Al di là del chiacchiericcio politico – quel mondo dove “ognuno dice la sua” e nulla si può capire con certezza – c’è sicuramente un altro mondo dove invece le valutazioni si traducono immediatamente in fattI: i mercati.
E le reazioni di stamattina dicono il Cavaliere non ha speranze. Inutile addossargli la colpa della caduta pesante di Piazza Affari (-2% subito, all’apertura), perché già Tokyo aveva chiuso con cifre negative simili. Ma in quel caso pesano molto di più fattori globali come l’indice manifatturiero cinese più basso del previsto, il braccio di ferro al Congresso Usa sul bilancio federale (che richia di bloccare tutto il settore pubblico statunitense già nelle prossime ore), i non esaltanti risultati economici interni e un po’ anche la crisi politica italiana, che vista da fuori deve sembrare una nave dei folli.
Sul rapido impennarsi dello spread, invece, le responsabilità del Caimano sono trasparenti, perché l’affidabilità finanziaria dei titoli di stato dipendono in grande misura anche dall’affidabilità dello Stato in questione. E una nave dei folli non dà grandi garanzie a lungo termine.
Ma c’è un dato ancora più solare: il titolo Mediaset crolla del 5%. Segno che la credibilità di quell’azienda quotata in borsa, e che tutti identificano con il Jockerman, è molto più bassa della media del paese.
Non è la prima volta che i mercati puniscono duramente Berlusconi e lui è il primo a saperlo. Nel novembre di due anni fa, quando ancora cercava di resistere a Palazzo Chigi nonostante l’Unione Europea gli avesse voltato platealmente le spalle (ricordate i sorrisi di compatimento di Sarkozy e Merkel?), in sole due ore lo spread salì a 575 punti (stamattina si è riavvicinato ai 300). Soprattutto, in quelle due ore, il titolo Mediaset perse il 12%. Berlusconi capì al volo e uscì dal Palazzo con le mani alzate, mentre Mario Monti attendeva già nella hall.
Stavolta, è vero, non spazio alle spalle per arretrare. Ma il suo esercito di fedeli si sta sciogliendo come neve al sole. Ci sarà chi lo fa guardando ai sondaggi, chi alle pressioni dei propri poteri di riferimento (il palermitano Alfano deve aver subodorato qualcosa, dopo aver visto che tutti i parlamentari siciliani del Pdl sono già pronti a trasferirsi altrove), che guardando ai listini di borsa. Gli indicatori sono univoci: tutti vanno in picchiata. In quanti accetteranno di restare a bordo fino al momento in cui l’astronave berlusconiana toccherà rovinosamente il suolo?
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