Un governo davvero originale. Che ramazza in giro soldi con nuove tasse sui consumi o taglia spese essenziali; ma che “mantiene i propri impegni internazionali”, anche quelli decisamente dubbi.
Il dubbio viene guardando alcune voci della “legge di stabilità” varato in fretta e furia il 15 ottobre, appena in tempo per spedirlo a Bruxelles per le correzioni, mentre il Parlamento comincerà una discussione completamente finta, con i partiti – o più precisamente le varie lobby interne – impegnati nel tirare una coperta corta e la cui gestione finale li prescinde.
Può risultare sorprendente o scioccante pensare che “per risparmiare” sia addirittura necessario concentrare le elezioni in un solo giorno giorno – la domenica – eliminando la mattina del lunedì. 100 milioni in meno di compensi agli scrutatori, un risparmiuccio quasi indolore. Ma contemporaneamente, all’articolo 3 del “collegato” al decreto legge “di stabilità” si prevede una spesa di 56.412.000 dollari statunitensi (circa 40 milioni di euro) per partecipare all’aumento di capitale della Banca di Sviluppo dei Caraibi.
Si tratta, spiega la Relazione illustrativa, di un istituto “con sede a Barbados, è una banca multilaterale di sviluppo fondata nel 1970 con lo scopo di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo dei paesi caraibici, promuovendone la cooperazione e l’integrazione economica, con particolare attenzione ai paesi meno sviluppati della regione. L’Italia ha aderito alla Banca di Sviluppo dei Caraibi con legge 17 maggio 1988, n. 198, con una quota azionaria del 5,73 per cento”.
Ma che ci fa lo Stato italiano, con i propri soldi, alle Barbados? Lo stesso ministero del tesoro, quando ancora si chiamava così, riassume il ruolo di questa banca nell’ambito delle iniziative di “cooperazione allo sviluppo”. Ricordando che “La Banca di Sviluppo dei Caraibi (CDB) è la maggiore istituzione finanziaria di sviluppo che opera nella regione istmo-caraibica. Ha sede a Wildey, St. Michael, nelle Barbados.Istituita nel 1970 sotto l’egida del Regno Unito e del Canada per svolgere la propria attività a favore dei paesi caraibici del Commonwealth, è venuta assumendo un’importanza crescente, allargando il raggio d’azione della propria attività in tutta la regione, ampliando il numero dei partecipanti e consolidandosi come organismo multilaterale, subregionale.
Agli inizi degli anni ’80, alla quasi totalità dei paesi insulari, membri regionali destinatari dei prestiti (Jamaica, Trinidade Tobago, Bahamas, Guyana, Barbados, Belize, Dominica, Grenada, S. Lucia, S. Vincent e Grenadine, Antigua e Barbuda, St. Kitts e Nevis, Anguilla, Montserrat, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Isole Turks e Caicos), si erano già aggiunti quali «membri non prenditori» i più importanti Stati del Centro America che si affacciano sul mare dei Caraibi: Venezuela (1973), Colombia (1974) e Messico (1982).
La Banca apriva quindi la partecipazione ad altri paesi industrializzati, oltre quelli fondatori (Canada e Regno Unito). Nel 1984 entra a far parte della Banca la Francia e nel 1988 l’Italia (legge 17 maggio 1988, n. 198), che ha un suo rappresentante nel Consiglio d’Amministrazione. La Germania diventa formalmente paese membro nel 1989. Dall’iniziodegli anni ’90 la Banca ha intensificato i contatti con paesi dell’America Latina, Europa, Asia nonchè con quelli regionali per favorire nuove adesioni. Alla finedel 1997 si registrano due nuovi membri: la Repubblica del Suriname e la Repubblica Popolare Cinese”.
Poco meno di 3 milioni sono invece destinati alla “sottoscrizione da parte dell’Italia di 9.800 azioni della Banca Interamericana di Sviluppo, di cui 238 azioni a pagamento per 2.871.097 dollari statunitensi da versare secondo le modalità determinate dai Governatori della Banca e le rimanenti 9.562 azioni a chiamata”. Anche per quest’altro istituto c’è una presentazione: “La Banca Interamericana di Sviluppo (IDB), con sede a Washington D.C., è la più grande e antica istituzione di sviluppo multilaterale a carattere regionale. Fu istituita nel dicembre 1959 con lo scopo di contribuire allo sviluppo economico e sociale dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi”.
In realtà questa banca è stata una delle molte leve usate dagli Stati Uniti per condizionare i paesi dell’America Latina nell’arco di oltre 50 anni, “attraverso prestiti e garanzie di prestiti a enti pubblici e privati e assistenza tecnica”. Sono suoi membri 46 Stati di cui 20 sono solo creditori (Stati Uniti, Giappone, Canada, 16 Paesi europei, Israele). È amministrata da un Consiglio di governatori, che si riunisce annualmente, e, su sua delega, da un Consiglio permanente di direttori esecutivi, con sede a Washington. Tra i dirigenti storici di questo istituto ha figurato per qualche anno anche la neo-governatrice della Banca centrale di Israele, Karnit Flug.
Non saranno le voci di spesa più “sbilancianti”, certo sono ormai tra le più inutili di tutto il bilancio pubblico…
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