Dove andremo a finire, signora mia… Viviamo in mezzo ad allarmi continui, senza sapere più a chi rivolgerci. Obbligati ad avere paura dei pericoli eventuali, e a non preoccuparci tanto di quelli immediati, reali, già davanti a noi.
E i volenterosi media mainstream si accaniscono su un corpo sociale che non ha più – da tempo – la capacità di reazione razionale, né – ancora e per fortuna – quella dell’affidarsi a un “tutore” o a un dittatore purchessia.
Oggi il giornale scalfariano, in preda al consueto delirio di “sicurezza”, dà grande spazio all’ennesimo “allarme”. Lanciato stavolta dal capo della polizia, Alessandro Pansa. Tema: se ci tagliano ancora le risorse, non possiamo più garantire la copertura del territorio. Sottotema: se poi cominciano a mettere l’esercito a coprire ruoli di polizia, sorgono anche problemi “costituzionali”, oltre che di gelosie tra corpi armati.
Togliamo subito di mezzo la prima e più scontata finalità dell’allarmismo di Pansa: mantenere alta la dotazione finanziaria destinata alla Polizia (non genericamente alle “forze dell’ordine”; qui si parla di un capitolo di spesa molto preciso e solo di quello; i carabinieri, per capirsi, dovranno lamentarsi per conto loro, nel caso). È sicuramente la prima ragione per “promuovere” l’articolo che qui di seguito riportiamo. Si trattasse solo di questo, potremmo anche dire “chissenefrega, risparmiate un po’ pure voi e non rompete…”.
Come sempre, però, vogliamo guardare al “non detto”, per illuminare un processo di trasformazione interno anche ai corpi repressivi; che è a sua volta un riflesso della più generale – e a suo modo “grandiosa” – ristrutturazione del potere “statuale” al tempo della Troika.
Vista dall’Unione Europea, l’Italia dei corpi militari appare per quel che è: una pletora di truppe esagerata rispetto agli scopi, alla popolazione, alle risorse disponibili: 110.000 poliziotti, 118.000 carabinieri, 68.000 finanzieri, circa 48.000 “agenti di custodia”, 8.500 forestali, oltre a 106.000 militari dell’esercito, 31.000 della Marina, 44.000 dell’aeronautica. Un totale di 352.000 addetti alle “forze dell’ordine” e 181.000 “militari” veri e propri. Troppi, soprattutto i primi, e con compiti spesso sovrapposti (vedere la Guardia di finanza impegnata in compiti di “ordine pubblico”, anziché nella repressione dei reati fiscali e finanziari, è diventato “normale” da Genova 2001 in poi).
“Logico” che, in tempi di crisi e di austerity, si vada alla riduzione di questa dotazione.
Il modo in cui avviene, però merita qualche attenzione. Perché dal punto di vista della Troika il compito di “controllo del territorio”, ovvero di contenimento dei reati che effettivamente comportameno un “allarme sociale popolare” (rapine in casa, furti, scippi, aggressioni, ecc), non è affatto fondamentale; e comporta costi troppo alti. Al contrario, la logica repressiva “multinazionale” si concentra sui focolai di opposizione organizzata, territoriale e/o sociale; in questo senso va letto, per esempio, la destinazione in Val Susa di circa 400 soldati fatti rientrare dall’Afghanistan (non saranno magari fisicamente le stesse persone, ma la logica è illuminante).
Lo scenario di medio lungo periodo è abbastanza chiaro: abbandono del “controllo territoriale” mirato a regolare la convivenza sociale (il “welfare repressivo”, se vogliamo chiamarlo così, l’altra faccia della “coesione sociale” fondata su diritti universali) e concentrazione delle forze a tutela dei nuovi e più “lontani” assetti di potere.
Quando sui media mainstream si parla di “riduzione del campo di intervento dello Stato” si intende anche questo. Di fianco alla progressiva eliminazione del sistema sanitario nazionale (per il momento siamo nella fase della sua “balcanizzazione”, ovvero di una differenziazione territoriale su base regionale che deve favorire l’eliminazione progressiva del servizio pubblico a favore di quello privato, con ovvio “sbarramento” rappresentato dalla ricchezza personale del malato), del sistema previdenziale, nonché dell’istruzione e in generale di tutti i servizi (a partire dai trasporti)… c’è anche la “militarizzazione” della repressione; la progressiva scomparsa del suo ruolo tutelare al “servizio del cittadino” in favore della “difesa del potere multinazionale”.
Ed è ovvio che questo trasferimento di compiti sia in antitesi totale con la Costituzione “nata dalla Resistenza”. Così com’è ovvio che questa sia una delle cento conseguenze dell’inserimento dell’obbligo al “pareggio di bilancio” nella Carta costituzionale. L’unica cosa non ovvia – e che perciò rappresenta motivo di vergogna per l’intera classe politica del paese – è che questa obiezione “costituzionale” venga sollevata, a mero scopo “corporativo”, dal capo della Polizia italiana. Ovvero da uno dei corpi che con più costanza si è tenuto al riparo dall’applicazione dei princìpi contenuti in quella Costituzione. Non possiamo dimenticare, infatti, che nelle questure, “normalmente” si tortura e si muore. Né che i poliziotti (e carabinieri, ecc) pretendono per questo l’impunità.
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L’allarme del capo della polizia: “Impossibile garantire la sicurezza”
Pansa: con 15mila agenti in meno non garantiamo più, caleranno i controlli. Più furti e rapine nelle grandi città. La polemica con la Difesa: puntare sui militari potrebbe violare la Costituzione
di Alberto Custodero
Il capo della Polizia, Alessandro Pansa, lancia l’allarme: “Troppi tagli, diminuisce il servizio di sicurezza reso ai cittadini”. Le parole del numero uno della Polizia italiana si incrociano con i dati, ancora top secret, del Viminale.
I numeri confermano come la crescita dei reati sia direttamente proporzionale a quella dei tagli al comparto. “Ogni tanto qualcuno mi chiede di aumentare il livello dei controlli in alcune città o in alcune parti del Paese. Voglio essere chiaro con tutti: oggi non siamo in grado di accrescere la sicurezza in nessuna parte del territorio”. Pansa è al vertice del Dipartimento sicurezza del ministero dell’Interno. Da lui dipendono Polizia, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza. Insomma, è il capo delle forze dell’ordine.
Ed è la prima volta che dalla massima autorità della sicurezza del Paese arriva un segnale così forte di “resa” alla criminalità. Un allarme drammatico, rivolto al mondo della politica e in particolare al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che sul tema tace. Pansa ha parlato così di fronte a un centinaio di funzionari dell’associazione Anfp. Davanti ai dirigenti Polstato, il loro capo ha ammesso che ormai “non è pensabile che noi possiamo offrire lo stesso servizio di sicurezza al cittadino che offrivamo qualche anno fa, con 15 mila poliziotti, 15 mila carabinieri e migliaia di finanzieri in meno. E con la riduzione delle risorse”. “È pacifico – ha ribadito – che in questo momento noi stiamo offrendo un servizio di sicurezza inferiore al passato”.
Inutili, ha aggiunto, i “meccanismi di ottimizzazione delle risorse per rendere più efficiente la macchina organizzativa della sicurezza. Comunque il segno resterà meno”. E ancora: “Non è più pensabile – ha spiegato – ragionare come se sul territorio siano schierati 110 mila uomini. Dal 2014 ce ne saranno solo 94 mila”. Pansa ha espresso anche la preoccupazione che i tagli possano penalizzare il comparto della sicurezza a favore di quello della Difesa, impegnato da anni nelle “pattuglie miste” e in compiti di presidio di obiettivi a rischio nelle città. “Bisogna chiarire – ha dichiarato – chi ha la legittimità dell’uso della forza nell’ambito della sicurezza”. “Perché – ha polemizzato con la Difesa – se spostiamo l’asse verso il sistema militare, creiamo qualche scompenso anche rispetto ai principi costituzionali”.
Il segretario dell’Anfp Enzo Letizia ha poi sottolineato come “il taglio delle risorse, in un momento di crisi economica, comporti un aumento della criminalità perché mancano uomini e mezzi”. Complessivamente, infatti, in tutta Italia sono in aumento furti e rapine. Nel dettaglio delle grandi città, è Firenze in vetta alle classifiche per l’aumento dei delitti nel 2012 (9,2%) rispetto all’anno precedente. Da gennaio ad agosto di quest’anno, ultimi dati disponibili, a Firenze sono cresciuti del 100% gli omicidi volontari, del 16% i furti in abitazione, del 50% le rapine in banca. A Bari i delitti sono aumentati del 2,2%, negli ultimi otto mesi del 50% gli omicidi, del 16% i furti, del 70% le rapine in abitazione. A Roma crescita dei delitti del 3,2%, con un incremento tra gennaio e agosto del 43% degli omicidi volontari, del 4,3% dei furti in generale e dell’8,7% dei furti negli esercizi commerciali. A Bologna i delitti sono aumentati del 2,2%. Nei primi otto mesi sono aumentati dell’11% i furti in abitazione, del 20% negli esercizi commerciali, e del 47% le rapine in abitazione. A Cagliari da gennaio ad agosto sono aumentati del 28% i furti in abitazione, a Napoli crescono dell’11,4% le violenze sessuali e del 18,6% le rapine. A Catania i delitti sono aumentati del 4%, con un incremento nei primi otto mesi di quest’anno del 100% degli omicidi volontari, del 225% delle rapine in banca. A Milano, nei primi otto mesi dell’anno si è registrato un aumento del 17% di furti in abitazione, del 73% di rapine in abitazione, del 96% di rapine in banca. In crescita i delitti anche a Palermo (più 5,8%), con un incremento nei primo otto mesi del 250% di omicidi volontari, del 18% di furti in abitazione, del 12% di rapine in banca. L’aumento di criminalità non risparmia il Nord Ovest (salgono del 30% nei primi otto mesi i furti a Torino, del 47% le rapine in abitazione e del 10,4% quelle negli esercizi commerciali). Né il Nord Est: a Trieste i delitti crescono del 4,7%, in particolare si registra un’impennata di reati contro le donne, con un più 33,3% di violenze sessuali, mentre a Venezia i delitti crescono del 3,5% con una crescita ad agosto del 14% dei furti in abitazione e del 24% dei furti negli esercizi commerciali.
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lorenzo
le forze dell’ordine che piangono miseria non riescono a farmi sentire solidale
– mai che si sappia davvero a quanto ammonta il loro stipendio (intendo comprensivo delle integrazioni a vario titolo, delle indennità e dei vari benefit, non lo “stipendio base”)
– che io sappia non ci sono poliziotti o carabinieri che si licenziano e vanno a fare i facchini, i trasportatori, i manovali, gli addetti alle pulizie o ai call center… e neppure lavori più nobili (e dove stanno?): so invece di poliziotti che fanno il doppio lavoro o di militari in pensione (quarantenni) che si dedicano a tempo pieno al lavoro già iniziato in divisa.
Penso che se provassero cosa vuol dire fare il precario, innanzitutto non menerebbero manifestanti indifesi anche se turbolenti (a parole) e poi, se avessero un po’ di dignità, si vergognerebbero del loro status di privilegiati (penso che sul lavoro muoiano più muratori che carabinieri)