno di centro ma di piccole dimensioni, dal 5 al 10%. «La Cosa montiana», spiega a Lettera43.it un ex popolare, «sarà la nuova Dc. E noi fra un progetto del genere e un condominio con Vendola, non abbiamo scelta». Certo, si dice, se Bersani avesse fatta sua l’agenda Monti non saremmo a questo punto. «Purtroppo», continua l’onorevole, «ha preferito inseguire Fassina e Vendola».

I contatti tra ala moderata del Pd, cattolici e Bonanni

In questi giorni i contatti tra i moderati del Pd, le alte gerarchie vaticane, le associazioni e i movimenti cattolici e Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, sono continui. Si aspetta il sì di Monti, poi tutto si scioglierà.
Le pressioni che vengono dalla Cei, del resto, sono fortissime. C’è bisogno, secondo la Conferenza dei vescovi italiani, di una forza responsabile ed europeista. E il Pd non viene considerato affidabile.
I 33 FIORONIANI PRONTI ALLO STRAPPO. Gli uomini di Fioroni pronti a rompere con il Pd sono 33, tra deputati e senatori. Ma a questi bisogna aggiungere i consiglieri comunali e regionali in giro per il Paese.
Se l’ex ministro dell’Istruzione consumasse lo strappo non sarebbe, quindi, indolore per Bersani. Non tanto per un fatto numerico, ma perché rafforzerebbe l’immagine di un partito di sinistra, continuazione della tradizione Pds-Ds.
LE TRUPPE DI FRANCESCHINI IN FERMENTO. I popolari non sono gli unici, del resto, ad aspettare le mosse di Monti. Anche alcuni ex Margherita che stanno con Dario Franceschini non escludono l’ipotesi di seguire il premier.

Il nodo delle primarie per il parlamento e i posti a rischio

Peraltro le regole filtrate in questi giorni per le primarie dei parlamentari rendono quasi impossibile la ricandidatura per molti fioroniani e franceschiniani. E questo potrebbe rappresentare un ulteriore incentivo a lasciare il Pd.
LA TENTAZIONE DI ICHINO. Tentati dalla lista Monti sono poi alcuni ultras-montiani, a cominciare da Pietro Ichino, mal tollerato dall’ala sinistra del Pd che non passa giorno senza lanciare anatemi contro il giuslavorista. E come lui altri liberal, ex veltroniani.
GLI SHERPA TRA MONTIANI E PD. A fare da ponte tra l’entourage montiano e i moderati del Pd sono il ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e lo stesso Olivero che proprio alcuni giorni fa teorizzava l’importanza di un’alleanza pre-elettorale tra il centro e il Pd.
Un altro sherpa è Lorenzo Dellai, già inventore della Margherita. Insomma la diaspora democristiana potrebbe ricomporsi. A spese di Bersani. E sotto il nome di un non-democristiano, Mario Monti.

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