Il Pd è ormai avviluppato nella sua dannazione. Sarà il primo partito ma non vincerà le elezioni o meglio non sarà in grado di governare contando solo sulle proprie forze e su quelle dei suoi satelliti. Lo si capisce dalla faccia scura di Bersani, emerge dai sondaggi, si conferma nella diavoleria del “porcellum” che rende il Senato il “luogo” dell’ingovernabilità. E dentro la dannazione il Pd comincia a menare fendenti. Da un lato rassicura i mercati finanziari e i poteri forti con le interviste di Bersani e Fassina al Washington Post e al Financial Times, dall’altro chiede alla lista alla sua sinistra – Rivoluzione Civile – di suicidarsi proprie nelle regioni dove questa sembra poter raccogliere maggiori consensi. Ma andiamo per ordine.
Bersani, nell’intervista rilasciata al Washington Post conferma il patto di collaborazione con Monti dopo le elezioni e offre garanzie ai mercati finanziari. Annuncia “la firma di un patto per le riforme e la ricostruzione del paese” con Monti e poi, rivolgendosi direttamente agli investitori, Bersani afferma che “I mercati non hanno nulla da temere, a patto di accettare la fine dei monopoli e posizioni dominanti”. Non solo. “Capisco quanto strano possa sembrare di vedere la sinistra italiana aprire i mercati” aggiunge Bersani, “ma questo deriva dal fatto che in Italia la destra non ha una tradizione di libero mercato, tende a dare più potere allo Stato ed è più fortemente influenzata dalle lobby professionali”.
Specularmente, quello che veniva ritenuto il dirigente del Pd più critico verso Monti, Fassina, in un’intervista al quotidiano economico britannico Financial Times conferma che non verranno smontate le leggi varate da Monti – inclusa l’odiosa legge Fornero – e assicura che il Pd non rimetterà in discussione il Fiscal Compact né il pareggio di bilancio in Costituzione, ma che farà leva sull’Europa per le politiche di sviluppo, aprendo anche all’ipotesi del super-commissario al bilancio lanciato dalla Germania.
Sia Bersani che Fassina confermano dunque che l’agenda Monti – riassumibile nel “dovete morire prima” – resterà intatta e il Pd conferma a tutto campo che dopo aver sostenuto il governo Monti e le sue misure antisociali, continuerà sulla stessa strada e con lo stesso interlocutore anche dopo le elezioni e nonostante un eventuale successo elettorale.
Spingendo l’acceleratore sull’alleanza col Monti e sull’ubbidienza completa ai diktat della Bce i dirigenti del Pd riservano al loro alleato Vendola il ruolo di utile idiota, e non a caso i sondaggi continuano a dare Sel in calo. E di fronte alle rilevazioni che non danno per spacciata la lista di Ingroia, Bersani si dimostra sempre più irritato per lo scarso successo della copertura a sinistra che Sel doveva assicurare alla coalizione. Anzi, certe esternazioni in qualche modo obbligate di Vendola (se deve “coprire” a sinistra deve dire qualcosa “di sinistra”) vengono liquidate come inopportune boutades. Il giovane Vendola, lo ha detto Bersani, deve occuparsi solo di diritti civili ed ecologia, per cui le sue incursioni sul terreno dei contenuti futuri e delle alleanze non sono previste né gradite.
Ma, si sa, chi va a destra deve sempre e comunque coprirsi anche a sinistra. E se Vendola si rivela poco efficace, ci prova uno dei più aciduli dirigenti a rilanciare l’eterno ricatto del voto utile e della minaccia di una vittoria della destra.
Il problema del «voto utile» al Senato per la sinistra lo ha segnalato il capogruppo del Pd Dario Franceschini che – dopo settimane di inviti al dialogo respinti – si è rivolto direttamente ad Antonio Ingroia, leader della lista Rivoluzione Civile, invitandolo a fare un passo indietro «almeno in Campania, Sicilia e Lombardia» per non compromettere la vittoria di Bersani e Vendola in tutte e due le Camere. Qualcuno ha evocato una parola maledetta come “desistenza” (a riascoltarla tornano alla mente la faccia di Bertinotti e le conseguenze disastrose per la sinistra ex-parlamentare). In pratica ha invitato Rivoluzione Civile a suicidarsi nelle regioni dove, secondo i sondaggi, potrebbe raccogliere maggiori consensi anche al Senato.
Al momento Ingroia e i suoi alleati giudicano «irricevibile la proposta del Pd» soprattutto dopo il ripetuto rifiuto di Bersani di fare entrare nella coalizione la nuova formazione. “Io non ho ricevuto nessuna richiesta da Bersani in questo senso” ha detto il candidato premier di Rivoluzione civile, ospite di ‘Otto e mezzo’, commentando un possibile accordo di desistenza con il Pd. “Non mi pare che ci siano in questo momento presupposti per un accordo di questo tipo, parlare di patti di desistenza mi pare prematuro”, ha spiegato Ingroia che però ha aggiunto: “Certamente per noi l’avversario, il pericolo politico, sono l’affermarsi dei principi contenuti nel berlusconismo e nel montismo”. L’acidulo Franceschini ha provato a smentire confermando però l’approccio. “Nessuna proposta di patto e nessuna desistenza. Le cose che ho detto a Orlando sono le stesse che ho detto pubblicamente in due interviste. Mi pare fin troppo evidente come non vi sia alcun spazio per una qualsiasi forma di accordo politico con la Lista Ingroia, anche per rispetto delle legittime ma profondamente diverse posizioni politiche tra noi e loro” dice Franceschini. “Per come è fatta la legge elettorale al Senato, nelle regioni in bilico, come Lombardia, Sicilia e Campania, la presenza della Lista Ingroia rischia di far vincere la destra, rendendo il Senato ingovernabile”. Un ragionamento non certo nuovo di zecca ma che negli anni si è dimostrato micidiale nei risultati.
Il meno peggio è stato un attore protagonista della dannazione e della sconfitta culturale, ideologica e politica della sinistra ex parlamentare. Eppure non è escluso che dentro Rivoluzione Civile qualcuno provi a mercanteggiare su questo terreno. Secondo La Repubblica, Di Pietro ci vorrebbe pensare prima di liquidare la proposta indecente e poi c’è la pattuglia degli “amendoliani” di Diliberto, che nel parlare a sinistra per andare a destra sono specialisti consolidati.
Ma su Di Pietro pesa anche un’altra vicenda che sta suscitando discussione nelle file dei sostenitori di Rivoluzione Civile. Infatti secondo il Corriere della Sera, nella lista per la Camera in Lombardia 1 (la circoscrizione di Milano e della Brianza) per Rivoluzione Civile Antonio Di Pietro dovrebbe essere candidato al terzo posto (dopo lo stesso Ingroia e una donna). Ma se così fosse verrebbe tagliato fuori un altro “highlander” della politica, Vittorio Agnoletto, esponente milanese del movimento “Cambiare si può”. Tra l’altro Agnoletto è stato uno dei pochissimi promotori – solo sette su settanta – che si era detto d’accordo nel fare la lista con Ingroia, gli altri hanno invece preso le distanze. Se la notizia fosse confermata si aprirebbero nuovi e gravi problemi di comunicazione tra l’ex pm di Palermo e i settori che si battono da 11 anni per la verità e la giustizia su Genova. Agnoletto ha sostenuto la battaglia contro l’allora capo della polizia De Gennaro e i vertici del Viminale protagonisti delle violenze contro i manifestanti, commettendo e coprendo gli abusi di cui sono stati riconosciuti colpevoli dalla Cassazione numerosi funzionari di polizia. Ma come si sa, anche in certi ambienti progressisti il solo “nominare” De Gennaro significa evocare spettri che vanno rimossi e silenziati. Vogliamo sperare che non sia così. Dobbiamo anche augurarci che non sia cosi?
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Bruno
Allora…….Io vengo da una vecchia scuola di campagna(compagna) insomma ,si,……. di Comunisti.Però alla bella di anni 66, incomincio a pensare,avendo dimenticato tutto da trent’anni che tutte le ricette proposte vanno bene solamente se chi spende il denaro pubblico lo fa per ciò che serve al pubblico e non alla sua saccoccia.Perciò,va bene tassare i superpatrimoni miliardar (in €uri) ma poi,se chi gestisce questi denari anzichè darli ai poveri (Robin Hood) se li mette in saccoccia (come fanno molti amm.ri di condominio nel loro piccolo universo) allora ha ragione chi non vuole pagare le tasse.Ho lavorato alla tesoreria provinciale dello stato e mi sono fatto l’idea osservando da dentro e di fuori che il flusso circolare del denaro pubblico consentirebbe tremila euri al mese a tutte le famiglie (20 MILIONI) e stare tranquilli .Lo vogliamo dire a Bersani Fassina Bertinotti Occhetto D’alema fino ai trent’anni precedenti che non hanno fatto un C…o per il popolo e hanno pensato solo ai C…i loro?