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La “marcia di Milano” fa scontrare Napolitano e Repubblica

Il Capo dello Stato si è fatto sentitre con una lettera aperta inviata a Repubblica, nella quale contesta la “versione arbitraria e falsa” che il giornale ha dato dell’incontro avuto martedì scorso con la delegazione del Pdl. Incontro chiesto dal Popolo della Libertà per rappresentare al Presidente la presunta persecuzione giudiziaria di cui sarebbe oggetto l’ex premier Berlusconi.

Nell’incontro con il Comitato di Presidenza del Csm, svolto successivamente a quello con il Pdl, “è risultato ben chiaro – dice Napolitano – che nessuno ‘scudo’ è stato offerto a chi è imputato in procedimenti penali da cui non può sentirsi ‘esonerato in virtù dell’investitura popolare ricevuta”.

Il Capo dello Stato, sempre facendo riferimento all’articolo a firma di Massimo Giannini, sostiene che “è falso che mi siano stati chiesti “provvedimenti punitivi contro la magistratura”: nessuna richiesta di impropri interventi nei confronti del potere giudiziario mi è stata rivolta, come era stato subito ben chiarito nel comunicato diramato alle ore 13.00 dalla Presidenza della Repubblica. Comunicato che Giannini ha ritenuto di poter di fatto scorrettamente smentire sulla base di non si sa quale ascolto o resoconto surrettizio. Nè la delegazione del Pdl – continua Napolitano – mi ha “annunciato” o prospettato alcun “Aventino della destra”. L’incontro mi era stato richiesto dall’on. Alfano la domenica sera nell’annunciarmi l’annullamento della manifestazione al Palazzo di Giustizia di Milano (poi svoltasi la mattina seguente senza preavviso, da me valutata “senza precedenti” per la sua gravità)”. L’incontro al Quirinale con i rappresentanti della coalizione cui è andato il favore del 29% degli elettori, continua Napolitano, “era stato confermato dopo mie vibrate reazioni – di cui, del resto, il suo giornale aveva ieri dato conto – espresse direttamente ai principali esponenti del Pdl per la loro presa di posizione. Quel rammarico, ovvero deplorazione, è stato da me rinnovato, insieme con un richiamo severo a principi, regole e interessi generali del paese che, solo con tendenziosità tale da fare il giuoco di quanti egli intende colpire, Giannini ha potuto presentare come “riconoscimento al Cavaliere di un legittimo impedimento automatico, o di un ‘lodo Alfano” provvisorio”.

Nell’incontro di ieri sera (martedì sera-ndr) con il Comitato di Presidenza del Csm – incontro da me promosso, in segno del mio costante rispetto verso la magistratura e il suo organo di autogoverno (e semplicemente omesso nell’articolo di Giannini) – è risultato ben chiaro che nessuno “scudò’ è stato offerto a chi è imputato in procedimenti penali da cui non può sentirsi “esonerato in virtù” dell’investitura popolare ricevuta”.

“Mi auguro che da parte di Giannini, anzichè deplorare aggressivamente il Capo dello Stato per non avere manifestato lo “sdegno” e la “forza” che il bravo giornalista avrebbe potuto suggerirgli – conclude Napolitano – ci siano in ogni occasione rigore e zelo nei confronti di tutti i sediziosi, dovunque collocati e comunque manifestatisi”.

E’ comunque la fine di un idillio durato molti anni. E il segno che stavolta Napolitano ha superato di molto i confini – da lui considerati pur sempre elastici – della corretterrezza costituzionale. O, in altri termini, che le sue preoccupazioni immediate (la formazione di un governo che in qualche modo sia sostenuto anche dal Pdl) abbiano superato di gra lunga quelle di lungo periodo (ricevere la delegazione del Pdl dopo la “marcetta” è di fatto una diminuzione della gravità dell’episodio, dal punto di vista della Costituzione e della separazione dei poteri).

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