Giornata intensa per Bologna ieri, vista la visita di Matteo Renzi.
Intenso il suo programma, che l’ha visto presenziare a tre diverse occasioni, ma anche per le forze di polizia, dispiegate a frotte per contrastare eventuali manifestanti, e infine per i personaggi pubblici che hanno assistito il premier per tutta la giornata.
Cosa è venuto a fare a Bologna Renzi? Ovviamente a testare il polso e la tenuta del suo partito, in una delle sue roccaforti.
Il suo primo appuntamento è stato per l’inaugurazione di uno stabilimento della Granarolo, storica cooperativa bolognese e tra i pilastri della Legacoop che oggi, nelle mani del suo presidente, Giampiero Calzolari, assomiglia molto più ad una multinazionale che a ciò che era in origine.
Alcuni lavoratori della Granarolo, iscritti alla Cgil, hanno scioperato per un paio d ore e hanno dato luogo ad una contestazione, tenuti a debita distanza dalle forze dell’ordine: una protesta “invisibile” come dichiarato anche dai giornali. Una protesta contro il jobs act evidentemente poco sostenuta dal resto del sindacato di Susanna Camusso.
Renzi ha espresso per lo più una serie di promesse, o più che altro desideri, che l’economia riparta grazie alle riforme strutturali. E non si è fatto mancare un invito alle cooperative a occuparsi di cooperazione, alludendo alla vicenda di Mafia capitale e alle attività criminali svolte da alcuni dirigenti delle cooperative. Suona abbastanza ipocrita da uno che ha scelto come ministro del Lavoro un ex presidente di Legacoop che mostra una certa conoscenza di quel mondo.
In seguito Renzi ha partecipato all’inaugurazione dell’anno accademico, dove è stato accolto anche da diverse realtà di movimento tra cui Noi Restiamo, Hobo e Ross@, realtà che da alcuni mesi stanno portando avanti la campagna #iononlavorogratis. Hanno manifestato contro il jobs act e la trasformazione dell’università pubblica, ma come prevedibile e come molto troppo spesso accade in questi casi, il dispiegamento della forza pubblica contro il dissenso è stata enorme, e i manifestanti sono stati tenuti a distanza dai luoghi dove avveniva l’incontro. Non ci sono stati tafferugli, ma l’estetica della repressione preventiva messa in atto dall’amministrazione cittadina parlava da sola a proposito della tanto decantata democrazia di Renzi. I manifestanti hanno indossato maschere di Salvini e Poletti, concludendo il corteo con una occupazione simbolica nella sede del Comune di Bologna.
L’ultimo appuntamento per il premier è stato il sindaco di San Lazzaro di Savena Isabella Conti, del PD, arrivata alle cronache nazionali per aver bloccato provvisoriamente la costruzione di numerosi edifici, ricevendo pressioni e minacce dalle cooperative che dovevano svolgere i lavori e da alcuni esponenti del PD.
Questa visita a Bologna di certo da una idea chiara di cosa sia diventato il Pd e di che ruolo svolga questo governo.
Di seguito il comunicato di “Noi Restiamo” in merito alla contestazione.
Mentre nell’aula magna Santa Lucia il premier, invitato dal rettore Dionigi, teneva un discorso carico d’enfasi sui valori di un Occidente ipocrita, Bologna gli rinnovava il suo rifiuto. Quello stesso sdegno di tanti lavoratori, precari e compagni al quale assieme a Ross@ avevamo dato corpo e voce nelle riuscite giornate di novembre e di maggio scorsi, occasioni pre elettorali in cui avevamo rovinato la festa al Pd e al suo segretario, sempre intenti ad approfittare di una facile vetrina in una città e in una regione in cui governano i loro sgherri della Legacoop, dell’ Unipol e, in maniera mai così dichiaratamente connivente, dell’Unibo. Un’Università simbolo del progetto di esclusione portato avanti dalla (contro)riforma Gelmini in poi, e di cui Dionigi è sempre stato fiero paladino ed esecutore. Non è quindi difficile immaginare che il nuovo progetto normativo in ambito universitario proposto oggi dal primo ministro continui su questa via, e che sia quindi volto a creare poli di eccellenza per pochi, abbandonando alla macelleria sociale tutti gli altri, portando con sè ulteriore precarietà, rinforzando l’assoggettamento a un mondo del lavoro sempre più schiavistico e rivolto al profitto delle multinazionali, come già indicato dal progetto La Buona Scuola. E’ solo questo che possiamo aspettarci da un partito e da un governo assoggettati al clima culturale e politico di un’Unione Europea proiettata nella competizione globale al tempo della crisi del capitale.
Quella di oggi è stata quindi un’ennesima tappa per smascherare i nemici dei giovani precari, per dare un nome a chi smantella i diritti dei lavoratori e ci nega un futuro degno, a chi ci obbliga ad emgirare per elemosinare stipendi da fame e condizioni di vita impossibili. Un percorso che nel pomeriggio di giovedì 15 gennaio ci porterà sotto le stanze della Regione Emilia-Romagna, dove l’Unione Sindacale di Base darà il suo benvenuto alla nuova giunta del fedelissimo renziano Bonaccini.
Continuiamo a tessere il filo rosso delle lotte smascherando gli emissari del Partito della Nazione ovunque essi agiscono, riconosciamo i responsabili della nostra precarietà, smantelliamo il sistema Pd!
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