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“Modello Expo”, la nuova frontiera della precarietà

A volte si fa informazione migliore “destrutturando” l’informazione nemica. Ci sembra il caso di ricorrere a questo metodo sul caso dei “contratti Expo”, ultima invenzione linguistica per imporre a tutto il lavoro dipendente in Italia le condizioni della precarierà assoluta.

Prendiamo come traccia direttamente l’articolo pubblicato dal Sole24Ore, organo di Confindustria, che dà conto dell’”intervento deciso” del ministro Giovannini, un altra “caterpillar tecnico” messo al ministero del welfare subito dopo Elsa Fornero.

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Expo 2015, Giovannini alle parti sociali: accordo entro metà settembre o interverrà il governo

Sui contratti a termine più flessibili in vista di Expo 2015 e sulle modifiche in questo senso della legge Fornero il Governo dà alle parti sociali la scadenza di metà settembre per raggiungere un’intesa. Se ciò non accadrà, sarà l’Esecutivo a intervenire. «Il governo intende favorire un punto di equilibrio. È preferibile che siano le parti sociali a concordare un’intesa quadro entro metà settembre», ma «se entro tale data non sarà raggiunta il Parlamento e il governo interverranno». È quanto avrebbe detto il ministro Giovannini al tavolo con le parti sociali sui contratti dell’Expo 2015. Apprendistato breve e sgravi contributivi per la trasformazione dei contratti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato: questi i due punti che Giovannini, reputa particolarmente importanti per raggiungere un’intesa.

Redazione.Pochi tratti di penna per delineare lo scenario. Servono “contratti a termine più flessibili” perché c’è “in vista l”Expo 2015”. A chi servono? Teoricamente alle imprese impegnate nella costruzione di un grande complesso fieristico (immobiliare e infrastrutture, insomma), servizi compresi. Un impegno per definzione “a termine”, perché quando si aprirà l’Expo finisce anche l’attività principale, mentre si mettono in moto – per poco tempo, comunque – quelle più direttamente legate all’”evento”. I contratti a termine, per i lavoratori da utilizzare, già esistono da parecchio (li introdusse nientemeno che il “pacchetto Treu”, nel 1997). La “riforma Fornero” del mercato del lavoro ne riduceva soltanto un aspetto: la rinnovabilità dei contratti a termine, quasi sempre usati dalle imprese per mascherare delle assunzioni di fatto “stabili” ma godendo di calitazioni fiscali e soprattutto normative (un lavoratore che si deve “guadagnare” il rinnovo del contratto a fine periodo è un lavoratore sotto ricatto perenne). Non che li rendesse impossibili da rinnovare, ma chiedeva alle imprese di indicare una “causale” per il ricorso q eusto tipo di contratto (un giustificazione, insomma), e imponeva anche un congruo periodo di tempo tra la fine di un contratto e il suo rinnovo (altrimenti, lo si capisce senza grande sforzo, un’impresa oggi ti licenzia per fine contratto e domani ti riassume alle stesse condizioni, magari persino con uno stipendio più basso).

Cosa hanno chiesto le imprese, con la scusa dell’Expo? Di applicare queste norme “in via sperimentale” e su scala nazionale per tre anni. Difficile capire perché imprese calabresi o emiliane dovrebbero usufruire di una simile “agevolazione” per praticare il loro business abituale. Anzi, risulta difficile digerire i contratti a termine anche per le imprese direttamente impegnate nella costruzione dei padiglioni dell’Expo e nelle relative infrastrutture (strade, condotte lettriche e idrauliche, ecc), visto che si tratta di grandi gruppi industriali che finita un’opera in egnere ne cominciano subito un’altra.

Come hanno reagito i sindacati complici (Cgil, Cisl e Uil)? Dicendo all’inizio che questa dell’Expo era poco più che un scusa per svuotare il mercato del lavoro di ogni tutela giuridica, ma dimostrando comunque l’intenzione di “trattare” con Confindustria. Ovvero di “venire incontro” a richieste criminali e criminogene (molta più gente muore sul lavoro quando le regole vengono allentate), con l’ovvia motivazione del “bene del paese”, “favorire l’occupazione”, ecc. Ma una “trattativa” presuppone che anche la controparte rinunci a qualcosa, altrimenti è difficile spiegare ai propri “rappresentati” quale sia la differenza tra un “successo negoziale” e una “resa senza condizioni”.

Cosa ha detto, infine, il ministro del welfare? Atteggiandosi a buon padre burbero alle prese con figlioli discoli e litigiosi, ha intimato: “o vi mettete d’accordo o intervengo io e decido…”. Ma la gestione di uno stato – e delle leggi che regolano la vita pubblica – non è esattamente come una gestione familiare. Anche perché, se non altro, i “figlioli” in questione (imprese e lavoratori) non sono dei minorenni o minorati, ma adulti portatori di interessi (teoricamente) diversi e contrapposti.

Apprendistato breve e sgravi contributivi: i due pilastri per l’intesa
Il ministro si riferisce, in particolare, all’apprendistato breve (due anni) e all’estensione degli sgravi contributivi previsti dal pacchetto lavoro per la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato. Lo stesso Giovannini avrebbe poi fatto presente che quello di oggi é un primo incontro nel quale cogliere dalle parti sociali la disponibilità a intraprendere la strada indicata dal governo.

Red. Le due chiavi di volta per “rimuovere i contrasti tra le parti” sono indicati con molta chiarezza, ma con un ventaglio di disposizioni “tecniche” come sempre molto complesso e tali da oscurare il merito delle misure alla comprensione dei più. Se poi non vengono neppure indicate….

Griglia di interventi in base a territori, settori di attività e durata
Il ministro, sempre secondo quanto si apprende, avrebbe spiegato come l’obiettivo sia quello di «costruire una griglia di interventi in base a territori, settori di attività economica e durata».

Red. Appunto. Una “gliglia”, o un setaccio, che polverizzi la “comunanza di trattamento”, per impedire il più possibile che i lavoratori dei vari “ territori, settori di attività economica e durata (ontrattuale, ndr) possano riconoscersi con interessi tutto sommato uguali. Divide et impera, né più né meno.

Bonanni: non ci sottrarremo ad esigenza flessibilità
La Cisl è pronta a forme contrattuali flessibili per Expo 2015. «L’Expo è un’occasione importante per dimostrare che tutti sappiamo reagire con soluzioni innovative e responsabili». Lo avrebbe sottolineato il leader della Cisl Raffaele Bonanni, intervenendo al tavolo Governo-parti sull’Expo. «Può diventare una palestra per inaugurare una discussione nuova nel paese – avrebbe spiegato – vale sia per le parti sociali che per il governo. Il sindacato – avrebbe aggiunto – non si sottrarrà all’esigenza di trovare forme flessibili per aumentare l’occupazione. In tal senso è apprezzabile che il governo intenda affidare la questione alle parti sociali in un tempo adeguato per trovare le soluzioni più adeguate». Per la Cisl, tuttavia, la strada da percorrere è quella «dell’accordo interconfederale nel quale pensiamo di coinvolgere anche le realtà territoriali, in particolare della Lombardia, che hanno già iniziato a discutere sultema dell’Expo. La questione centrale è per noi come aumentare le retribuzioni e le tutele previdenziali e formative per i lavoratori flessibili. Questa è la strada giusta per combattere la precarietà dei giovani».

Red. Volete davvero che commentiamo Bonanni? E per dire cosa? Che ha firmato anche questa prima ancora che la “trattativa” cominci? Va bene, lo diciamo. E se si offende un’altra volta… chi se ne frega. Un servo è un servo è un servo.

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