Più si avvicinano le mobilitazioni dell’opposizione, più si mettono al lavoro provocatori, spie, mestatori mediatici, minutaglia varia. Anche prima di Genova 2001 si era avuta l’identica dinamica…
Ieri sera è esploso l’ennesimo “allarme terrorismo” per una “pacco bomba” arrivato martedì alla redazione de La Stampa di Torino, indirizzata a Massimo Numa, il giornalista con dichiarate simpatie neofasciste “addetto” a condurre la campagna contro il movimento No Tav. Leggiamo dal foglio di casa Fiat: “Centoventi grammi di polvere esplosiva pressata dentro un hard disk, con tanto di cavetto per il collegamento al computer“.
Impressionante, vero? Il servizio di cronaca dice anche che questo plico era addirittura “atteso” in redazione: “Il plico recapitato martedì era stato annunciato da una telefonata, un mese e mezzo fa. Sembrava una segnalazione come tante, di un lettore che voleva offrire documentazione fotografica sui campeggi di lotta No Tav a Venaus e Chiomonte. Il cronista si è dichiarato disponibile a ricevere il materiale”. Ma si trattava di “un trappola”.
Prosegue la cronaca impressionistica: “Alle 10,30, la busta è stata recapitata al giornale. Senza mittente. È stata subito identificata come sospetta ed è stata lasciata sul banco dei sorveglianti, all’ingresso della redazione. È rimasta lì finché il giornalista non l’ha prelevata per portarla sulla propria scrivania. Un lembo della linguetta di chiusura era leggermente scollato, abbastanza da poterlo sollevare per guardare dentro e notare le prime parole sulla lettera di accompagnamento all’oggetto che appesantiva il plico. Il giornalista ha aperto, estratto foglio e hard disk, infilati nella busta assieme al cavetto di collegamento per il computer. Il cronista ha letto il documento e poi si è fermato. Un gesto d’istinto. Ha chiamato la polizia, lasciando la memoria per pc sulla scrivania, accanto a lettera e cavetto. Gli agenti di Digos, reparto Artificieri e Scientifica hanno esaminato l’hard disk, sembrava innocuo. Soltanto gli esami di laboratorio fatti alcune ore dopo hanno svelato che era una bomba. Potente. Confezionata con perizia. Con l’obiettivo di uccidere“.
Naturalmente il foglietto formato A4 – riferisce sempre La Stampa – altrettanto ovviamente “parlava della Tav” (di che altro volete parlare ormai a Torino? degli aiuti arbitrali alla Juve?).
Immediata la replica del movimento:
“PACCO BOMBA? DIETRO L’ANGOLO E’ COLPA DEI NO TAV
E’ evidente che dietro l’angolo è pronta l’ennesima campagna diffamatoria ai danni del movimento no tav. Apprendiamo dal sito de LaStampa che nella giornata di oggi giovedì 3 ottobre sarebbe stato recapitato alla redazione del quotidiano torinese un presunto pacco bomba nascosto in un hard disk. Sempre sul sito si aggiunge che in allegato vi era una lettera in cui si informava il cronista Massimo Numa che la memoria conteneva filmati relativi ai campaggi no tav dell’estate 2013. Il cerchio si chiude in fretta ed è evidente come vi sia una volontà esplicita di collegare il pacco con il movimento no tav. Respingiamo al mittente ogni collegamento. Il movimento no tav ha chiarito in più occasioni che non ha assolutamente nè la volontà nè l’interesse di creare danni alle persone. Pallottole e bombe non ci appartengono. Piuttosto continuiamo a sottolineare la faziosità e il comportamento indegno che alcuni cronisti e alcune testate hanno nei confronti del movimento stesso. Fatti come questo non ci impediscono di sottolineare lo squallido lavoro che lo stesso cronista Massimo Numa porta avanti in favore di interessi mafiosi e corrotti quali sono quelli del progetto tav Torino Lione e di tutti coloro che da questa inutile opera trarranno profitto a danno dei cittadini. Fatti come questo ancora di più aiutano questi personaggi ad apparire come vittime quali non sono.
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La nostra analisi dei fatti.
Siamo giornalisti e redattori anche noi, per quanto certamente più “modesti” dei colleghi de La Stampa (a cominciare dagli emolumenti…), e capita abbastanza spesso che lettori ci segnalino notizie, fatti, cerchino di inviarci materia cartaceo o informatico. Anche noi siamo abbastanza sospettosi verso i plichi – attesi o inattesi – inviati da “sconosciuti”.
Ma non ci è mai accaduto di ricevere un hard disk.
Non dipende certo dalle nostre dotazioni tecnologiche (qualche computer c’è anche da noi), ma da una considerazione assai più semplice: esistono un numero incalcolabile di supporti informatici, in grado di ospitare anche qualche decina di gigabyte, assai più comodi di un hard disk. Meno ingombranti, pesanti, costosi; più maneggevoli, spedibili, ecc.
Tutti supporti che hanno però un limite invalicabile come “supporto terroristico”: non possono in genere ospitare esplosivo, se non – in alcuni rari casi – 3-4 grammi.
Cosa vogliamo dire? Che chi ha inviato quel “pacco bomba” non voleva assolutamente “colpire” Massimo Numa o chiunque altro. Voleva invece che il giornalista o l’impiegato che raccoglie la posta si accorgesse immediatamente della “stranezza”; chiamando altrettanto rapidamente la polizia. Insomma: voleva un titolo sui giornali, esattamente del tipo che sono apparsi oggi (“Bomba a La Stampa, poteva uccidere”, “Pacco con hard disk bomba a La Stampa per un giornalista che si occupa dei No Tav”, “Hard disk carico di esplosivospedito a giornalista de La Stampa”, ecc).
La domanda successiva è scontata: titoli del genere sono nell’interesse del movimento No Tav? Ci sembra persino insultante rispondere… In compenso è chiarissimo a chi sia utili. Talmente utili da confezionare un hard disk per “creare la notizia”, che altrimenti non ci sarebbe stata. Sono gli stessi interessi che impediscono ai media – tra cui anche La Stampa e lo stesso Massimo Numa – di rendere pubblico che la Francia deciderà solo nel 2030 se il Tav tra Lione e Torino le interessa ancora; oppure che l’Unione Europea ha deciso di non finanziare più “grandi opere infrastrutturali”.
Quegli interessi, insomma, che stanno facendo dello Stato un servo sciocco ma feroce, agli ordini di un gruppo di costruttori senza nessuno scrupolo.
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