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Anna Maria Cancellieri: forte con i deboli, debole con i forti

In fondo Anna Maria Cancellieri è una donna che ha sempre saputo restare al suo posto. Un ministro per tutte le stagioni, discretamente apprezzata tanto a destra quanto a “sinistra”. Prefetto di lungo corso, commissario a Bologna, simbolo di quel «buongoverno» che piace tanto a chi detiene il potere ma che, il resto del Paese, spesso stenta a comprendere. Una carriera partita forse tardi, ma che negli ultimi anni si è fatta fulminante.
Ministro dell’Interno del governo Monti (memorabile per tempismo la sua frase: «La Val di Susa è la madre di tutte le nostre preoccupazioni». Il giorno dopo scoppiò una bomba a Brindisi), adesso ministro della Giustizia con Letta. Apprezzata, stimata, al di sopra di ogni sospetto. Dolce quando vuole, ma anche severa: «Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città a fianco di mamma e papà». In realtà, al centro di un’indagine ci finì pure lei – nel 2009 dalla procura di Catania, per abuso d’ufficio quando era commissario del teatro Bellini –, ma, anche in epoca di grillismo e di grande attenzione per le faccende giudiziarie, a nessuno gliene è mai importato molto. Adesso, però, la faccenda si è fatta più seria: l’attivismo del ministro per la liberazione di Giulia Ligresti ha scandalizzato più di un benpensante. «Qualsiasi cosa io possa fare conta su di me», ha detto lei a Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti. Erano le 16 e 42 del 17 luglio scorso. Drammi italiani dentro una telefonata a un ministro. «È stata la fine del mondo – spiegava la Fragni, piangendo –, non è che Salvatore non ha fatto errori…». Risposta della Cancellieri: «Però c’è modo e modo…».
L’inchiesta che ha portato dietro le sbarre mezza famiglia Ligresti riguarda un presunto buco di bilancio da 558 milioni di euro nelle riserve sinistri di Fondiaria Sai nel 2010. L’ipotesi di reato è falso in bilancio aggravato. La Cancellieri ha ritenuto poco opportuno il trattamento ricevuto in carcere da Giulia Ligresti. La sua istanza di scarcerazione, presentata il 17 agosto. Successivamente, la famiglia torna a contattare il ministro. Passano tre giorni e il procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nesi, corre a Roma per ascoltare il ministro della Giustizia come testimone. Lei ammette: «Ho sensibilizzato i due vice-capi dipratimento della penitenziaria, Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati. Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione. Cascini era al corrente della situazione perché lo aveva già letto sui giornali e si era già posto il problema. Dopo di allora non li ho più sentiti e non so se siano intervenuti e, eventualmente, in che termini».
Che la situazione delle carceri italiane sia tremenda non è notizia di oggi. Che un ministro intervenga per alleviare il problema potrebbe essere anche un fatto positivo. Purtroppo non è dato sapere se la Cancellieri si sia spesa in questo modo anche per gli altri 60mila detenuti nelle prigioni italiane. D’altra parte, i legami tra l’attuale ministro della Giustizia e Fonsai sono noti da tempo. Suo figlio Piergiorgio Peluso di quel gruppo è stato direttore generale tra il 2011 e il 2012, per poi essere liquidato con 3 milioni e 600mila euro per un totale di quattordici mesi di lavoro. Mica male. Successivamente, i legami tra la Cancellieri e la Fondiaria Sai sono emersi anche ai tempi dell’occupazione della Torre Galfa a Milano da parte di Macao. I più maliziosi sostengono che lo sgombero sia stato dovuto al fatto che il palazzo abbandonato fosse di proprietà proprio del gruppo assicurativo di cui il figlio è dipendente, con il patron Salvatore – lo ricordiamo ai tempi di Tangentopoli, quando patteggiò una pena di due anni e quattro mesi – che reclamò a gran voce la proprietà del grattacielo, invocando «legalità» e «rispetto delle regole». Gli appelli accorati dei ragazzi dei collettivi e delle istituzioni (tra cui il sindaco Giuliano Pisapia) non servirono a nulla. L’occupazione durò lo spazio di pochi giorni. Qualcuno commentò sarcastico, immaginando una telefonata tra il figlioccio Piergiorgio e la signora Cancellieri: «Mamma, mi sgomberi il grattacielo?».

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