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In quale mondo combattiamo le nostre “lotte quotidiane”? Il forum di Bologna prova a dare risposte

Sala gremita ed età media bassa. Due ottimi segnali che confermano come la discussione e l’analisi qualitativa anche di temi come l’imperialismo non siano affatto materia destinata solo agli storici o ai reduci. Il forum sul “piano inclinato degli imperialismi” promosso dalla Rete dei Comunisti e tenutosi ieri a Bologna ha mandato segnali incoraggianti. I lavori del forum, sei relazioni più diversi interventi, sono stati seguiti in diretta da molte persone anche attraverso lo streaming in diretta e verranno socializzati nei prossimi giorni attraverso i video e poi sulla carta stampata tramite la pubblicazione del prossimo numero della rivista Contropiano.

Le relazioni, con una complementarietà quasi perfetta, hanno affrontato e attualizzato i nodi teorici e politici già evidenziati nel forum del 2003 su “Il piano inclinato del capitale”, un incontro che ha segnato uno step fondamentale nel percorso dell’elaborazione di una esperienza come la Rete dei Comunisti,  ma che – allora – visualizzò sia l’importanza di una ripresa della battaglia teorica sia i limiti di una analisi che rischiava una chiave di lettura solo strutturale e dunque economicista. Per quanto necessario sia partire sempre dai dati strutturali sulle caratteristiche e il livello di sviluppo  raggiunto dal capitalismo, o meglio dai capitalismi, è evidente come tutto questo non può che interagire e produrre effetti anche sul piano sovrastrutturale, quello dell’egemonia e dell’ideologia che poi agisce concretamente anche sulla capacità delle classi subalterne di opporsi al capitalismo e, possibilmente, di rovesciarlo.

Su questo ha insistito molto la relazione di Mauro Casadio che dopo l’introduzione di Carlos Venturi (RdC) ha aperto del forum di Bologna. Casadio ha insistito molto sulla necessità di recuperare e riavviare la battaglia ideologica dentro i conflitti sociali che da soli non hanno la forza di contrappore all’egemonia dominante una visione generale dei rapporti sociali e della prospettiva del cambiamento. Ha segnalato più volte l’errore di ritenere imperialisti solo gli Stati Uniti e continuare a ignorare che quella militare non sia affatto l’unica caratteristica determinante dell’imperialismo. Le classi dominanti nell’Unione Europea hanno prodotto di fatto un blocco storico per poter affermare la loro egemonia, solo un blocco storico antagonista (che è molto di più di un blocco sociale) può ingaggiare una nuova sfida per la trasformazione e, forse con maggior urgenza, opporsi efficacemente alla tendenza alla guerra che oggi incombe come possibilità reale. Il necessario adeguamento del linguaggio non può non tenere dentro gli assi teorici e le esperienze di dove e quando il movimento comunista ha vinto e non solo di quando ha perso. 

Luciano Vasapollo ha analizzato, dati alla mano, la natura della crisi e la conformazione del capitalismo in Europa tramite la costruzione dell’apparato dell’Unione Europeo a sostegno dei suoi progetti.  I dati di Vasapollo sono stati uno smantellamento sistematico dei dogmi oggi ritenuti egemoni sul piano del taglio della spesa pubblica o della “crescita”.  

Di grande stimolo e interesse le due relazioni – molto complementari tra loro – di Guglielmo Carchedi e Francesco Piccioni. Carchedi presentando con semplicità e chiarezza un lavoro enorme e cioè una serie storica di dati dal 1947 al 2010, ha dimostrato praticamente la caduta del saggio di profitto e la riduzione del fattore umano (il capitale variabile) nella produzione del valore. Se nel 1947 per produrre un milione di dollari di valore servivano 65 operai, nel 2010 lo stesso valore veniva prodotto da 7 operai. Ma proprio in questo sta la dannazione del modo di produzione capitalista che trae profitto proprio dal lavoro umano. Francesco Piccioni ha connesso questi dati alla realtà di oggi, al boom dell’automazione e alla brusca riduzione in molte realtà produttive del lavoro umano, ormai sussunto nelle macchine e nel capitale. Una questione che pone domande inquietanti: ma se tendenzialmente il lavoro umano non è più così presente nella produzione che fine sono destinate a fare le quote di capitale umano ritenute “eccedenti”?

Nel pomeriggio si sono state le relazioni di Giorgio Gattei che ha ripreso la sua elaborazione sulle tre fase dell’imperialismo: quella della esportazione di merci (Marx), quella dell’esportazione di capitali (Lenin) e oggi quella della interazione asimmetrica tra centri imperialisti e periferie emergenti.
Sergio Cararo ha invece analizzati i terreni e i soggetti della competizione globale, quella tra gli imperialismi maturi (Usa, Ue, Giappone) e gli altri poli emergenti come i paesi Brics (capitalisti ma non imperialisti). Ma anche la competizione interna ai “simili” cioè Usa e Ue (fattore che ad esempio può ipotecare la firma del Ttip che molti danno per scontata) e la natura di nuovi soggetti che ambiscono ad entrare in campo nella competizione globale come ad esempio il polo islamico al quale è riconducibile il fenomeno Isis.

Ci sono stati poi alcuni interventi. Fausto Sorini del PCdI che ha analizzato in modo particolare la natura ibrida dei paesi Brics invitando ad approfondire l’analisi su questi paesi emergenti.  Stefano Zai di Ross@ che ha insistito sulla natura multilivello di un apparato di governance come l’Unione Europea invitando poi tutti al convegno di Ross@ su questi temi che si terrà sabato a Parma. Haris Lamprou un compagno greco della Corrente di sinistra di Syriza che ha invitato a fare fronte con la Grecia e i paesi Pigs contro l’imperialismo in Europa. Sofia della rete “Noi Saremo Tutto” che ha insistito sulle caratteristiche dell’internazionalismo oggi come elemento centrale e formativo da opporre ad approcci ed interventi nei vari teatri di conflitto che rischiano di portare acqua al mulino dell’imperialismo.

Le conclusioni sono state tirate da Valter Lorenzi della RdC che ha riassunto gli spunti emersi dalla discussione ma ha posto la priorità nell’attuare i “saperi” che si raccolgono in momenti di confronto come questi e trasformarli in azione politica, in particolare contro la tendenza alla guerra oggi sotto gli occhi di tutti. Su questo nelle prossime settimane verranno messe in campo proposte e iniziative sulle quali convergere con tutte le forze che condividono la medesima consapevolezza.

Scrivevamo in apertura come ci abbia colpito la folta presenza di giovani ad un forum su una questione – l’imperialismo – che molti ritengono desueta o inadeguata a comprendere la realtà del XXI secolo. Dalla discussione di Bologna emerge una secca e positiva smentita che incoraggia a procedere sul piano della ricostruzione di una teoria generale della trasformazione – oggi a sinistra completamente rimossa o liquidata sul terreno del mero politicismo – che si innesti con forza dentro i percorsi del conflitto sociale. La circolazione e la pubbicazione dei materiali prodotti dal forum aiuteranno a capillarizzare e approdondire questo percorso.

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