Una vecchia sigla di 20 anni fa, ai tempi della prima “trattativa Stato-mafia”, quella su cui i magistrati di Palrmao – Di Matteo in testa – stanno ancora cercando di fare chiarezza, preoccupando – chissà perché Giorgio Napolitano e molti altri ex ministri dell’epoca.
La “Falange armata” torna sui giornali – prendendo il posto della più recente “Noa”, ma con estensori verosimilmente in uffici contigui – con una lettera (l’unico strumento con cui si sia del resto manifestata nella sua “storia”, fatta di rivendicazioni telefoniche alle agenzie di stampa in occasione delgli attentati di mafia tra il ’92 e il ’93) indirizzata nientepopodimeno che a Totò Riina, rischiuso nel carcere di Opera (Milano).
Toni ovviamente “minacciosi”, come “Chiudi quella maledetta bocca, ricorda che i tuoi familiari sono liberi”.In effetti, nei mesi scorsi, Riina sembraba aver dimenticato di esser richiuso in un carcere e si era lasciato andare a molte “chiacchiere da cortile” regolarmente intercettate dai microfoni piazzati nei “passeggi” dove passa l’ora d’aria in compagnia di un solo altro detenuto.
Il finale è da film americano: “Per il resto stai tranquillo, ci pensiamo noi”.Grazie alla “libera stampa” mainstream, ora deve anche essere arrivato forte e chiaro al “Don” rinchiuso ad Opera.
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