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‘Noi restiamo’ sbarca anche a Torino. Contro il fascismo

Ha avuto una buona riuscita la prima uscita pubblica della campagna “Noi restiamo” all’Università di Torino. In un’aula di Palazzo Nuovo più di quaranta persone, per lo più studenti, hanno seguito con attenzione e partecipazione la relazione di Marco Santopadre, della redazione di Contropiano, sui movimenti fascisti in Europa.

A precedere il suo intervento quelli di Lorenzo Piccinini (Noi restiamo Torino) e di un attivista dell’omologa campagna di Bologna, che hanno voluto motivare il senso della proposta di “Noi restiamo”: proposta di analisi del quadro delle ricadute sui settori giovanili (precarietà diffusa, furto di cervelli) della gerarchizzazione tra stati all’interno della costruzione del superstato europeo, e proposta di lotta per affermare e rivendicare le possibilità di costruire, qui e ora, condizioni di vita e di lavoro diverse all’interno di una strategia di rottura complessiva.

È in questo medesimo quadro – quello della creazione di un polo imperialista europeo e della accesa competizione globale tra i diversi poli – che viene letta da Santopadre la rinascita dei movimenti fascisti o fascistoidi in diversi paesi: dal più noto esempio di Alba Dorata, nel caso del paese più devastato dal ricatto dell’UE, la Grecia; fino all’Ungheria del Fidesz e di Jobbik; passando per la Francia del Front National di Marine Le Pen; fino all’esplosione della situazione Ucraina, senza cedere alle letture semplicistiche o manichee e senza abbandonarsi alla contemplazione delle piazze senza che di esse si riconosca la natura, come gli sviluppi successivi a EuroMaidan hanno ormai mostrato chiaramente, per chiunque abbia l’onestà e la lucidità per vedere. Senza tralasciare – si presentava nell’occasione l’opuscolo della Rete dei Comunisti Antifascisti sempre – la situazione italiana, con le sue cronache di quotidiane aggressioni da parte dei fascisti verso settori politici o di movimento, e più in generale il lavoro sporco che una parte della borghesia italiana continua ad affidare alle organizzazioni fasciste o fascistoidi che in alcune città godono anche di un relativo radicamento sociale.

Quest’ultimo punto – quello del radicamento sociale – è emerso come la vera cartina al tornasole di un’antifascismo militante che deve sintonizzarsi con le nuove sfide poste da una situazione di crisi diffusa all’interno delle società europee. Senza una capacità di radicarsi nella vita e nelle ideologie delle classi più devastate dalla crisi, di rapportarsi al proprio blocco sociale, si ricade in quello che Santopadre ha definito “antifascismo museale”; ma è altrettanto vero che senza una prospettiva strategica che metta in discussione in maniera forte il vero volto dell’UE, e ne proponga dunque la rottura, si continua colpevolmente a lasciare uno spazio enorme e pericoloso all’attecchire di organizzazioni e pseudosoluzioni reazionarie in un blocco sociale sempr più disorientato e rancoroso. Come si interviene sul blocco sociale? Come si tengono insieme le diverse figure nate dalla scomposizione dei processi produttivi, i soggetti del lavoro e del non lavoro, le diverse figure della classe? Questi gli interrogativi di fondo di una riflessione che “Noi restiamo” intende continuare in gra una delle città italiane più colpite dalla crisi.

 

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