Domenica 8 Giugno si terrà a Padova il ballottaggio per l’elezione del Sindaco tra il candidato di PD-Sel, Ivo Rossi, e quello di Lega-Forza Italia, Massimo Bitonci, che al primo turno delle elezioni amministrative hanno ottenuto rispettivamente il 33,8% e il 31,4% dei voti.
E’ una scadenza importante perché in Veneto se il centrodestra governa la Regione, il PD ha invece le sue roccaforti nei capoluoghi di provincia e nei grandi comuni e ha governato Padova ininterrottamente dal 1993 con soli 5 anni di interruzione, tra 1999 e il 2004.
E fu proprio con le elezioni del 2004 che l’alleanza di centrosinistra, sotto le bandiere dell’antiberlusconismo, assunse a Padova le sue dimensioni più ampie riuscendo a far eleggere sindaco Flavio Zanonato al primo turno, con il 52% dei voti, nonostante la lista del PD di voti ne avesse presi solo il 16%.
A quelle elezioni corsero assieme con lo stesso candidato sindaco gli ex comunisti dei Democratici di Sinistra, gli ex democristiani della Margherita e gli ex socialisti dello SDI ma anche il Pdci, la Federazione dei Verdi e Rifondazione Comunista.
A parte i Verdi che passarono all’opposizione quasi subito, in seguito allo sgombero di una casa occupata e all’arresto di un loro militante, questa alleanza si ripropose alle elezioni comunali del 2009 riuscendo a riconfermare ancora una volta Zanonato con il 46% al primo turno e il 52% al ballottaggio.
Ma nel 2009 l’antiberlusconismo funzionava ancora, poi sono arrivati i governi di unità nazionale di Monti e di Letta e l’antiberlusconismo ha cominciato ad essere una bandiera sempre più logora e anacronistica.
Nel frattempo con le elezioni politiche del 2013 anche il bipolarismo era stato minato alle fondamenta dallo tsunami a 5 stelle. Nel comune di Padova il centro sinistra e il centrodestra che precedentemente alle politiche raccoglievano assieme oltre il 90% dei voti, venivano ridimensionati al 32% e al 25% mentre il Movimento 5 Stelle otteneva il 22% dei voti. E nella maggior parte dei comuni dell’hinterland padovano i 5 Stelle ottenevano la maggioranza relativa.
E’ così che a Padova il centrosinistra sembrava frantumarsi: Prc e Pdci decidevano di presentarsi autonomamente alle elezioni comunali del 2014 e lo stesso PD perdeva pezzi sia a destra, verso Scelta Civica, che a sinistra.
Tutto è nato con la nomina a ministro nel governo Letta di Flavio Zanonato, il sindaco “storico” del PD padovano che ha governato la città per 15 anni, che si è dimesso e ha ceduto la carica al suo delfino Ivo Rossi, ex Democrazia Proletaria, ex Margherita, poi confluito nel PD.
Per far digerire al proprio elettorato il nuovo candidato sindaco l’assemblea cittadina dei DS decideva di tenere, per la prima volta a Padova, le elezioni primarie chiamando al voto il popolo del centrosinistra per scegliere tra il candidato vero, cioè Ivo Rossi, e lo specchietto per la allodole, cioè Alessandro Zan di SEL.
Ma è proprio con le primarie che è maturata la rottura del PD a sinistra. Perché tra i due candidati ufficiali si inseriva il terzo incomodo, Maurizio Fiore di Padova 2020, un soggetto politico nato pochi mesi prima all’interno dello stesso PD, che tra i punti del proprio programma ne ha alcuni del tutto “incompatibili” con la linea politica seguita da Zanonato e Rossi, come ad esempio la difesa del pubblico dalle privatizzazioni, in particolare per acqua, trasporti e rifiuti, il blocco delle licenze ai centri commerciali, lo stop alle nuove licenze di edificazione e il parere negativo sul nuovo ospedale che dovrebbe essere costruito in project financing con investitori privati.
Alle primarie il candidato PD, Rossi, ha ricevuto solo il 44% dei voti, il candidato di Padova 2020 Fiore il 38% e quello di Sel, Zan, il 17%.
Ma nonostante il magro risultato l’interpretazione dell’esito delle primarie da parte del PD padovano è stata una specie di “guai a i vinti”: nessuna mediazione sul programma o sulla futura giunta, Rossi ha vinto e gli altri devono appoggiarlo senza esitazioni.
In questo modo si arriva alla rottura del patto delle primarie e alla decisione di Padova 2020 di correre da sola alle elezioni comunali.
E’ a questo punto che però la sinistra perde il treno della costruzione di una alternativa credibile: Rifondazione e il Pdci non trovano l’accordo per una lista comune, così come non si trova un accordo tra Rifondazione e Padova 2020. E l’ipotesi di un patto elettorale con il Movimento 5 Stelle è giudicata da tutti impossibile.
Il risultato è che il 25 maggio al primo turno delle elezioni comunali il PD viene ridimensionato ma il suo candidato sindaco, Ivo Rossi, arriva comunque primo con il 33,8% dei voti, mentre il candidato sindaco di Padova 2020, appoggiato anche dal Pdci, riceve il 9,9% dei consensi, quello dei 5 Stelle l’8,6% e quello del Prc l’1,3%.
Da notare che nel voto per le europee i 5 Stelle hanno ottenuto nel comune di Padova il 17,1% delle preferenze e la lista Tsipras il 5,6% e con queste percentuali e con i voti di Padova 2020 una ipotetica coalizione di sinistra alle elezioni comunali avrebbe avuto i numeri per mettere in discussione sia il centrodestra che il centrosinistra.
Ma la storia non si fa con i treni persi e il 25 maggio è invece il giorno dell’affermazione alle elezioni europee del PD di Renzi.
Una vittoria quella di Renzi che viene abilmente propagandata come un cambiamento epocale, anche se in realtà cambia poco o nulla. Renzi continua a governare l’Italia assieme ad Alfano e agli altri rottami del centrodestra e il Movimento 5 Stelle rimane il secondo partito.
L’effetto locale della vittoria del renzismo è comunque la resa senza condizioni di Padova 2020 e del Prc al Partito Democratico.
Mentre i 5 Stelle rinunciano ad esprimersi in merito al ballottaggio, Prc e Padova 2020 decidono di appoggiare apertamente il candidato del PD.
Il Prc rispolvera la liturgia dell’antiberlusconismo e con un ardito sofisma invita i propri elettori a partecipare al ballottaggio non per votare il candidato del PD, ma per votare contro «la destra più reazionaria, nemica delle basi della democrazia nel nostro paese».
Padova 2020 si accontenta delle promesse del PD di sottoporre a un «percorso partecipativo» le decisioni in merito alle privatizzazioni, alle nuove cementificazioni, alla costruzione del nuovo ospedale e «con grande senso di responsabilità» invita a votare Rossi al ballottaggio.
Per inciso anche l’assessore Colasio, quello che era passato dal PD a scelta Civica, si è riappacificato con Rossi e in cambio dell’appoggio al ballottaggio tornerà a fare come prima l’assessore alla cultura.
Le polemiche, soprattutto in rete, si concentrano sulle poltrone che il PD avrebbe promesso ai suoi nuovi alleati, in giunta e nei cda della aziende partecipate.
Ma il problema vero è che ancora una volta si fa passare l’idea deleteria che l’opposizione la si possa fare solo dal carro del vincitore.
Il PD in ogni caso ringrazia e si prepara a governare la città, sempre e comunque nell’interesse di Confindustria e della Curia vescovile.
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