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Di ritorno da Niscemi

È stata una bella giornata di lotta quella di ieri 9 agosto a Niscemi, dove si sono riunite circa due mila persone per dare vita a una mobilitazione che cadeva sì ad un anno esatto da quella sorprendente dell’anno scorso (inevitabile tra i partecipanti i confronti sui numeri e la composizione degli aderenti al corteo), ma che ha messo insieme intanto fili di ragionamento che man mano si sono imposti.
Ci riferiamo a quanto sta succedendo in Palestina e in Ucraina. Le antenne Muos sono principalmente uno strumento di guerra installate in una zona strategica del Mediterraneo, zona che con la più totale subalternità le istituzioni italiane hanno ceduto a interessi economici e strategico-militari che non solo gli sono estranei, ma che la nostra Costituzione osteggia apertamente (il famoso art. 11…).
Ne viene che quella di ieri potrebbe essere considerata una giornata di mobilitazione contro la guerra (imperialista, dicono giustamente in tanti al corteo), i fascismi (colpi di stato e crimini di stato, in Europa e in Medio Oriente), e quel nuovo ordine mondiale che si sta cercando di costruire a partire dal Mediterraneo e dal confine orientale europeo.
Quindi non si tratta di una lotta “solo” per un bene comune,  non “solo” una questione (sacrosanta) di salute per i cittadini niscemesi. Quella di ieri, insomma, è sata una manifestazione politica che ha trasceso il piano delle rivendicazioni (sempre sacrosante) territoriali e si è data una caratterizzazione internazionale.

È chiaro allora che la questione del Muos è solo un modo per affrontare la grande questione della guerra a casa nostra (Europa e Mediterraneo) qui ed ora. Urge quindi un approfondimento sul nostro ruolo e la nostra complicità in questo nuovo assetto economico-militare, perché in quanto italiani di questa Europa, noi siamo parte in causa (quella sbagliata).

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