Nel silenzio assoluto dei media e delle “organizzazioni umanitarie” si va costruendo un piccolo genocidio. Ripetiamo infatti fin dall’inizio che la “società” libica non ha molto a che vedere con la nostra stratificazione sociale, essendo ancora basata sull’appartenenza tribale.
La tribù Warfalla era alleata dei Khadafi, ovvero di Gheddafi, e quindi viene punnita dalle bande islamiste radicate nelle tribù di Bengasi e Misurata, sostenute dal governo provvisorio e dalla Nato.
Secondo le agenzie di ieri sera, sono almeno 11 le persone uccise e decine quelle ferite nell’attacco alla città. L’ospedale di Bani Walid ha parlato di 7 morti e 75 feriti. «Abbiamo registrato 7 morti e 75 feriti, tra i quali una ragazza di 14 anni», ha detto il condirettore dell’ospedale di Bani Walid, Abdallah al-Mansouri.
Un comunicato giunto da Bani Walid descrive, nel loro modo, la situazione attuale sul campo.
Bani Walid assediata e sotto le bombe ancora resiste eroicamente
fonte: http://libyanfreepress.wordpress.com/2012/10/14/8030/
Le bande di Misurata e Bengasi, dopo aver assediato Bani Walid e, dopo aver negato l’accesso al cibo, bevande, carburante e medicine, e dopo avere ottenuto dal Cnt (il governo provvisorio instaurato dalla Nato, ndr) l’ordine di attaccare la città ribelle (che non accetta imposizioni della NATO), hanno poi iniziato il bombardamento.
Una pioggia di razzi ha colpito la città, mietendo vittime tra la popolazione civile.
Giovani patrioti libici di Sirte hanno attaccato con gli RPG obiettivi di Misurata.
Per un cessate il fuoco contro obiettivi di Misurata e Bengasi, le tribù Warfalla ha chiesto ai rinnegati del CNT di revocare la Settima dichiarazione del Congresso Nazionale, e il rilascio di otto prigionieri Warfalla di Bani Walid.
Nel frattempo, i terroristi mercenari di Misurata hanno continuato a bombardare la popolazione; la folla dell’eroica città, uomini, donne e bambini sono per le strade a manifestare per denunciare il bombardamento di Bani Walid e il silenzio delle Nazioni Unite, il silenzio del Tribunale internazionale per i crimini contro l’umanità e il silenzio delle organizzazioni umanitarie.
Un posto di blocco dei mercenari della NATO, per ordine del Cnt, è stato installato nel Sadada, dove le milizie dei topi di Misurata hanno fermato il convoglio umanitario di Barka che era diretto verso Bani Walid con generi di prima necessità, cibo e attrezzature mediche per curare i feriti.
Un convoglio di oltre 800 pick-up di topi e mercenari di Misurata e Bengasi, appartenenti alle stesse bande di terroristi inviati in Siria, è in viaggio per Bani Walid.
Resistenza.
E l’articolo da “il manifesto” di oggi, dell’ottima Marinella Correggia:
Missili sul «cancro della Libia», l’ospedale è ormai al collassoMarinella CorreggiaSecondo le testimonianze frammentarie che arrivano dall’ospedale di Bani Walid, ieri sono stati violenti gli attacchi alla città con mortai e missili Grad da parte di milizie di Misurata, Zintan e Suq Juma, con l’avallo dei ministeri degli interni e della difesa libici. L’ospedale ha ricevuto molti feriti. Il dottor Taha, al telefono dall’ospedale, dice: «Siamo pienissimi. Abbiamo quasi cento persone fra cui donne e bambini con ferite e ustioni da esplosione. Tre uomini devono essere amputati, altri due sono morti. Per ora abbiamo quanto serve per trattare almeno i casi più urgenti, ma il nostro ospedale è piccolo ed eravamo già in difficoltà prima per via del blocco. Abbiamo solo due camere operatorie». L’ospedale è nel centro della città, dal telefono si sentono scoppi tutto intorno: «E c’è fumo dappertutto», dice Taha. «Due case sono state centrate da un missile nel quartiere di Barakta dove vive la mia famiglia, un’altra a Zahra», racconta A. che vive all’estero in attesa di asilo e che ha sentito la famiglia. È un tentativo di attacco finale? Le “autorità” di Misurata hanno fatto appello per una massiccia operazione militare contro Bani Walid, «il cancro della Libia», riferisce Ansamed. Altrimenti i nostalgici di Gheddafi riprenderanno fiato e si propagheranno «in tutto il paese».
Le comunicazioni stradali fra la città e l’esterno sono molto difficili da due settimane. Il blocco delle forniture anche mediche (a più riprese gli assedianti avrebbero bloccato veicoli carichi di aiuti sanitari) rende difficile curare i numerosi feriti sia civili che armati, vittime degli scontri e del lancio di missili e colpi di mortaio. Nei giorni precedenti i medici riferivano i nomi di bambini morti e feriti, dicevano di persone con ustioni e ferite da operare e di carenza di materiale ortopedico. Denunciavano il probabile uso da parte degli assedianti di gas velenosi «perché abbiamo casi inspiegabili di difficoltà respiratorie e intossicazioni. Chiediamo ambulanze, ossigeno, analgesici».
La situazione ricorda su scala minore (ma nella stessa indifferenza internazionale) l’assedio a Sirte esattamente un anno fa: allora le truppe del Cnt impedirono per giorni l’ingresso in città da parte della stessa Croce Rossa internazionale (Icrc). A Tripoli l’addetta stampa dell’organizzazione interpellata al cellulare fa in tempo a dire che «sì, effettivamente oggi la situazione è molto peggiorata», poi cade la linea ed è impossibile ripristinarla. Sul sito la notizia più recente è il rapporto dell’Icrc sugli ultimi sette mesi di attività in Libia: soccorso a centri di detenzione, ricerca persone scomparse, aiuti di emergenza a migranti, forniture agli ospedali delle numerose località dove si susseguono scontri, rimozione di ordigni inesplosi. Insomma uno scorcio della nuova Libia.
La Icrc a Bani Walid è arrivata una sola volta, lo scorso 10 ottobre, all’ospedale centrale, grazie a una strada sbloccata, mentre gli scontri avvenivano soprattutto a Mardum, 40 chilometri da Bani Walid. L’ufficio stampa informava allora che «una équipe qualificata con medico e infermiere ha portato in città il materiale necessario per operare cinquanta persone, ha potuto visitare alcuni feriti dalle bombe e dagli scontri, ha parlato con i medici i quali ritengono per ora di poter far fronte alla situazione senza evacuazioni di feriti». Aggiungedo: «Anche perché pochi desiderano essere evacuati». In Libia le persone sparite e incarcerate sono all’ordine del giorno e venire da Bani Walid, ex roccaforte dei fedeli di Gheddafi, non è una buona presentazione.
La crisi a Bani Walid è cominciata quando il Congresso libico ha dato il permesso di usare la forza per arrestare alcuni abitanti, sospettati di aver ucciso Omran Shaaban, che forse aiutò a catturare Gheddafi il 20 ottobre 2011. Da Bani Walid hanno negato categoricamente sostenendo tutt’altra tesi: «Parlate con i medici ucraini che sono qui e possono testimoniare che lo abbiamo curato».
Una petizione provocatoria circolava giorni fa tra gli abitanti della città, l’anno scorso fra le ultime ad arrendersi alle forze del Cnt alleate della Nato: «Chiediamo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di riunirsi per intervenire a proteggere i civili della città». L’Italia non fa alcuna pressione sul suo alleato di Tripoli.
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