L’uscita di scena di Berlusconi è destinata a cambiare radicalmente lo scenario politico italiano. È una constatazione, non una previsione.
Non bisogna farsi abbagliare dalle fibrillazioni nel Pdl, tutte facilmente spiegabili con il panico di un personale politico di basso livello che vede avvicinarsi l’ora del pensionamento definitivo. Ce ne saranno molte, naturalmente. E alcune particolarmente “violente” (l’Aventino o le dimissioni in massa sono al di là delle loro ossibilità; figuriamoci se escono volontariamente dal Palazzo…), sul piano verbale da talk show.
È un fatto che Berlusconi stesso stia calmierando le reazioni dei suoi pasdaran, consapevole che l’uscita dalla politica è ormai un fatto, mentre il mantenimento del proprio impero economico è la principale condizione posta per una sua “dipartita ordinata”. La Cassazione, il 30 luglio, aprirà ufficialmente la fase della “successione”, del passaggio alla “terza repubblica”.
La conferma viene, ma non è una sorpresa, dal comportamento del Pd, che ha avallato la richiesta di “sospensione dei lavori” del Parlamento per un giorno – invece dei tre chiesti da Brunetta – in segno di protesta del “legislatore” contro la fissazione di una data per una sentenza di Cassazione. La questione non è opinabile: il Pdl ha chiesto questa sospensione, bloccando anche un vertice di governo, come forma di protesta politica. Chi l’ha avallata, al di là delle formule di rito (“qualche ora di discusione interna a un gruppo parlamentare non si nega a nessuno”), ha aperto il portone a una violazione lampante della divisione dei poteri. Il Pd, insomma, è l’esatto contrario della “resistenza antiberlusconiana”; è il complice principale, da venti anni, della “resistibile ascesa” del Cavaliere. Ora che deve accomodarsi alla porta, dopo aver realizzato tutto quello che era più utile per distruggere Costituzione e sinistra politica, il Pd lo accompagna amichevolmente verso un futuro da pensionato. Ricchissimo, naturalmente (e gliela pagheremo noi una “pensione d’oro” in aggiunta alle sue ricchezze personali).
Ma è inutile anche addentrarsi troppo nel balletto che le varie “forze politiche” stanno imbastendo in questi giorni. Le proteste “beneducate” di Sel, quelle “scamiciate” dei grillini, le finte bizze dei renziani, il silenzio chiarissimo dei centristi… tutto dovuto, contorno, recitazione e coro.
Una sola cosa è fermamente stabilita: il “programma di governo”, di qualsiasi governo nazionale, viene scritto a Bruxelles e dintorni, di concerto tra Bce, Fmi e Ue. La Troika stabilisce quel che bisgna fare, come rovesciare gli assetti e i rapporti sociali di questo paese; le forze politiche devono trovare un equilibrio interno per realizzare questo programma con il minimo degli intoppi.
Il “blocco sociale” berlusconiano era uno di questi intoppi – basta vedere la stolida e propagandistica insistenza sull’abolizione dell’Imu e dell’aumento dell’Iva per rendersene conto – e la pressione europea va dritto a un ridimensionamento drastico del suo peso “politico”.
L’altro intoppo, assai meno granitico, è lo stato sociale, il residuo di diritti e contratti di lavoro, di “contrattabilità” in generale della prestazione lavorativa. Il rappresentante politico putativo di questo residuo – il Pd – “deve” subire la stessa sorte. Per questo è già pronto Matteo Renzi, col suo carico di “nuovo nulla” lanciato contro quel pochissimo che resta di “antico”.
L’estate segnerà l’inizio di una nuova epoca della politica italiana, in cui – a rigore – non ci sarà più alcuna influenza democratica possibile sul cuore della “politica” (produzione e redistribuzione della ricchezza prodotta in ambito nazionale), ma solo grandi esibizioni retoriche su alcuni “diritti umani” derivati. Eliminato il problema di garantire il principale dei diritti umani – a un’esistenza dignitosa – chiunque si potrà sbizzarrire su come assicurare che gli altri siano rispettati. Magari da altri paesi ancora non raggiunti e aggiogati dal verbo neoliberista.
E’ chiaro che un solo partito-regime, fatto con le seconde e terze schiere degli attuali Pd e Pdl, lascerebbe scoperto il fianco in maniera eccessiva ai tentativi – anche improbabili – di costituire nuove forme di rappresentanza “alternative”. Un qualcosa di qualificabile come “centrodestra”, minimamente distinguibile da un qualcosa etichettato arbitrariamente come “centrosinistra”, dovrebbe comunque restare. Intercambiabile all’occorrenza e senza resistenze assurde davanti all’eventualità di un altro governo di “larghe intese”. Tanto…
Il cuore della partita si giocherà in autunno. Lì, o prenderà vita un’opposizione di massa riconoscibile, con chiarezza di prospettive e un’idea di cambiamento plausibile, oppure questo prgetto autofago del capitale multinazionale segnerà dei successi. Tragici per tutti noi.
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carmine
E chi dovrebbe gestire un’opposizione di massa ammesso che possa diventare tale?y
Daniele
Anche questo articolo di Alessandro Avvisato mi trova d’accordo, infatti il vero problema non è la liquefazione dei due finti partiti fotocopia PD-PdL o gli urlacci inutili e ridicoli dei grillini e tantomeno la finta opposizione (inutile citarla); il vero guaio per noi, popolo lavoratore, è che il cantiere di Ross@ è ancora agli inizi, giustamente poichè non si tratta di una cosuccia raffazzonata con slogan come il “programma” di Beppe Grillo deciso in 30 secondi e ratificato da un’assemblea acefala e plaudente, infatti la ri-costruzione di un vero partito comunista è cosa lunga e difficile e nel frattempo il nemico avanza; sarà nostro compito resistere (e sarà molto difficile dati i sindacati complici CGILCISLUIL) fino a che la controffensiva non sarà pronta, ma temo ci vorranno anni, di fatiche e di lotte incessinanti, ma almeno non di retroguardia.
Mic
“Eliminato il problema di garantire il principale dei diritti umani – a un’esistenza dignitosa – chiunque si potrà sbizzarrire su come assicurare che gli altri siano rispettati”. Un caso lampante a Milano: la giunta Pisapia aumenta la tassa sui rifiuti, ma in cambio ci regala il “registro sul biotestamento”…
Renn
L’opposizione di massa sta hai sindacati di base, ai movimenti ‘NO’ dei territori, ai comitati referendari. Si tratta di lotta per la giustizia sociale battuta da 30’anni e più. DEVE essere una lotta, un -guerra- vera e TOTALE.
Lambro
Non esistono più spazi per il ‘riformismo’, per vie ‘socialdemocratiche’ che hanno in parte supportato le migliorìe degli anni 60/70. Dalla ‘trampa’ del Compr. Storico in avanti è stata la fine. Ora non vi è nemmeno lo ‘spauracchio contro-bilanciante’ di un teorico -campo socialista- (ex-URSS ecc…) quindi SIAMO SOLI, nei movimenti, nei territori, nelle singole lotte, tutte scollegate e divise. Le classi subalterne sono configurate diversamente ma restano tali pur NON AVENDONE COSCIENZA. Quali vie? La lotta. Chi resisterà e oserà di più potra sperare in un cambio. RIVOLUZIONE !