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Countdown dentro Sel

Gennaro Migliore, Titti Di Salvo, Ileana Piazzoni, Claudio Fava, deputati di Sinistra Ecologia e Libertà, hanno comunicato ieri al presidente del partito Nichi Vendola e al coordinatore nazionale Nicola Fratoianni la decisione irrevocabile di lasciare la formazione nata a seguito della scissione del Prc seguita al congresso di Chianciano nel 2008. Ma l’esodo dal partito di Vendola potrebbe essere assai più consistente.

Secondo l’agenzia Tmnews, anche al Senato qualcosa si muove, almeno a sentire fonti vicine al Pd: tre dei sette senatori di Sel potrebbero decidere di fare come Migliore e gli altri. Numeri che, a palazzo Madama, assumono un peso specifico non indifferente, visti i rapporti di forza molto delicati per il governo Renzi in quell’aula.

Per il progetto di Vendola, nato per essere una creatura collaterale al Pd si apre uno scenario reso completamente diverso dalla mutazione genetica avvenuta nello stesso Pd. “Il mio ruolo di leader è da sempre a disposizione, per me si tratta di una fatica supplementare” rispetto a quella di essere presidente della regione Puglia. Così ha risposto Nichi Vendola, al termine della Segreteria nazionale di Sel, a chi gli chiedeva se si dimetterà anche lui. “Per Sel oggi è il giorno più difficile, sono molto dispiaciuto e dico a coloro che abbandonano che è un errore politico” ha aggiunto.

Il piccolo mondo antico nel quale Vendola e i suoi hanno pensato ancora di vivere si va sfaldando, soprattutto perchè il Pd non è più il grande padre al quale tirare la giacca, con il quale allearsi e convivere dentro le giunte locali. Il Pd di Renzi è un partito-regime che tritura tutto ciò che non è funzionale ad un nuovo blocco centrista, moderato, liberista, espressione degli interessi del capitale finanziario più internazionalizzato e “moderno”. E non sembra più necessario avere un satellite alla sua sinistra, per quanto conciliante e disponibile.

Dal canto suo Gennaro Migliore così spiega le sue motivazioni nella lettera di dimissioni: “Non ho cam­biato idea sul fatto che in pro­spet­tiva Sel possa essere parte di una sog­get­ti­vità poli­tica uni­ta­ria, inse­rendo que­sta tra­sfor­ma­zione in una tra­sfor­ma­zione del sistema poli­tico italiano. Non ho cam­biato idea nel rite­nere che sia que­sto il momento per pro­vare a inci­dere, pur nella con­sa­pe­vo­lezza dei nostri ogget­tivi limiti, nella bat­ta­glia anti auste­rità, che vede l’Italia come unico paese che, dopo le ele­zioni euro­pee, non ha visto cre­scere le forze popu­li­ste e anti europeiste. Non ho cam­biato idea sull’individuazione del campo del socia­li­smo euro­peo come quello più con­ge­niale allo svi­luppo di que­sta nostra bat­ta­glia, pur nel rico­no­sci­mento dell’importantissima novità poli­tica costi­tuita da Ale­xis Tsi­pras sulla scena continentale”.

A Gennaro Migliore (che pure è stato per anni responsabile esteri nel Prc) sfugge il dato che nei paesi euromediterranei (Grecia, Spagna, Portogallo) sono cresciute le forze della sinistra che si è battuta nei movimenti sociali e popolari contro le misure di austerità imposte dall’Unione Europea. Come molti infatti , Migliore coglie solo due dati strumentali: il voto italiano che, come in Germania, ha visto affermarsi il blocco moderato e la voglia di “stabilità”, ed utilizza la categoria di “forze populiste e antieuropeiste” in modo generico per presentarle come pericolo e non come indicatore del problema, ossia il fatto che nella società cresce, giustamente, la rabbia e l’ostilità verso i diktat e l’esistenza dell’Unione Europea come apparato oligarchico.

Tra i nostri lettori Migliore non lascia certo un buon ricordo di sé. La pervicacia con cui ha cercato di sabotare le mobilitazioni in solidarietà con la Palestina quando era responsabile esteri del Prc, non sono certo cadute nel dimenticatoio, né i due ceffoni che gli sbarrarono il passo quando pretendeva di salire sul palco di una manifestazione che aveva apertamente boicottato. Che questa sia la sua traiettoria non sorprende nessuno.

La parabola discendente di Sel è cominciata prima del previsto e forse era scritto che dovesse andare così. Anche l’opzione di Barbara Spinelli di scegliere il proprio seggio a Strasburgo lasciando il candidato di Sel Furfaro a bocca asciutta appare oggi meno casuale: nel dopo elezioni Sel era diventata “l’anello debole” da colpire. Il processo di disgregazione del piccolo mondo antico della sinistra continua così a macinare e a logorarsi sul medesimo problema di tutti questi anni: il rapporto con il Pd e il centro-sinistra (oggi quasi solo centro). L’indipendenza e l’alterità al Pd e all’Unione Europea appaiono gli unici parametri che possono assicurare la “salvezza”, non delle poltrone ovviamente, ma sicuramente di un progetto di classe e alternativo per la sinistra in questo paese e in Europa.

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1 Commento


  • Guardia Rossa 1871

    Sono d’accordo con Andrea Vita: i parlamentari dovrebbero avere la decenza di rimettere il mandato parlamentare. Ma siccome sono opportunisti saltafossi, si appelleranno alla Costituzione, secondo cui i parlamentari rispondono alla propria coscienza e non al mandato dei propri elettori

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