Abbiamo rivolto alcune domande a compagni di Napoli, sia delle forze di sinistra alternativa che del sindacalismo conflittuale, impegnati in un’ interessante esperienza che, partendo da incontri sul piano di riequilibrio finanziario pluriennale del Comune di Napoli, s’è progressivamente soffermata sul ruolo delle Società Partecipate. Un tentativo di lotta e di organizzazione che punta ad unificare le varie Vertenze in corso nelle diverse aziende afferenti il Comune di Napoli e che punta ad una connessione politica e materiale con le centinaia di migliaia di utenti che costituiscono l’interfaccia dei servizi prodotti da queste aziende.
Potresti illustrarci brevemente la vostra esperienza?
Umberto: Siamo singole/i compagne/i appartenenti sia a forze politiche (Ross@, Rifondazione, Sinistra Anticapitalista, Rete dei Comunisti, Attac) che ad esperienze del sindacalismo di base (U.S.B., S.L.L.); abbiamo cominciato ad incontrarci a febbraio, qualche giorno dopo l’ approvazione del piano di riequilibrio pluriennale da parte del Consiglio Comunale di Napoli. Ben presto ci siamo accorti di cosa possa concretamente significare la politica liberista del pareggio di bilancio nella nostra città: il nodo è nel rapporto tra Comune e Partecipate e si vorrebbe, anche con le spinte della Corte dei conti regionale, azzerare sostanzialmente l’ indebitamento proveniente dall’ attività delle Società partecipate. Si tratta di un paravento per meglio giustificare tagli e privatizzazione dei servizi perché è ovvio che non si può criminalizzare ancora una volta il debito se non si vuole eliminare (come vogliono) la nozione stessa di servizio pubblico locale. Il tutto rientra in una strategia complessiva del capitalismo nazionale ed internazionale di indirizzare i propri investimenti speculativi verso i servizi pubblici sottraendo allo stato la responsabilità di soddisfare, mediante la tassazione ordinaria, i bisogni fondamentali dei cittadini.
Non pensi che difendere le Società Partecipate possa essere impopolare perché sono state, in vari casi, uno strumento di clientela e di riciclaggio di politici trombati?
Luigi: Certo, “non è tutto oro ciò che luccica”, tuttavia, ricorrendo ad un’ altra massima, “non bisogna gettare il bambino insieme all’ acqua sporca”. Ciò, significa che, spesso, anche qui a Napoli, s’è assistito all’ aumento delle Aziende anche per creare nuovi posti di Collegi sindacali e di Consigli d’ Amministrazione, quindi, per quanto ci riguarda, non siamo contrari, in linea di principio, a forme di accorpamento e di razionalizzazione a patto che siano realmente tali e non un pretesto per tagliare e privatizzare servizi smantellando il sistema delle Partecipazioni locali. Infatti, c’è una bella differenza tra gli eventuali accorpamenti e le dismissioni/svendite che, ormai, sono già in atto da alcuni anni e avranno un forte impulso dal “Piano Cottarelli” sulle Partecipate normativamente previsto per fine luglio. Ad esempio, da una recente indagine della Corte dei Conti si rileva che su 7.472 organismi censiti ben 1.086 risultano in liquidazione o cessati e si prevede il calo di una grossa scure soprattutto sulle Partecipate “strumentali”.
Potresti chiarire quest’ ultima affermazione rispetto al significato di Società “strumentali”?
Luigi: La normativa prevede una distinzione tra Società che forniscono servizi pubblici locali (ad es., trasporti, rifiuti, politiche sociali) e Società di supporto alle attività delle Amministrazioni che sono, per l’ appunto, quelle “strumentali” (ad es., buona parte di quelle “multiservizi”). Penso che rispetto a questo tipo di Società o si rilancia l’ intervento pubblico con aggregazioni di scala metropolitana e organismi gestionali di diritto pubblico oppure occorrerà porsi l’ obiettivo politico-sindacale e di movimento per creare le condizioni per una reinternalizzazione dei servizi.
Rispetto, invece, alle Società di servizio pubblico locale si potrebbe fare qualche esempio che spieghi come elaborare una linea di difesa dall’ attacco liberista?
Antonella: Ti faccio un esempio derivante dalla mia diretta esperienza di delegata USB che lavora in una Partecipata che si occupa di servizi alla persona (trasporto disabili, assistenza sociale, ecc.). Di recente, ci sono state notizie provenienti dalla stampa locale relativamente ad una proposta dell’ Amministrazione mirante a fare uno “spezzatino” di “Napoli Sociale” sopprimendo l’ Azienda e trasformandola in due rami d’ azienda da accorpare alla Partecipata del Trasporto Pubblico Locale (per il ramo del trasporto disabili) e il restante ad una delle società strumentali del Comune anch’ essa partecipata al 100%. Ci siamo opposti per due motivi: il primo, perché ci sarebbe stata un’ oggettiva dispersione delle professionalità dei lavoratori di “Napoli Sociale”; il secondo, non meno importante, è che l’ esperienza dimostra come la creazione di “rami d’ azienda” sia funzionale a processi di privatizzazione, non a caso uno dei contenuti del “Piano Cottarelli” sarà quello della cessione di rami d’ azienda a privati (art. 23, co. 1, lett. c) del d-l n. 66/2014). Al momento, data l’ opposizione suscitata, il progetto è rientrato e ad esso noi abbiamo contrapposto la costruzione di un’ Azienda Speciale consortile per i servizi alla persona in modo che potremmo costruire “economie di scala” coinvolgendo i Comuni limitrofi e rilanciando l’ intervento pubblico.
Più volte, nel corso dell’ intervista, avete citato il prossimo Piano del Commissario alla spending review, pertanto, è facile dedurre che quella che state conducendo a Napoli, data anche l’ importanza della città, è una battaglia di rilievo nazionale che vi accomuna ad analoghi processi che si stanno svolgendo in altri Comuni. – Pensi, che quello delle Società Partecipate debba essere anche un contenuto del Controsemestre Popolare che si sta avviando nel nostro paese dopo la riuscita manifestazione a Roma del 28 giugno?
Umberto: Sicuramente sì. Contenuti come quelli dell’ opposizione allo smantellamento delle Partecipate sono essenziali per dare corpo alla lotta contro la privatizzazione dei servizi, perché sono proprio queste Aziende che, in buona misura, li forniscono. Del resto, che cosa sono le Partecipate se non dei “beni pubblici sociali” secondo la definizione della “Commissione Rodotà” del giugno 2007? La battaglia in difesa del carattere pubblico dei servizi forniti da questi tipi di Aziende significa anche riprendere e far applicare l’ esito del referendum del giugno 2011 che, come sappiamo, non era soltanto contro la privatizzazione del servizio idrico.
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