Corteo di quartiere in Memoria di Roberto Scialabba
Giovedì 28 Febbraio – ORE 17 ANGOLO VIA TUSCOLANA E VIA CALPURNIO FIAMMA
Il corteo di quartiere partirà di fronte a quello che era lo Stabile Occupato (oggi una banca), una delle prime occupazioni di Roma, dove Roberto partecipava alle iniziative. Poi il corteo si muoverà verso le nuove occupazioni di via Calpurnio Fiamma in una continuità ideale tra le lotte vecchie e nuove del quartiere e infine giungerà a piazza Don Bosco dove Roberto Scialabba fu assassinato dai fascisti.
ORE 17 CORTEO ANGOLO VIA TUSCOLANA E VIA CALPURNIO FIAMMA
Ore 18 porta un fiore a Roberto (p.zza Don Bosco)
Ore 19 apposizione della targa commemorativa (p.zza Don Bosco)
Ore 19.30 presentazione del murales (via S.Giovanni Bosco)
Ore 20.00 mostra fotografica (Lottantuno – via Calpurnio Fiamma 81)
Roberto Scialabba
da www.reti-invisibili.net/
La data del 28 febbraio 1978 per i fascisti di Roma ha un significato particolare: ricorre il terzo anniversario della morte di Mikis Mantakas, giovane appartenente al FUAN. Il 1978 si è aperto inoltre con un grave fatto di sangue: il 7 gennaio, in un agguato teso da militanti di sinistra fuori della sezione del MSI di via Acca Larentia al quartiere Appio-Tuscolano, vengono uccisi due giovani militanti di destra cui se ne aggiunge un terzo caduto a seguito degli scontri scoppiati con la polizia immediatamente dopo l’accaduto.
A Roma da un po’ di tempo è attivo un gruppuscolo di fascisti particolarmente agguerrito che rivendica le proprie azioni con la sigla NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari); tra le sue file spiccano elementi come Valerio e Cristiano Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi. Essi sono decisi a «ricordare» i recenti accadimenti. Tramite informative poco attendibili, Valerio Fioravanti ritiene che a commettere l’agguato di Acca Larentia siano stati gli occupanti dello stabile situato in via Calpurnio Fiamma, a Cinecittà. La sera del 28 febbraio, tra le 23:10 e le 23:30 il gruppo, coadiuvato da altri esponenti della destra romana, si reca presso lo stabile ma giunto là si accorge che è chiuso; essi non sono a conoscenza che il giorno precedente, per l’ennesima volta, la polizia aveva attuato uno sgombero contro gli occupanti. A questo punto si recano in direzione della vicina piazza San Giovanni Bosco, i cui giardinetti fungono spesso da ritrovo per molti compagni della zona. Arrivati sul posto il gruppuscolo scende rapidamente dalla FIAT 132 chiara e, a volto scoperto, irrompono nella piazza sbucando da cespugli vicini e fanno fuoco quasi a casaccio. Nell’immediato parapiglia cade a terra, colpito al torace, un giovane di 24 anni, Roberto Scialabba. Il ragazzo non è tuttavia ancora morto quando Valerio Fioravanti a bruciapelo, dopo essergli montato sopra, gli spara ulteriori due colpi alla nuca. Nella sparatoria rimane ferito anche il fratello di Roberto, Nicola, che tuttavia riesce a fuggire e mettersi in salvo poiché i fascisti si allarmano per l’arrivo di una macchina di passaggio. La spedizione di stampo squadristico dura non meno di 5 minuti durante i quali non interviene alcuna volante. Spesso in passato la piazza, che funge da punto oltre che di ritrovo per i compagni della zona anche da luogo per lo spaccio di eroina, è «frequentata» dalla polizia. I fascisti hanno quindi tutto il tempo per poter fuggire indisturbati. Roberto giace ormai senza vita sulla ghiaia che ricopre il giardino della piazza. Qualche ora dopo la sigla «Gioventù Nazional Popolare», dietro la quale si celano i NAR, si attribuisce con una telefonata al «Messaggero» la responsabilità dell’attentato affermando di aver vendicato Acca Larentia. Il giorno dopo però i vari quotidiani non fanno cenno della rivendicazione e inseriscono l’omicidio, secondo anche quanto si apprende dalle notizie delle indagini condotte dalla polizia, nel quadro di un regolamento di conti tra bande diverse nell’ambiente del controllo del mercato dello spaccio dell’eroina.
La «colpa» di Roberto era che, al momento del suo omicidio, aveva in tasca qualche canna da fumare con gli amici. Fino al marzo del 1982, quando il «pentito» Cristiano Fioravanti rivendicherà con chiarezza la paternità, sia pur non materiale, di quell’omicidio, gli esecutori per molti non hanno voluto avere nome. Per anni Roberto è stato per la stampa uno spacciatore ucciso nella guerra tra bande di quell’emarginata zona-ghetto di Roma. Non una sua parola sul suo impegno politico, prima come militante di Lotta Continua, poi come occupante attivo del centro sociale di via Calpurnio Fiamma.
In una scritta, quando il 30 settembre di un anno prima era stato ucciso Walter Rossi, Roberto, pur non conoscendolo direttamente, lo aveva così ricordato: «Una lacrima scivola sul viso, una lacrima che non doveva uscire, il cuore si stringe, si ribella, i suoi tonfi accompagnano slogan che si alzano verso il cielo “non basta il lutto pagherete caro pagherete tutto”».
Così, all’indomani della morte, i compagni di Cinecittà lo ricordavano: «Roberto era un compagno che lottava, come tutti noi, contro ‘emarginazione che Stato e polizia gli imponevano. E’ caduto da partigiano sotto il fuoco fascista».
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