L’uscita di Berlusconi dal palcoscenico della “politica” sembra percorrere i binari antichi del doroteismo italiano. I più giovani non conoscono probabilmente neppure questo nome, eppure i “dorotei” erano la corrente centrale e centrista della Democrazia Cristiana, quella dei notabili ricchi di tessere, poveri di idee, privi di coraggio politico e senso dello Stato. In quella congrega di furbacchioni restii ad affrontare di petto qualsiasi problema serio – ma pronti a mostrare il petto davanti a ogni pericolo non serio – la “soluzione politica” era sempre un lento sgocciolare del problema attaverso le maglie dei cavilli, dei sotterfugi, degli accordi sottobanco. Fino all’esaurimento dell’attenzione pubblica e il passaggio “indolore” a una situazione diversa.
Tra il Colle, la direzione del Pd (se ce n’è una, oppure un insieme di “notabili dirigenti”) e l’anticamera di Arcore sembra evidente un andirivieni forsennato che ha per obiettivo l’uscita di scena del Cavaliere in cambio della sua “protezione” da ulteriori attenzioni della magistratura. Il quadro è leggermente complicato dal fatto che anche la sua corte chiede di essere mantenuta come “ceto politico” anche al di là del luttuoso evento della dipartita del Capo; e soprattutto il “blocco sociale” fin qui rappresentato dal centrodestra pretende di essere risparmiato dai colpi feroci imposti della Troika, tra una spending review che vada finalmente a scavare tra consulenze e appalti (invece di colpire il pubblico impiego o il residuo welfare esistente) e soprattutto un nuovo insieme di “regole europee” che potrebbero eliminare il “microambiente” entro cui sono prosperati interessi economici “non capitalistici”, ovvero solo parassitari.
Il cuore di questa “trattativa” è in questi giorni la Giunta per le elezioni del Senato che deve giudicare se un condannato in via definitiva di nome Silvio debba o no decadere dall’occupazione del seggio. Un percorso che si annunciava brevissimoe che si sta rivelando invece “di lunga durata”, con Pdl e Pd impegnatissimi nel concedere al Delinquente (senza offesa per quanti hanno dovuto infrangere qualche legge per motivi di necessità vitale) tutto il tempo che questi chiede prima di giungere all’inevitabile decisione: game over.
Il Pd non può far altro che votare contro la “relazione Augello”, insieme a Sel, montiani e grillini; e quindi per la decadenza di Berlusconi. Le quasi-lacrime cui è stato costretto nei giorni scorsi, in una festa del Pd, un individuo con molti metri di pelo sullo stomaco – al secolo Luciano Violante – sono indicative di una “linea rossa” che nemmeno per quesa classe dirigente piddina è possibile oltrepassare: Berlusconi va messo fuori. Il “popolo di centrosinistra” si è bevuto di tutto per quaranta anni eè disposto a verselo per altrettanto tempo in nome dell’”interesse nazionale”. Si può togliergli la pensione e l’articolo 18, buttare a mare la Costituzione e legarlo al carro di Tespi di un’Unione Europea governata dalle banche; ma non si può “abbandonare” per strada l’unico collante che da vent’anni lo tiene insieme: l’antiberlusconismo. Oltrepassare quella linea rossa significherebbe sciogliere nell’acido un consenso elettorale ondivago e schifato, ma sempre ricattabile col mantra ipnotico del “voto utile per non far vincere Berlusconi”. Ora che il Delinquente ha politicamente la testa sul ceppo, nessuno del Pd può pensare di evitare il taglio.
Nonostante l’attivismo giovanilista di Giorgio Napolitano, in sintonia con Letta il Giovane e soprattutto quello Vecchio.
Quindi – la conferma arriva dalle parole di Renzi, uno che con Berlusconi ha trescato molto e che ci avrebbe volentieri fatto un governo assieme, ma che fiuta l’aria come un beagle da salotto – “game over”.
“Ce lo chiede l’Europa”, in fondo. La quale lo ha già scartato ed eliminato due anni fa. Impensabile che una leadership italiana si presenti ancora in un vertice con questa palla al piede (tradotto: con quel suo “blocco sociale non capitalista” che frena le “riforme strutturali” molto più dei sindacati complici).
Quindi. Oggi alle 15 si riunisce di nuovo la Giunta del Senato. Ci sarà un po’ di tran tran (chiamato “discussione”) che si trascinerà per una settimana. Giovedì prossimo, se non ci sono altri intoppi, il voto finale.
Il Pdl lavora naturalmente per ceare gli intoppi, e il Pd per smussarne la criticità, ma accettando un ulteriore slittamentto dei tempi. In ballo c’è infatti ancora la “stabilità del governo”. Ovvero: serve tempo per trovare berlusconiani in fuga e “grillini atipici” utili ad accroccare una nuova maggioranza nel caso Alfano e Silvio ritirino davvero il loro sostegno all’esecutivo. Un governo che imbarchi anche Vendola, naturalmente, e che abbia come unico scopo – leggere Epifani, oggi – “una nuova legge elettorale”. Oltre alla “legge di stabilità” finanziaria, senza la quale lo spread volerebbe a livelli ciprioti.
Per chi proprio non può fare a meno di intossicarsi con “le dichiarazioni” dei politici, ecco qui di seguito il riassunto di giornata nella versione dell’agenzia Asca. Noi vi abbiamo fornito una – realistica e quasi oggettiva – chiave di lettura.
È durata neppure ventiquattr’ore la tregua tra Pd e Pdl nella Giunta per le elezioni del Senato. Nella riunione dell’Ufficio di presidenza di ieri della commissione non c’è stato accordo sul calendario dei lavori dei prossimi giorni. Non essendoci un’intesa, toccherà a Dario Stefano, presidente della Giunta, tentare oggi la mediazione: “In apertura di seduta, cercherò di fare una proposta di mediazione che ottenga il via libera dalla piu’ ampia maggioranza. Le posizioni non sono molto distanti, pertanto penso che si possa arrivare a una decisione condivisa”. è la sorte dell’esecutivo a preoccupare perchè il Pdl torna a minacciare la crisi nel caso si voti a favore della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore come conseguenza della condanna a quattro anni di reclusione per frode fiscale. Ribadisce Stefano: “La Giunta non può farsi condizionare dalle sorti del governo, altrimenti non opererebbe in punta di diritto ma per appartenenza politica”. Giacomo Caliendo, Pdl, vicepresidente della Giunta, aveva proposto di fissare il voto sulla relazione di Andrea Augello, Pdl, non prima di due settimane o al massimo entro venerdi’ 20 settembre. Il Pd ha controproposto di votare nei primi giorni della prossima settimana. Il M5S auspicava il voto in tempi brevi e proponeva di far lavorare la Giunta nel weekend. “L’intenzione di tutti è quella comunque di votare entro la prossima settimana. Pertanto penso che a un’intesa si possa ancora arrivare”, è l’opinione di Stefania Pezzopane, Pd. Malgrado i tentativi di mediazione sui tempi di lavoro della Giunta che torna a riunirsi oggi alle 15, il problema è che non sembra esserci un punto d’incontro politico in grado di accontentare Pdl e Pd. Il partito di Berlusconi continua a sollevare la questione dell’incostituzionalità della legge Severino che prevede la decadenza e l’incandidabilità per chi è condannato per alcune tipologie di reato come la frode fiscale. Da qui la richiesta di attendere il giudizio della Consulta o di una istituzione internazionale, per esempio la Corte europea di giustizia che ha sede a Lussemburgo. Il Pd ha chiuso la porta fin qui a queste ipotesi anche per la forte pressione che secondo alcune indiscrezioni arriverebbe dalla base del partito per evitare ogni tipo di mediazione con il Pdl. Quest’ultimo è preoccupato che con la decadenza di Berlusconi dal suo ruolo di senatore il leader del centrodestra possa diventare facile preda di nuove inchieste giudiziarie. Dai vertici del Pdl si continua inoltre a ripetere che Berlusconi non si dimetterà per propria iniziativa dal Senato e che l’unica soluzione potrebbe arrivare per iniziativa del Quirinale, con la grazia – che occorre però che i famigliari o lo stesso Cavaliere richiedano – o con la commutazione della pena. Dopo il voto in Giunta sulla decadenza di Berlusconi che si prevede arriverà entro i prossimi dieci giorni, spetterà all’Aula del Senato pronunciarsi. Il Pdl preferirebbe che questo passaggio avvenisse prima del 19 ottobre, quando è prevista l’udienza della terza sezione della Corte d’Appello per rideterminare la pena accessoria nei confronti di Berlusconi da 5 a 1 o 3 anni, come indicato dalla Cassazione che ha confermato la condanna per frode fiscale. Dichiara da Sanremo, dove è in corso una iniziativa del “Giornale”, Angelino Alfano, segretario del Pdl e vicepremier: “Stanno trattando la vicenda della decadenza del leader del centrodestra italiano come se fosse la finale di Coppa del Mondo, come se dovessero alzare una macabra coppa. Tutto ciò ci pare davvero insopportabile e inaccettabile”. Replica Guglielmo Epifani, segretario del Pd: “Non si possono rimandare oltre ogni ragione i tempi della Giunta del Senato. In un Paese normale l’applicazione della legge non dovrebbe minare la stabilità del governo”. Ospite in serata di “Porta a Porta” su Raiuno, Matteo Renzi non lascia spazio a mediazioni: “è arrivata una sentenza definitiva. Berlusconi la ritiene ingiusta, altri pensano che sia sacrosanta. In un qualsiasi Paese dove un leader politico viene condannato, la partita è finita. Game over”. Quanto al problema delle ripercussioni sul governo dell’ eventuale decisione della Giunta del Senato a favore della decadenza dell’ex premier, il sindaco di Firenze e candidato alla segreteria del Pd precisa: “Sono certo che Berlusconi non farà la crisi. In qualsiasi Paese al mondo Berlusconi sarebbe già andato a casa di suo, poi è libero di pensare che è una ingiustizia. Non so cosa conviene al Pd, ma so che bisogna mettere un punto. Letta deve avere il supporto di tutti e non avere paura. Governi. Si preoccupi di tagliare il cuneo fiscale e di intervenire sulle cose da fare”.
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Daniele
Francamente: echissenefrega! Abbiamo problemi più gravi dei rantoli di una ciurmaglia al governo da trent’anni grazie al sicuro sostegno di PCIPDSDSPD, ora come allora una congrega truffaldina e composta di servi, tutti alla manifestazione del 18-19-20 OTTOBRE! OTTOBRE ROSSO!!!!