Ad accendere la miccia è stata il ministro degli esteri Bonino la quale ha rivelato come: “Durante la Festa della Repubblica dissi ad Alfano di seguire il caso di persona”. La Bonino però salva se stessa e afferma di non avere pensato alle dimissioni perchè “non sarebbero servite, quando ho saputo di questa storia quella poveretta era gia’ in Kazakistan”. Eppure la già pessima figura collezionata sulla vicenda dello spazio aereo negato al presidente boliviano Morales dovrebbe forse suggerirle qualche pensiero in tale direzione.
In riferimento ad alcune interpretazioni apparse su organi di stampa la Farnesina fa sapere che “non ha alcuna competenza in materia di espulsione di cittadini stranieri, né accesso ai dati” su persone che abbiano ricevuto lo status di rifugiato politico in Paesi terzi” si legge in una nota del ministero degli Esteri sul caso Ablyazov. “Con riferimento ad alcune interpretazioni apparse su organi di stampa odierni sul provvedimento di espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua – si legge nella nota – la Farnesina ribadisce che il Ministero degli Esteri non ha alcuna competenza in materia di espulsione di cittadini stranieri dall’Italia né, in base alla normativa, ha accesso ai dati relativi a cittadini stranieri ai quali sia riconosciuto da Paesi terzi lo status di rifugiato politico.
Dal canto suo quello che appare al momento il principale responsabile – almeno per le competenze assegnategli nelle responsabilità di governo – il ministro Alfano, annuncia che “cadranno delle teste”. Il premier Enrico Letta vorrebbe ridurre i danni e chiudere in fretta il giallo Ablyazov prima che le tensioni tra Farnesina e Viminale diventino devastanti. Alfano dovrebbe presentarsi giovedì alla Camera con i nomi dei ‘colpevoli’ delle omissioni che hanno portato ad un vergognoso pasticciaccio internazionale. Ogni giorno che passa, infatti, i misteri e le domande inevase aumentano e le fibrillazioni interne alla maggioranza si moltiplicano. Il M5S ha confermato che presenterà una mozione di sfiducia sul ministro Alfano.
Sotto tiro anche la Polizia di Stato per le modalità con cui è stato condotto il blitz nell’appartamento di Casal Balocco dove risieda la moglie di Ablyazov con la figlioletta, la sorella e il cognato. La testimonianza di Alma Shalabayeva – pubblicata su Contropiano ieri – è un atto di accusa piuttosto pesante e circostanziato. La Questura di Roma, ha smentito che la donna abbia subito maltrattamenti durante il blitz del 29 maggio nella villa di Casalpalocco. Infatti non era stata la moglie ma il cognato di Ablyazov, Bolat, ad essere stato pestato durante il blitz.
Secondo una prima ricostruzione, il 27 maggio, l’ambasciatore del Kazachistan in Italia incontra il capo di gabinetto di Alfano, Procaccino che lo manda a discuterne con il capo della segreteria del Capo della Polizia, Valeri, il quale registra che a Casal Palocco è stato scovato un pericoloso nemico pubblico del Kazakhstan, e indica all’ambasciatore come procedere. L’ambasciatore kazaco prepara così una nota per la questura di Roma. La stessa nota viene girata anche all’ufficio dell’Interpol, dove effettivamente risulta che Mukhtar Ablyazov è ricercato sia dal Kazakhstan sia dalla Russia. L’Interpol riceve ma del tutto meccanicamente gira la questione al Questore di Roma, Fulvio della Rocca, e al capo della Squadra Mobile romana, Renato Cortese. L’Interpol, nella sua filiale italiana Criminalpol, diretta dal vicecapo della polizia Francesco Cirillo, omette però di segnalare alla questura che Ablyazov non è soltanto un ricercato per truffa, ma anche un esule protetto da asilo politico concesso dalla Gran Bretagna. Il nome del ricercato viene inserito anche nel sistema Sirene, una sorta di banca dati tra i paesi aderenti al Trattato di Schengen. Da questo data base dovrebbe emergere che Ablyazov e moglie hanno avuto un permesso di soggiorno dalla Lettonia e godono di asilo politico dalla Gran Bretagna. Ma questa informazione rimane nei cassetti.
Insomma seguendo questa ricostruzione pare proprio che i vertici della Polizia di Stato siano andati in automatico nel gestire la vicenda, saltando qualche procedura qua e là per risolvere la rogna in tempi stretti, metterci una pietra sopra e, se tutto fosse andato bene, riscuotere qualche gratifica in termini di promozioni. Ma, come accade sistematicamente, un errore di procedura ne innesca sempre uno più grande. I tentativi di metterci una toppa ne producono infine uno più grande ancora.
Ma in discussione qui non ci sono solo le procedure dei funzionari alti, medi e bassi della Polizia di Stato (incluse le modalità del blitz a Casal Balocco), in discussione c’è la gestione e le responsabilità delle autorità italiane negli affari internazionali. Sul nostro paese pesa ancora la vergogna del caso Ocalan, l’aggressione alla Libia violando il Trattato bilaterale, la negazione dello spazio aereo al Presidente boliviano Morales. Vicende vergognose non ascrivibili solo a Berlusconi e alle sue amicizie con i satrapi di mezzo mondo. Le relazioni “speciali” tra Eni, Italia e Kazachistan sono precedenti all’epoca berlusconiana. E forse una bussatina alle porte dell’Eni per saperne di più su questa vicenda non sarebbe inutile. Sul caso Ocalan, ad esempio, ne sa di più di quello che ci hanno fatto sapere.
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