L’amore e la guerra… Ah, che connubio romantico! E’ vero, i tempi cambiano. Ora la guerra la fanno soltanto i professionisti, mercenari al soldo di uno stato o di un’azienda multinazionale (la distinzione tende però a sfumare, come s’è visto nel caso dei “due marò” e si vede ogni giorno in Ucraina, o prima ancora in Iraq).
Professionismo e romanticismo, insomma, si pestano i piedi a vicenda. Però, se sostituiamo ai pericoli della guerra quelli connessi al “terrorismo”, allora anche un sedentario ultra-conservatore come un senatore del Pd può legittimamente aspirare al clima da spy story.
Purtroppo – dicono oggi alla bouvette – c’è sempre qualcuno che esagera e finisce per rovinare la piazza…. Questa storiella a metà strada tra il pecoreccio e il procurato allarme vede protagonista un oscuro parlamantare del Pd. Probabilmente invidioso della notorietà acquisita dal collega Stefano Esposito (l’ultrà pro-Tav aduso a minacciarsi finanche sul pianerottolo di casa) e desideroso di conquistare quanto colui le pagine dei giornali. Purtroppo, non ha potuto contare su “consulenti” all’altezza delle aspirazioni…
Ecco a voi, da La Repubblica, le tragicomiche avventure del “democratico” Ernesto Carbone, uno dei “volti nuovi” del “nuovo corso” renziano, senatore col pallino delle mail “minacciose” spedite a se stesso, ma con qualche riferimento trasversale alla sua “ex”.
Detto fra noi: fortunata donna, tu sì che sai cosa ti sei persa (per fortuna!).
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Dal Senato trucca le mail dell’amica. Sotto accusa il dem Carbone
Indagato il parlamentare: si inviò minacce anche dai pc di Palazzo Madama per poi denunciare la sua ex fiamma
di GIUSEPPE SCARPA
AUTO inviarsi mail minacciose accedendo abusivamente all’indirizzo di posta elettronica dell’ex amante per poi darle la colpa e denunciarla. Un piano perverso salvo poi venire scoperti. Con l’ex amante assolta per non aver minacciato nessuno e con la vittima che così si trasforma in presunto carnefice trovandosi lui a vestire gli scomodi panni dell’indagato. Così è finito sul registro degli indagati Ernesto Carbone, deputato del Pd, con l’accusa di essersi collegato illegalmente alla posta elettronica dell’ex fiamma utilizzando anche un computer di un ufficio del Senato.
Accesso abusivo al sistema informatico e falsa testimonianza, questi i reati per i quali l’esponente democratico è indagato dal pm Luigi Fede che ha recepito gli atti dal Tribunale che ha sentenziato sulle false minacce al deputato del Pd.
“Ti farò morire Carbone”. E ancora: “Non ti farò più vedere tua figlia ma forse è meglio così perché tu sei pazzo”. C’è il fondato sospetto che “questo genere di mail, nel marzo del 2009, il deputato Pd se le sia auto spedite entrando illegalmente nella posta elettronica di quella che era stata la sua fiamma”. A scriverlo, appena un anno fa, nelle motivazioni in cui si certifica l’assoluzione dell’ex amante di Carbone è il giudice Anna Tavernese: “L’istruttoria ha fornito sufficienti elementi per affermare che sicuramente la persona offesa (Ernesto Carbone ndr) era abusivamente entrata nell’indirizzo di posta elettronica dell’imputata e da questo stesso indirizzo aveva poi inviato dei messaggi”.
Il giudice Anna Tavernese, al momento della lettura del dispositivo assolutorio per l’ex amante di Carbone, ha deciso di inviare gli atti in procura affinché si indagasse proprio sul deputato. Decisione che oggi dà i suoi primi risultati con i reati di accesso abusivo al sistema informatico e falsa testimonianza per cui il politico è sotto inchiesta: “La testimonianza del Carbone è stata oltremodo lacunosa – scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza – disseminata di continui non ricordo, quasi a voler evitare di dichiarare il falso, ma comunque costellata di false dichiarazioni”.
Sempre dalle motivazioni della sentenza vengono elencati i luoghi da cui sarebbero state inviate le mail minatorie dalla casella postale della donna nei confronti di Carbone. Tutti luoghi in cui Carbone lavorava, come Palazzo Madama, “l’email provenivano dal Senato della Repubblica dove la persona offesa (Carbone allora collaboratore del ministro Paolo De Castro, ndr) lavorava “. Oppure dove si trovava momentaneamente a soggiornare “l’email erano partite dalla rete int rnet dell’Hotel Baglioni di Firenze”. Il giudice nelle motivazioni delle sentenza chiude scrivendo che gli elementi emersi a dibattimento “impongono valutazioni circa la falsità delle accuse mosse dal Carbone” all’ex amante.
Ma il deputato del Pd ha sempre negato: “Non ho mai utilizzato la mail di quella persona – ha dichiarato in passato Carbone – e anche la mia casella è stata oggetto di intrusioni. E non è possibile che io abbia inviato mail dai pc del Senato, non ho mai avuto l’account necessario a usarli”.
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