Le pratiche di tortura scaricate sugli inquilini temporanei della scuola genovese Diaz, forse, sarebbero passate indenni al vergognoso testo con cui un parlamento minuscolo ha risposto alla condanna europea. Ma quanto è accaduto nella caserma di Bolzaneto sarebbe definito tortura, tra alti lamenti polizieschi, anche secondo quel meccanismo bislacco.
La perizia elaborata dal Dipartimento di Psicologia della violenza dell’Università di Padova, nella sua perizia sulle sevizie messe in atto a bolzaneto, stabilisce senza alcuna ombra di dubbio che proprio di tortura si è trattato. Secondo gli standard internazionali e non solo. Qullo schifo di disegno di legge attualmente in discussione, infatti stabilisce che si può parlare di tortura solo se le «acute sofferenze fisiche o psichiche» sono state provocate in «una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza», e al fine di “ottenere informazioni o dichiarazioni, per infliggere una punizione, per vincere una resistenza”. Ma tutti i manifestanti portati a Bolzaneto erano giuridicamente in stato di fermo, quindi tecnicamente “in custodia” dello Stato e dei suoi terminali penitenziari. Quindi agli avvocati difensori degli sbirri torturatori non resterebbe che contestare l’accusa asserendo che le sevizie non avevano alcuno scopo come “ottenere informazioni o dichiarazioni, per infliggere una punizione, per vincere una resistenza”; ma venivano praticate per puro sadismo. Magari trovano qualcuno disposto a starli ad ascoltare…
Non gli scienziati padovani, comunque. Quelle “persone costrette a restare in piedi per ore nella stessa posizione, con l’obbligo di tenere sempre la testa china”, tra insulti verbali, molestie sessuali, schiaffi e altre violenze, sono state indubitabilmente torturate da agenti, medici e personale non identificato in servizio quei giorni a Bolzaneto. La perizia, elaborata su richiesta degli avvocati delle vittime, è stata peraltro trasmessa proprio oggi alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo. Non si è trattato peraltro di un’indagine frettolosa, visto che è durata ben 14 anni.
Il cooordinatore del pool padovano, prof. Adriano Zamperini, ha illustrato il risultato dei lavori spiegando innanzitutto il metodo «rigorosamente scientifico della psicologia sociale e psicologia di comunità» con cui «abbiamo intervistato centinaia di persone, i testimoni, chi era stato convolto negli scontri a Genova, i famigliari o semplici spettatori degli eventi».
Un lavoro lungo, puntuale, prudentissimo, che è stato già raccolto in diverse pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali. «Su Bolzaneto non esistono immagini, nè riprese di alcun tipo, a differenza di quanto accaduto alla Diaz o lungo le strade. Bolzaneto è un buco nero che ha inghiottito centinaia di persone, li hanno definiti i desaparecidos italiani. A causa della mancanza di un registro degli arrestati non si conosce neppure il numero esatto, ma si parla di circa 500». Uno scenario da golpe argentino, in cui appunto alle vittime non viene riconosciuta neanche una identità anagrafica, semplici corpi anonimi da calpestare e smaltire senza tenerne traccia alcuna.
«Possiamo affermare che a Bolzaneto fu praticata tortura bianca che provoca sofferenza mentale e psicologica, come indicato dall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra». Perché c’è stata una prima fase di «desocializzazione dell’individuo» fatta di pestaggi, catture a casaccio nelle strade o addirittura nei pronto soccorso cittadini. E in secondo luogo perché nessuna delle garanzie legali dovute a qualsiasi persona tratta in arresto è stata rispettata: niente contatti con l’esterno, obbligo di tenere la testa china, divieto di guardare in giro e quindi eventualmente riconoscere altre vittime o i torturatori stessi. Uno scenario argentino, ripetiamo, che la dice lunga sull’abisso reazionario in cui è sprofondato lo Stato italiano e soprattutto i suoi corpi repressivi.
Uno scenario dichiaratamente nazifascista (tutti i nuovi fermati venivano pestati da una “squadretta di benvenuto” che li accoglieva l grido di “benvenuti ad Auschwitz”), particolarmente infame nei confronti delle donne, apostrofate – mentre venivano seviziate inmodo fisico o psicologico – con i più sordidi epiteti machofascisti.
Ma ci sono anche aspetti di torutra più raffinati, come il provocare nelle vittime «stati alterati di coscienza» mediante posizioni forzate del corpo («stress position») appositamente studiate per generare il blackout nella trasmissione nervosa tra arti e cervello. Tanto che anche ad anni di distanza sussistono nelle vittime di Bolzaneto sindromi paragonabii a quelle dei sopravvissuti nei lager nazisti.
Questo è lo Stato con cui abbiamo a che fare. Non viene fuori tutti giorni, ma fa sempre fatica a tenere a freno la sua vera natura…
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