“Sinistra imperiale” purtroppo non è più un ossimoro ma un aspetto dell’egemonia ideologica delle classi dominanti, fin dentro le fila di chi le dovrebbe contrastare. Se ne è discusso mercoledi pomeriggio a Roma nella facoltà di Fisica dell’università “la Sapienza” in un interessante convegno organizzato dalla Rete Noi saremo tutto e dal Gruppo Tanas con la presenza come relatori di Michel Collon, Vladimiro Giacchè e Geraldina Colotti.
Il convegno è stato introdotto da un’esponente del collettivo Militant che nella sua relazione ha spiegato come, nell’oggi contrassegnato da una perdita di informazione corretta e da valori e riferimenti falsati storicamente, vi sia una tendenza alla guerra come elemento di intervento e di risoluzione dei problemi che la crisi sta producendo negli scenari attuali; guerra come distruzione di capitale per poi rimettere in moto quel meccanismo di accumulazione economica capitalistica oggi in profonda crisi.
La fase attuale vede all’opera nuovi strumenti di comunicazione (ad esempio i social network), il cui uso in mani esperte permette la manipolazione delle coscienze formando così opinioni spesso convergenti con gli interessi dei settori dominanti. In questo il ruolo giocato dalle “sinistre” occidentali rasenta la complicità nelle aggressioni subite da intere popolazioni negli ultimi venti anni. Non mancano gli esempi: dalla guerra nell’ex Jugoslavia, al Kosovo, fino all’aggressione subita dall’Iraq (solo per elencare gli ultimi e più clamorosi esempi) per arrivare alla Libia e alla Siria.
E’ stato evidenziato come tutte le aggressioni siano state innescate da falsificazioni incredibili di notizie fatte rimbalzare da un’emittente all’altra e sui quotidiani delle diverse nazioni in gioco, notizie palesemente false come i “cadaveri” di Timisoara fatti passare per vittime della ferocia “genocida” del regime, per poi abbattere Ceausescu, oppure le false “stragi” di civili per legittimare i bombardamenti contro la Serbia, utili a distruggere la repubblica federale della Jugoslavia e favorire la secessione del Kosovo. Per non parlare poi della “provetta” agitata dallo statunitense Colin Powell per dimostrare la presenza di “armi di distruzione di massa” possedute da Saddam Hussein, per legittimare anche in questo caso l’intervento bellico contro l’Iraq riportando quella nazione, fino ad allora laica, industrializzata e principale paese dell’area mediorientale, ad una remota stagione medievale nel quale oggi dominano le milizie islamiste, questi sì barbare, dell’Isis.
Ci sono le ultime vicende che caratterizzano la situazione in Libia, dalla quale oggi partono migliaia di profughi; vittime loro stessi dei conflitti tribali che stanno lacerando quel paese, conflitti emersi dopo la caduta del “tiranno” Gheddafi. Dopo queste manipolazioni e falsificazioni storiche, la verità si è scoperta solo in seguito, quando non aveva più alcuna efficacia.
Le potenze occidentali annuiscono dunque al “dovere di modernizzare questi sistemi sociali esportando in quei paesi la “democrazia”; anche se attraverso queste aggressioni e guerre. In questo gioco si rende ancora più evidente il ruolo svolto da una “sinistra”, definibile “imperiale”, in una fase nella quale assistiamo alla chiusura di un ciclo storico dominato dalla potenza degli Stati Uniti e l’apertura di una nuova fase nella quale appaiono nello scenario mondiale nuovi soggetti – dall’Unione Europea al “polo islamico” – che aspirano al controllo di aree regionali dove sono presenti risorse energetiche e materie prime.
L’intervento di Michel Collon, animatore del sito di controinformazione Investigaction, ha chiarito ancor di più il ruolo che la “sinistra”, soprattutto specializzata nel settore dell’informazione e della capacità di manipolare a proprio favore notizie e fatti abilmente manipolati e falsificati. Collon porta esempi, oggi chiariti da una storiografia non succube del potere dominante, chiarendo così abilmente quale sia stato, e lo sia ancora, il ruolo che la CIA ha svolto e svolge ancora in quest’attività.
Ieri con lo strumento Cointelpro utile a distruggere, attraverso la diffusione di documenti falsi e infiltrazioni, il pericolo rappresentato allora dal Black Panther Party. Ha poi ricordato un falso storico di elevata importanza come quello del “golfo del Tonchino”, vicenda nella quale diffondendo la falsa notizia dell’aggressione subita da navi statunitensi da parte del Vietnam del Nord si legittimò l’intervento USA nella guerra del Vietnam. Ha ricordato poi l’esempio di Timisoara e soprattutto un’altra falsificazione storica più recente come la pubblicazione di una foto che rappresentando una schiera di “cadaveri” allineati su una spiaggia libica, portata come “prova” dei massacri contro i civili effettuati da milizie fedeli al regime di Gheddafi e che legittimava a sua volta l’intervento per il rovesciamento del regime e di Gheddafi. La prova poi venne svelata come falsa in quanto la foto ritraeva un regolarissimo cimitero libico.
Collon ha descritto quali siano le regole messe in atto in grado di legittimare queste operazioni:
– nascondere i veri obiettivi dell’intervento in quei paesi (cioè non per il controllo delle fonti energetiche o di altre materie prime o corriodi bensì per riportare la democrazia e la libertà);
– demonizzare il nemico a tal punto che la richiesta di intervento diventi naturale e giustificata;
– presentare se stessi come le vere vittime (ad esempio tra israeliani e palestinesi la reazione di questi ultimi alle aggressioni subite dall’esercito israeliano o dai coloni viene fatta passare come un’aggressione perpetuata ai danni dei “poveri e indifesi” soldati o settlers israelani!);
– “demonizzare” qualsiasi dibattito o discussione che non corrisponda ai dettami dell’informazione e dei mass-media di regime.
Tutto ciò viene definito da Collon come la “strategia del caos”, strategia dovuta anche al fallimento di altre opzioni rivelatesi poi di difficile sopportazione come quelle dovute agli interventi di terra (truppe portate in campo aperto e dunque soggette a morte e ferimenti (la visione dei famigerati “sacchi neri” (Blackbag) che riportavano in patria i corpi senza vita dei soldati statunitensi hanno scosso talmente l’opinione pubblica statunitense diventando in parte causa del ritiro dell’esercito dal Vietnam e la sua sconfitta che ancora brucia). In questa strategia è stata altresì forte la presenza di mass-media controllati da una “sinistra” governativa (resa succube da politiche restauratrici), e da un controllo egemone sui mezzi d’informazione e di gran parte di giornalisti “embedded”, che ha prodotto come risultato la sparizione dei movimenti anti-guerra (molto forti fino a qualche anno fa).
Collon ha concluso il suo intervento sollecitando i presenti, ma anche possibili interlocutori, a diventare essi stessi mezzo di informazione, cosa che lui stesso fa da diversi anni attraverso un suo canale di informazione: http://www.michelcollon.info/?lang=fr.
E’ poi intervenuta Geraldina Colotti la quale ha raccontato, attraverso una sua diretta esperienza sul campo, di come la manipolazione e la falsificazione di vicende e fatti agiscano in America Latina e, principalmente oggi rappresentino forse lo strumento peggiore agitato contro la repubblica bolivariana del Venezuela diffondendo false notizie e anche filmati o riprese televisive che mostrerebbero inesistenti “movimenti giovanili e popolari” che manifestano contro la politica chavista chiedendo un cambio di sistema e regime. Geraldina Colotti svela come a capo di quest’operazione di “disinformazione” ci sia una nota esponente della CIA (messa a dirigere l’ufficio di relazioni estere degli USA proprio in Venezuela risiedendo nell’ambasciata USA a Caracas). Tale persona, scoperta dall’intelligence cubana e denunciata alle autorità venezuelane è stata espulsa dal Venezuela e ciò ha avuto come conseguenza l’immissione da parte di Obama, presidente USA, del Venezuela tra i paesi “canaglia” da combattere con ogni mezzo “democratico” (sic!).
Non mancano gli esempi di come anche l’informazione pilotata dagli ambienti e schieramenti di “sinistra”, fino a movimenti considerati addirittura di “sinistra radicale” (su tutti l’esempio della manifestazione fatta sotto l’ambasciata libica di Roma da parte di alcuni soggetti con bandiere del PRC, a favore degli “insorti” libici che manifestavano contro Gheddafi sventolando le bandiere monarchiche), fino ad arrivare all’oggi dove si stanno facendo notare – con scarsissimo successo, per fortuna – soggetti o esponenti e di forze considerate di “sinistra” che manifestano a favore dei “ribelli” anti Assad, non considerando il fatto che gli stessi “rivoltosi” siano finanziati e riforniti di armi da parte dell’Occidente e dai regimi arabi che a parole condannano il pericolo dovuto “all’estremismo islamista” mentre dall’altra parte li finanziano e riforniscono di armi.
Come ultimo relatore è intervenuto Vladimiro Giacchè, il quale su questi argomenti ha prodotto un volume di notevole peso e importanza: “La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea”. Avendo una notevole esperienza in questo settore, e nel ricordare una parola fino ad allora sottaciuta e nascosta all’opinione pubblica in generale – imperialismo – ha avuto facile argomentazione nella descrizione di come attualmente, sia la Nato che l’Unione europea stiano giocando una pericolosa partita sullo scacchiere internazionale e principalmente sull’Ucraina. A questa escalation hanno dato il loro contributo la pubblicazione, oppure la negazione di tragici fatti come ad esempio la strage di Odessa. Su questa, un quotidiano come l’Unità (fondato da Antonio Gramsci, che si ribalterà nella tomba) e organo del fu PCI, ha brillato per infamità e ignominia additando addirittura in “fantasiosi” ribelli russi gli autori dell’incendio che provocò la morte di decine di militanti sindacali e attivisti di sinistra rifugiatisi nella Casa dei Sindacati di Odessa. La notizia venne poi rapidamente smentita (infatti essa venne incendiata dai “miliziani nazistoidi” seguaci del governo golpista di Kiev); ma è comunque emblematica dell’ignominia di una “sinistra” legata a doppio filo al falso e alla manipolazione. In conclusione Giacchè parla di come sia sta fatta da parte statunitense una semplice “ammenda” che ha considerato un errore “esportare democrazia” in Iraq, dunque una verità postuma che contiene un nuovo paradigma: “quello dell“anche se”. Dunque: “…occorre fare un intervento militare, anche se sarebbe meglio non farlo!”; “…si deve intervenire in questa situazione, anche se dovremmo starcene alla larga”; “…dobbiamo assicurarci e garantirci l’uso e la proprietà di queste risorse e ricchezze, anche se non sono nostre!” E via di questo passo.
Il convegno è terminato con alcune testimonianze da parte dei presenti, come quella di uno studente siriano che ha denunciato la presenza nelle file dei “ribelli” di miliziani (o meglio mercenari) di provenienza non siriana e quasi completamente straniera, ha descritto altresì come sia estremamente difficile far ritorno nel suo paese, cioè la Siria, in quanto sono completamente bloccate le vie di accesso diretto e deve far un giro enorme attraverso paesi dell’area ex sovietica come il Kazakistan, il Turkmenistan o l’Azerbaigian ecc.., per rientrare nella sua terra. Altra testimonianza viene portata dal comitato per il Donbass antinazista che racconta la sua esperienza dovuta al viaggio effettuato con la Carovana Antifascista promosso da un appello della Banda Bassotti. Infine c’è stato l’intervento che invitava i presenti a partecipare ad un incontro a Roma con Abla Sa’adat, la moglie del Segretario Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Ahmad Sa’adat, recluso nelle carceri sioniste e condannato a 30 anni per il suo impegno politico.
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